Via D’Amelio, Borsellino sapeva dell’attentato: “Ma scelse il sacrificio”

di Mena Grimaldi

Paolo BorsellinoPALERMO. Il giudice Paolo Borsellino, dopo l’attentato a Giovanni Falcone, sapeva di dover morire, ma andò incontro al suo destino, scegliendo di sacrificarsi, per evitare ritorsioni contro la sua famiglia.

A raccontarlo è il colonnello Umberto Sinico, ascoltato nella mattinata di venerdì in aula per il processo al generale Mario Mori e al colonnello Mauro Obinu, accusati di favoreggiamento aggravato a Cosa nostra per la mancata cattura di Bernardo Provenzano.

Sinico, all’epoca l’ufficiale dei carabinieri addetto al reparto anticrimine di Palermo, ha raccontato di un incontro con un informatore, Girolamo D’Anna, avvenuto in carcere nel giugno del 1992, un mese prima dell’attentato di via D’Amelio, in cui persero la vista Borsellino e gli agenti della sua scorta.Secondo Sinico, D’Anna era un uomo d’onore “posato”, cioè estromesso, perché vicino a Gaetano Badalamenti: “Era persona di grande carisma, veniva interpellato dai vertici della sua parte criminale”. “D’Anna ci parlò di un attentato che si stava organizzando contro il giudice”, ha raccontato Sinico in aula. “Andammo subito dal magistrato a riferire quanto appreso da D’Anna e lui replicò. “Lo so, lo so: devo lasciare qualche spiraglio, altrimenti se la prendono con la mia famiglia”. Il procuratore non voleva coinvolgere in alcun modo la sua famiglia”.

“Girolamo D’Anna – spiega Sinico – era in confidenza con il maresciallo che comandava la stazione del paese di Terrasini, Antonino Lombardo”, poi morto suicida nel marzo del ‘95. “A sentire D’Anna, nel carcere di Fossombrone, andammo io, Lombardo e il comandante della compagnia di Carini, Giovanni Baudo, ma Lombardo fu il solo a parlare con D’Anna, che disse dell’esplosivo e dell’idea dell’attentato. Subito ripartimmo e andammo dal procuratore a riferirglielo e lui ci rispose in quel modo, di saperlo e di dover lasciare qualche spiraglio. Procuratore, risposi io, allora cambiamo mestiere”.

Alla domanda, durante il controesame, del pm Antonino Di Matteo, su come mai non fu redatta una “nota formale al procuratore su quanto detto dall’informatore”, Sinico ha replicato: “Intanto, abbiamo riferito quanto detto al diretto interessato. E poiil Ros produsse una nota in cui dava conto del progetto omicidiariosulle indicazioni che avevamo dato noi dopo l’incontro con D’Anna”.

E sempre sulla questione della nota ha voluto rendere deposizioni spontanee il colonnello Mauro Obinu: “Il comando del Ros – ha sottolineato l’ufficiale dell’Arma – stilò una nota inviata al comando generale dei carabinieri, sintetizzando tutti gli elementi informativi ottenuti”. Il documento, ha precisato Obinu,è “tra gli atti depositati nel corso del processo”.

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