Obama in Birmania: “Il cammino verso la democrazia lungo ma possibile”

di Emma Zampella

Aung San Suu Kyi e Barack ObamaBIRMANIA. Per il rieletto presidente degli Stati Uniti il cammino della Birmania verso la democrazia sarà lungo ma non per questo impossibile: Obama parla all’università di Rangoon.

Il presidente fa l’elogio delle quattro libertà di Franklin Delano Roosevelt: “Libertà di parola, di religione, libertà dal bisogno, e dalla paura”. Chiede che “sia levata la censura sulla stampa” e che “coloro che hanno il potere accettino di essere controllati”, indica la necessità di uno Stato di diritto dove “i militari siano soggetti all’autorità civile”. Conclude dicendo che “anche un solo prigioniero politico è uno di troppo”. Gli studenti lo ascoltano in un silenzio totale, rotto dagli applausi solo alla fine.

Ma il discorso di Obama è stato trasmesso in diretta tv, un ‘privilegio’ che non gli era stato concesso dal governo cinese quando parlò nel 2009 agli studenti dell’università di Shanghai.E non è in caso, che proprio nel giorno della sua visita, in Birmania, 44 detenuti politici sono stati liberati, come hanno poi confermato le fonti locali.

Barack Obama è il primo presidente americano a posare piede in Birmania, da dove ha lanciato un vibrante appello per la nascita di una democrazia compiuta nel paese. “Gli Stati Uniti sono con voi. Questo viaggio verso la democrazia è appena cominciato, le fiamme ancora deboli del progresso non devono spegnersi, devono diventare una stella che guidi il popolo della nazione”. Nella sua visita in Birmania, l’inquilino della casa bianca ha incontrato il presidente Thein Sein, artefice di un ragguardevole movimento di riforme, e poi è stato ricevuto nella sua casa di Rangoon, ex capitale del paese, da Aung San Suu Kyi, premio Nobel per la pace come Obama.

Un incontro tra titani il loro, altamente significativo per chi conduce i primi passi verso la democrazia: uno, Barack Obama, guida la nazione più potente della terra. L’altra è la Gandhi birmana, una donna bellissima e fragile, che ha mostrato per decenni una tempra indomabile resistendo a una delle dittature più bieche del mondo. Lei esce di casa, da quella casa sul lago che fu trasformata in un carcere, e corre incontro a Obama. Lo abbraccia, bacia Hillary Clinton, e di passo veloce s’infilano all’interno per un colloquio di quaranta minuti.

Poi escono i due sorridenti, davanti a noi giornalisti venuti al seguito del presidente americano.Obama copre di elogi Sang Suu Kyi: “E’ un’icona della lotta per la democrazia, ha ispirato tante persone e non solo nel suo paese: mi ci metto anch’io. Qui, proprio qui ha dimostrato la forza della dignità, di chi lotta per la libertà”. Sullo sfondo, da dietro il cancello, sale l’urlo della folla, il tripudio diventa quasi una manifestazione, anche se a contenere gli eccessi il governo ha messo uno schieramento imponente di polizia e soldati.

In un breve discorso alla stampa, Suu Kyi ha lanciato un monito a diffidare del “miraggio del successo” delle riforme birmane: “Il momento più difficile di una transizione è quando il successo è all’orizzonte. Allora bisogna fare molta attenzione a non farci ingannare dal miraggio del successo”, ha detto la leader dell’opposizione. E l’accoglienza di Obama è stata moto calorosa da parte di migliaia di persone accalcatesi lungo la strada che collega Rangoon al suo aeroporto.

Studenti in camicie bianche e longyi (tipico indumento birmano) verdi hanno sventolato bandierine sui marciapiedi ai lati della strada, alcuni gridando “America”. Più avanti, decine di migliaia di persone hanno tentato d’immortalare l’arrivo del presidente Usa col loro telefono cellulare. Alcuni portavano cartelli con la scritta “Benvenuto Obama”, o ancora “Legenda, eroe del mondo”. Barack Obama prosegue il suo viaggio nell’Asia dell’Est e nel tardo pomeriggio di Lunedì è attesto in Cambogia.

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