Musy, via al processo. Furchì: “Non ho fatto niente”

di Mena Grimaldi

 TORINO. Occhi lucidi, un maglione che gli sta largo e un sussurro da dietro le sbarre rivolto ai giornalisti: “Prego venite pure. Non ho niente da nascondere. Posso guardare tutti negli occhi”. Inizia così a Torino il processo per il ferimento di Alberto Musy.

Il consigliere comunale fu ferito mentre era nel cortile di casa. Da allora si trova in coma. Dietro le sbarre a parlare è l’unico imputato: Francesco Furchì.

Contro di lui ci sono tre consulenze tecniche dell’accusa che lo inchioderebbero: sulla camminata, sulle dimensioni delle mani e dei piedi. Tutto combacerebbe con l’uomo col casco ripreso dalla telecamereIl processo è iniziato con la richiesta da parte dl pm, Roberto Furlan, di sottoporre Furchì ad una perizia psichiatrica.

L’obiettivo è dimostrare che “il faccendiere”, in carcere dal 30 gennaio, “ha un indole violenta e vendicativa”. E che sarebbe stato lui, in lista con Alberto Musy alle scorse elezioni comunali, frustrato da favori chiesti e non accolti, a fare fuoco sul consigliere dell’Udc lo scorso 21 marzo 2012. Momenti di commozione in aula quando parla la moglie di Musy, Angelica Corporandi d’Auvare.

La donna ripercorre in aula quella tragica giornata. “Quando sono scesa in cortile dopo gli spari, Alberto mi ha detto: Ange, mi ha o mi hanno seguito”.

“Pensai che il peggio era passato, perché dalla testa non usciva tanto sangue e lui parlava. Salii su a prendere l’acqua ossigenata e lo tamponai. Lui mi fece notare che era una stupidaggine e che non serviva”. Ricoverato all’ospedale Molinette, Musy fu sottoposto a una lunga operazione, ma le lesioni del cranio erano troppo gravi ed entrò in un coma irreversibile.

“Nessun miglioramento – spiega Angelica – lui permane nella stessa condizione di allora”.

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