Marò, Monti telefona al premier indiano

di Antonio Taglialatela

Massimiliano Latorre e Salvatore Girone KOLLAM. “Ogni atteggiamento da parte indiana non pienamente in linea con il diritto internazionale rischierebbe di creare un pericoloso precedente in materia di missioni internazionali di pace e di contrasto alla pirateria.

“Missioni in cui sono impegnati anche militari indiani, mettendone a repentaglio l’efficacia e le capacità operative”. Così recita una nota del governo su quanto detto dal premier Mario Monti al premier indiano Manmohan Singh nel corso di un colloquio telefonico sul caso dei due marò italiani, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, in carcere in India con l’accusa di aver ucciso due pescatori.

UE. Anche l’Unione europea, su richiesta dell’Italia, si sta attivando per trovare una soluzione. “L’Ue ha seguito molto da vicino fin dall’inizio questa crisi, in particolare attraverso la sua delegazione a Nuova Delhi”, ha detto una portavoce del ministro degli Esteri della Ue, Catherine Ashton.“Ora stiamo attivando contatti per trovare una soluzione positiva alla vicenda”, ha aggiunto. New Delhi non riconosce l’immunità legale dei militari impiegati a bordo delle navi con funzioni anti pirateria “perché l’accordo sui Vdp (Vessel Protection Detachement) non si applica a livello globale”, riferisce una fonte ufficiale del governo indiano.

TRE MESI DI CARCERE. Intanto, i due fucilieri del Battaglione San Marco trascorreranno tre mesi di carcere preventivo nell’istituto penitenziario di Trivandrum, nel Kerala. A stabilirlo il giudice indiano della corte di Kollam. Unica concessione un trattamento differenziato, da imputare allo status particolare dei due fucilieri del battaglione San Marco. La sentenza era quasi annunciata, dopo che in mattinata il Chief Minister del Kerala, Oommen Chandy, aveva riferito al Times of India di “prove incontrovertibili” a carico dei due militari italiani, nei confronti dei quali auspicava un trattamento identico a quello di qualunque altra persona e “nessuna indulgenza”. Entro martedì potrebbe concludersi anche la perizia balistica sulle armi dei due soldati. Gli esami sono stati condotti in presenza dei due ufficiali dei carabinieri arrivati da Roma, ma solo come “osservatori silenziosi”.

SOVRANITA’. A nulla sono serviti gli sforzi del ministro degli Esteri Giulio Terzi e del sottosegretario Staffan De Mistura: l’India sbatte le porte in faccia all’Italia.Terzi, sabato scorso, aveva espresso la “forte preoccupazione” del governo italiano per la possibile violazione di “una norma fondamentale e antichissima da rispettare anche nella lotta contro la pirateria: le navi militari, in mare aperto, sono come un pezzo galleggiante del paese che rappresentano e su di essere vige una “sovranità nazionale” che va tutelata.

L’INCIDENTE. Girone e Latorre (sui quali, tra l’altro, la Procura di Roma ha aperto un fascicolo con l’ipotesi di omicidio volontario)erano a bordo della petroliera italiana come nucleo di protezione militare sui mercantili italiani in navigazione in zone a rischio. Nel pomeriggio del 15 febbraio, alle 16.30 ora indiana (le 12 in Italia), al largo delle coste meridionali dello stato indiano del Kerala, nell’Oceano Indiano, aprivano il fuoco contro il peschereccio “St. Antony”, con 11 uomini a bordo, salpato una settimana fa da Kollam per le consuete attività di pesca. Secondo una prima versione italiana, si sarebbe trattato di un arrembaggio sventato alla “Enrica Lexie”, con i militari che avrebbero esploso tre serie di colpi di arma da fuoco a scopo dissuasivo. Durante la sparatoria morivano i due pescatori Ajesh Binki, 25 anni, e Jalastein, 45, entrambi del Tamil Nadu, ma residenti nel centro keralese di Moothakara.

LA SCATOLA NERA. Di qualche giorno fa la notiziadel “giallo” sulla scatola nera della Erica Lexie, i cui dati relativi all’incidente non sarebbero stati salvati. A scriverlo è il Times of India, citando fondi del Dipartimento della Marina mercantile. Secondo il quotidiano, un’inchiesta ha stabilito in modo preliminare che nel “Voyage Data Recorder” (Vdr), ossia la scatola nera della petroliera italiana della compagnia napoletana “D’Amato”, non si sono potuti recuperare i dati riguardanti la posizione in mare della nave al momento dell’incidente avvenuto nel Mar Arabico. Il Vdr di una nave, spiega il giornale, registra le informazioni di navigazione e le conserva per 12 ore, poi il sistema riscrive i dati su quelli già esistenti, e “se c’è un evento importante a bordo o nelle vicinanze, i dati debbono essere salvati”.A quanto pare, secondo alcune fonti citate del Times of India, il comandante Umberto Vitelli non avrebbe disposto la conservazione dei dati sul registro di bordo (logbook). Una questione che dovrà essere approfondita.

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