Caso Ferraro, anche il sindaco Martinelli scrive a Napolitano

di Redazione

Pasquale MartinelliCASAL DI PRINCIPE. Anche il sindaco di Casal di Principe, Pasquale Martinelli, scrive al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ma in questo caso per difendere la sua scelta di nominare in giunta Angelo Ferraro, nonostante sia indagato per voto di scambio.

La lettera è stata inviata anche alla Questura, alle forze dell’ordine e alla Dda di Napoli, alla luce della lettera al capo dello Statodi una cronista casertana, Marilena Natale della Gazzetta di Caserta,che ha contestato l’entrata in esecutivo di Ferraro (qui la pagina di Facebook col testo integrale della missiva).

Riceviamo e pubblichiamo la lettera del sindaco Martinelli:

Il Sindaco di un Comune d’Italia impegnato nel contrasto alla criminalità organizzata viene fatto oggetto di una campagna di stampa per la nomina di un assessore esterno che, a detta dell’estensore di un lettera pubblicata e indirizzata alla S.V.I., sarebbe indagato e parente di indagati. Non so se la circostanza risponde a verità, atteso che le indagini, se vi sono, dovrebbero essere coperte dal segreto istruttorio che in Italia vale solo per taluni privilegiati, soprattutto per i fuorilegge politici di una precisa parte. Non avendo a disposizione alcuna documentazione che dimostri quanto la cronista ben consoce attraverso i suoi canali (ma nessun magistrato si preoccupa di sapere quali siano e se le fonti siano abilitate), ho proceduto alla nomina ad Assessore di Angelo Ferraro, noto a Casal di Principe per l’attività che svolge nel sociale, con organizzazione di attività sportive per centinaia di giovani, e per la capacità dimostrata di mettere insieme, per sottrarre agli allettamenti di organizzatori meno trasparenti e meno nobili, quanti come lui stesso, vogliono trovare nello stare insieme una dimensione consona con le aspirazioni di crescita sociale e culturale che alimenta ogni gruppo sociale perbene.

In questa cittadina famosa in Italia, e forse in tutto il mondo, non per il senso civico dei suoi abitanti, né per la loro laboriosità, né per lo spirito d’iniziativa, ma per un fenomeno ancestrale, conosciuto e abusato da vecchi e nuovi moralisti, riferito e illustrato da vecchi e nuovi censori, oggetto di attenzioni a volte morbose anche di soggetti a caccia di celebrità di successo “professionale”, una Amministrazione eletta lo scorso anno tenta non di chiedere spiegazioni, non di curare la propria immagine né di dimostrare l’indennità da peccati originali, ma di dare soluzioni amministrative e governare una cittadina sulla strada dello sviluppo, sulla rifondazione del senso civico, sul rispetto della legalità dei comportamenti, per liberarsi da quella fama e infrangere quei luoghi comuni che la vorrebbero quasi nuova capitale del crimine organizzato in Campania.

Chi ha accettato per amore e attaccamento alla propria terra di esporsi in prima persona per realizzare la libertà di costruire qualcosa di buono e di positivo, anziché criticare comodamente da casa quello che succede, coltiva attraverso il rapporto costante con i propri concittadini e attraverso una socialità piena e solidale, l’aspirazione al progresso morale e civile al quale tutti a parole tendiamo. Chi ha il senso del dovere non cerca di interloquire con la suprema autorità nazionale per mirare alla celebrità o per scalare la politica o per impossibili arrampicate professionali: svolge il ruolo che una elezione democratica e libera gli ha affidato, valutando ed assumendosi la responsabilità della gestione estremamente impegnativa di un Comune.

Per questo impegno chi scrive sacrifica giornalmente le proprie aspirazioni professionali e di carriera di medico ospedaliero di chirurgia ortopedica al “Cardarelli” di Napoli e anche l’attività libero-professionale connessa. Chi scrive è appagato dal porsi al servizio della collettività casalese alla quale appartiene e che lo ripaga con fiducia e con simpatia perché a tanto non forzata né sollecitata da allettamenti o proclami o esigenze di notorietà, ma perché a ciò spontaneamente portata dalla propria ragione. Oggi c’è un tentativo di discreditare o di delegittimare chi ha posto la propria firma sotto un decreto di nomina di una persona mai condannata, mai discreditata da comportamenti personali, né complice di parenti o affini peraltro, solo indagati, ma solo perché come può capitare anche ad onesti cittadini di questa Repubblica, perché qualche magistrato lo avrebbe assoggettato ad una indagine, senza peraltro avvisare chi scrive, ma solo “una umile cronista di provincia diventata giornalista per caso”.

