CESA. Si parte. È una mattina calda di fine novembre, il cielo è pulito ed azzurro, lappuntamento è per tutti sul corso di Aversa.
Ci stiamo muovendo alla ricerca di un paesaggio antichissimo, di 2500 anni, che in tutta lItalia ed il Mediterraneo possiamo trovare solo qui, nelle terre dellagro aversano. Cerchiamo i paesaggi della piantata che hanno sempre impressionato tutti i viaggiatori che attraversavano queste terre per arrivare, da nord a Napoli. Si tratta di un paesaggio agrario tutto particolare; la vite è educata ad arrampicarsi sui pioppi, che sono ordinati in filari, spesso orientati nord-sud, e la vigna è costituita da vere e proprie pareti orizzontali, con altezze che possono raggiungere e superare i quindici metri.
Pochissime persone conoscono questo paesaggio, ed ancora meno sono coloro che ne conoscono lo straordinario significato storico e culturale. Il più importante contributo in tal senso lo si deve ad Emilio Sereni, una tra le più interessanti figure della cultura italiana del 900: laureatosi in Agraria a Portici nel 1925, pubblicherà oltre alla Storia del paesaggio agrario italiano diversi studi sulla viticoltura e sul significato storico e culturale dei sistemi di allevamento con cui questa pianta viene coltivata in Italia. E proprio questi lavori hanno per la prima volta di messo in evidenza che la piantata aversana risale addirittura al periodo in cui questo territorio era dominato dalle popolazioni etrusche; è il paesaggio della vite allevata con il tutore vivo, quindi appoggiata ad un albero, che è appunto la modalità tipica delle viticoltura etrusca, che si contrappone al sistema greco della vite detta ad alberello, cioè senza tutore. Si tratta quindi di un tipo di paesaggio agrario di straordinario interesse, che fino a qualche decennio fa si poteva incontrare anche in diverse zone dellEmilia e della Romagna, anchesse aree interessate dalla presenza degli Etruschi.
Oggi questo paesaggio è scomparso in Pianura Padana, mentre per il territorio di Aversa lestensione complessiva si aggira attorno ai
Ci spostiamo vero la costa, arriviamo a Villa Literno, ci vengono incontro alcuni coltivatori. Stesso meraviglioso paesaggio, stesso amore verso la terra e la storia che rappresenta, e stessi problemi. I ragazzi che ci hanno accompagnato sono sia agronomi che archeologi. Negli occhi di tutti lo stupore per avere visto qualcosa di unico, una specie di monumento archeologico fatto di piante; alcuni fanno notare che quella stessa terra è ricca di archeologia, e che in diversi casi gli allineamenti della piantata coincidono con la maglia topografica definita dalla centuriazione romana. Quindi questo paesaggio, un esempio meraviglioso di paesaggio culturale, racconta in maniera unica una storia antichissima, che si è tramandata sino ad oggi. Si tratta di un patrimonio unico della nostra storia culturale, poco conosciuto, e per questo soggetto ad un forte rischio di estinzione. Anche il paesaggio è una risorsa, al pari dei monumenti architettonici ed archeologici, ed il suo valore si misura in termini di rarità ed unicità: e qui non siamo di fronte allennesima rovina archeologica, o ad un palazzo storico: no, qua si parla di un contesto straordinario, una realtà ancora perfettamente funzionante, con una sua economia, quella di un vino, lAsprinio, che oggi è una delle DOC della Campania.
Ma dove in Italia e in Europa possiamo trovare qualcosa di simile? Da nessuna parte. La piantata aversana è paragonabile a Pompei o agli Uffizi. E allora la domanda alla fine è la seguente, e non si sa bene a chi deve essere rivolta: quanto vale un paesaggio del genere anche e soprattutto in termini puramente economici?