Questa indagine non determina né colpevolezza, né pericolosità sociale, ma è solo estrinsecazione di una doverosa attività accertativa che compete alla magistratura e che nessuno potrebbe, in un sistema corretto e democratico, utilizzare per sostenere campagne di censura di un atto valido, legittimo e del quale esiste un responsabile e un pubblico autore. Questo autore, diversamente da chi lo denigra, è pronto a pagare tutte le conseguenze della sua scelta; ci si domanda quale sia la responsabilità di chi censura per il produrre giudizi sommari e criticare un eletto dal popolo vestendosi da implume e generoso passerotto. Anche Socrate fu dileggiato da un commediografo del suo tempo: Egli fu capace di affrontare la morte per sostenere la immortalità delle sue idee, l’altro senza mai pagare per le sue idee, si accontentò di far ridere e trarre il beneficio della fama anche strumentalizzando quella della vittima della sua ironia.

Chi è “diventato giornalista per caso” ovviamente, e non per sacrificio, non si pone questi problemi: non ha mai assunto impegni, non ha da rendere conto a chicchessia, non coltiva idee per lo sviluppo e la costruzione di una società più sana di quella che è, non ha interesse a renderla migliore perché così è più utile ai suoi moralismi e alla costruzione della propria immagine censoria. Non sappiamo in quali modi tanti moderni combattenti da “trincea” combattono “una guerra che fino ad ieri ero convinta di vincere” o perché scelgono una guerra in “trincea” senza mostrarsi a viso scoperto in un mondo dove la guerra bisogna farla tutti i giorni a testa alta, senza cercare paraventi per lanciare sassate senza esporsi. Non si sa che cosa o quanto mai abbia pagato la coraggiosa censora che si paragona ai colleghi (prima aveva sostenuto di essere giornalista per caso) che invece hanno pagato anche con la vita per la professione, che avrebbero dovuto avere quelle scorte che sembra desiderare per fare “lo scatto di carriera”.

Socrate non ebbe mai scorte: tolse la cicuta dalle mani del suo aguzzino per berla direttamente e per dare anche con la sua morte, l’immortalità alle sue idee. E’ pretenzioso ipotizzare che si rischi l’incolumità personale per esternazioni di incerto valore, elargite a piene mani e senza rispetto per il significato di prole come idee, pensiero, esposizione, giustizia, giornalista; la leggerezza nell’imbastire processi sommari basati su eventi veri o solo presunti, incastonati tra loro piuttosto come un puzzle che come un mosaico, toglie credibilità ed attendibilità a certi pulpiti di provincia. Sarebbe meglio che la cronista di provincia cercasse di conoscere le persone di cui parla con coraggio e capacità, assumendosi la responsabilità di dare le proprie valutazioni personali e politiche, senza oggettivizzare sulla base di comportamenti della magistratura, alla quale va rispetto e gratitudine, ma va tenuta indenne da strumentalizzazioni e comode allusioni.

In questa cittadina non si devono mortificare le persone e la collettività facendo di ogni erba un fascio: vi sono persone dignitose e decorose che tutti sappiamo aver avuto conoscenze, compagnie di scuola, frequentazioni e anche parentele con soggetti che hanno scelto la strada sbagliata. Non è colpa loro se altri hanno fatto scelte di vita diverse apparentemente facili, portatrici di perdita della libertà, di lutti gravi, di discredito sociale, di miseria di intere famiglie una volta decorose e quindi a risultati opposto a quelli che incriminali volevano raggiungere.

Questi concetti possono essere espressi solo da chi vive questa difficile realtà, solo da chi la affronta a viso aperto, e con forza e vero coraggio lavora giorno per giorno per ribaltare una situazione di fatto incancrenita, ben conosciuta ripulendo l’onta e il discredito provocati da tanti sprovveduti, ignoranti, violenti per scelta o per condizionamento, i volti dei quali sono a noi purtroppo noti. I modelli costituiti dai vari Saviano e compagni, però, continuano a ispirare tanti giornalisti “per caso e non” al pari dei distruttori e dei detrattori di professione e di tutte le forme di falsa generosità e autentica irresponsabilità: noi crediamo che a questa cultura del sospetto, della malignazione, della facile indignazione oggi dilagante nel mondo intero, occorre contrapporre la cultura del lavoro e dell’impegno, il confronto aperto e pieno con la realtà del nostro territorio, recuperando anche quelle posizioni che potrebbero costituire il retroterra della sottocultura criminale sulla quale fa conto insieme con la grossolana e irresponsabile contestazione di chi abbisogna di pontificare senza necessità di capire.

In questo centro convivono i contrasti più stridenti, le posizioni più insospettabili e si verifica che tra parenti di tanti casalesi non vi siano solo camorristi come avrebbe interesse a dimostrare una trogloditica concezione antropologica della criminalità lombrosiana, ma anche professionisti onesti e validi, operanti in contesti casalesi e nazionali, presenti in tante iniziative di volontariato e di promozione della personalità e della cultura: questa realtà dimostra a Casale ed al mondo che esiste un dato di fatto che nessuna dittatura potrà eliminare, e cioè la diversità e la peculiarità degli uomini che per costituzione, per formazione, per scelte, sono profondamente diversi tra loro.

E’ questa certezza che ci fa ben sperare su un futuro sul quale sparano dalle trincee gli appostati cecchini di una provincia che non vuole crescere. Un futuro che noi vogliamo costruire giorno per giorno, migliorando quel poco che compatibilmente con il contesto, è possibile migliorare. Vogliamo che chi può dare, abbia la possibilità di dare e soprattutto di dimostrare che i luoghi comuni così abusati, così cari alla nostra interlocutrice, così comodi per gli speculatori di professione, vivono soprattutto nelle menti che non vogliono valutare, né ragionare, né scandagliare nel profondo della realtà e per pigrizia mentale, preferiscono sposare le cause più ovvie, più scontate, più facili, più prodighe di popolarità, di superficiale gradimento o consenso.

Proprio per queste ragioni, i luoghi comuni ed i facili scandalismi non giovano al progresso e allo sviluppo che possono dare il lavoro quotidiano di ognuno di noi, senza presunzione, senza scoops giornalistici e senza ostentazione di propria personalità.

Casal di Principe ha bisogno di chi vuole lavorare, non di chi vuol criticare senza pagare alcun prezzo: la scelta dell’assessore Ferraro è orientata da queste convinzioni e prescinde da alberi genealogici, d titolo nobiliari, così come prescinde dal discredito che può recargli una parentela che la magistratura ha voluto indagare, ma che non spetta a noi condannare o assolvere, così come in una società evoluta, democratica e colta, non si può omologare diverse personalità, diverse storie personali, diverse culture e capacità. Ognuno esprime una propria individualità e tutti osserviamo il principio che la responsabilità penale è personale e non può essere estesa per analogia ad altri componenti di famiglie o di gruppi sociali sui quali gratuitamente e dossieraticamente la nostra “umile cronista di provincia”, diventata “giornalista per caso”, pronuncia la propria sentenza di negatività. Tutto ciò sulla base di indagini che la magistratura ha voluto e poteva correttamente disporre ma senza che ci sia ancora una sentenza di proscioglimento o di condanna, in mancanza delle quali opera una presunzione civile ed illuministica di innocenza che mal si presta alle polemiche di giornale. Tanto puritanesimo e braghettiero accanimento può persino ritardare il processo di crescita sociale e culturale della nostra comunità e, pertanto, va sconfessato perché non costruttivo, fomentatore di una cultura del sospetto e della diffidenza che già affligge pericolosamente le nostre istituzioni a vari livelli.

Se si pontifica con il dogmatismo e la pervicacia di vecchie teorie sociologiche tramontate, si dimostrano scarse capacità critiche, poca originalità e nessuna concretezza: chi vorrebbe dimostrare il contrario, può dare prova di sé e della sua correttezza, dando la sua disponibilità ad accettare un incarico di assessore nella Giunta comunale di Casal di Principe che mi onoro di rappresentare, costruendo per la comunità anziché distruggere.

Al Signor Presidente della Repubblica si chiede di invitare questa oculata osservatrice dei fatti e custode della ortodossia anticammoristica, a dare la sua disponibilità ad occupare quel posto di assessore in Giunta comunale attualmente vacante che chi scrive vuole affidarle, dandole spazio e visibilità per uscire dalla “trincea” e poter dimostrare, con responsabilità ed esposizione, di saper fare cose reali a tutela della legalità e in contrasto con la deriva malavitosa che impersonerebbe il nuovo assessore, che potrà osservare e giudicare da vicino per quello che é.

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