Madonna di Casaluce, dal 15 giugno l’effige torna ad Aversa

di Nicola Rosselli

 AVERSA. Dal 15 giugno ritornerà in città l’effige della Madonna di Casaluce. La sacra icona rimarrà ad Aversa fino al prossimo 15 ottobre, quando, come consuetudine secolare, farà ritorno a Casaluce.

Nei prossimi giorni l’immagine della “Madonna Bruna” girerà per le strade cittadine e ogni sera “riposerà” in una chiesa aversana, fino a quando, compiuto il rituale tragitto, si fermerà nella Parrocchia dei Santi Filippo e Giacomo, proprio per questo nota anche come “chiesa della Madonna di Casaluce”. Quando il 15 giugno scorso si registrerà lo scambio tra Casalucesi e Aversani, si è registrerà la classica scena. I fedeli dei due centri fanno cambiare di mano il baldacchino (che viene spogliato del mantello del paese cedente e vestito con quello del paese che accoglie l’Icona) all’altezza di una pietra di confine nei pressi del monastero di San Lorenzo. Si tratta di una cerimonia bella a vedersi perché fa trasparire i sentimenti che i fedeli provano per quel piccolo quadro di legno. Gli abitanti del paese che deve cedere l’Immagine fanno numerose “finte”; avanzano fino alla pietra di confine per poi tornare rapidamente indietro. Questo spettacolo, in un passato anche recente, degenerava, purtroppo, in rissa. Tutto questo sotto gli occhi del Vescovo di Aversa e dei sindaci dei due comuni che presenziano lo scambio. Quest’anno sarà la prima volta del nuovo vescovo Angelo Spinillo, mentre dovrebbe essere assente il sindaco Mimmo Ciaramella.

LA STORIA DELLA SACRA IMMAGINE DELLA MADONNA BRUNA. Secolare è la storia, che spesso sfocia nella leggenda, del piccolo dipinto, attribuito addirittura a San Luca e da sempre contesa da aversani e casalucesi. La provenienza dell’Icona è certamente orientale: essa fu portata in Italia dal vicario di Carlo I d’Angiò, Ruggero Sanseverino, che era in missione in Terra Santa. E’ probabile che il quadro e le due idrie donate, poi, al sovrano angioino, fossero state date al Sanseverino dai monaci militari che erano posti a difesa del Santo Sepolcro. Una volta giunte alla corte angioina, quadro e idrie furono collocate nel posto d’onore della cappella privata dei re in Castel dell’Ovo, da poco edificato, sotto la protezione di Ludovico da Tolosa, figlio di Carlo II. Nel 1297, quest’ultimo diede incarico ad un nobile francese, Beltramo dei Balzo, di custodire con cura l’Icona e le idrie nel Castello di Casaluce che doveva essere trasformato in convento dei Padri Celestíní.

 Nel 1309, Carlo II d’Angiò donò metà del suo Castello di Aversa (annesso alla chiesa dei SS. Filippo e Giacomo che allora era cappella del Castello) ai Padri Celestini ai quali furono destinate anche 50 once d’oro da prelevare dalle tasse pagate dagli aversani al sovrano. Solo l’8 agosto del 1359 la Madonna Bruna e le sacre idrie, fatte risalire alle Nozze di Cana, furono affidate ai Celestini che le ricevettero da Raimondo dei Balzo, nipote di Beltramo che si era impegnato con Ludovico di Tolosa. Raimondo assegnò ai Celestini il Castello di Casaluce, la chiesa ed un casale attiguo. In quel periodo la Sacra Immagine fu mèta di pellegrinaggi di re e regine: Giovanna I, Giovanna II, Alfonso I d’Aragona, Carlo V d’Asburgo e Carlo III di Borbone. Fin dalla sua venuta nell’agro aversano, la sacra Icona veniva ospitata per alcuni periodi dell’anno ad Aversa dove i Celestini si spostavano. 1 cittadini aversani e casalucesi facevano cospicue offerte ai Celestini. Per controllare questa pioggia di denaro fu creata una “Commissione di Economi” che già nel 1593 fece erigere il primo baldacchino ligneo. Dal 1645 al 1772 si procedette alla ristrutturazione della chiesa di Casaluce.

Nel 1722, il 4 maggio, papa Clemente XIV, su richiesta dei Vescovo Niccolò Borgia, dichiarava la Madonna Bruna Patrona della città di Aversa e della diocesi. In città si allestirono delle grandiose feste che furono sospese per intervento dei padri celestini di Casaluce preoccupati di vedersi sottrarre l’Immagine a favore di Aversa. Gli economi di Aversa ricorsero alla Regia Camera affermando di voler festeggiare il parto della Regina. A queste motivazioni la Regia Camera accordò la festa. Intanto, tra Aversa e Casaluce iniziarono a sorgere i primi dissapori in relazione al tempo di permanenza della Madonna Bruna nelle due città anche perché Aversa tendeva a sopraffare il paese vicino grazie anche alla presenza del Vescovo in città, tanto che, all’epoca del cardinale Innico Caracciolo, la sacra Icona rimase ad Aversa da sei a sette mesi per anno. Il 22 maggio 1744, il capo dei governo di Carlo III di Borbone, Michele Reggio, incaricò il giudice di Vicaria, Giuseppe Aurelio De Gennaro, di risolvere la situazione che si era fatta esplosiva. All’incontro presero parte il canonico Moretti, in rappresentanza del Vescovo, e il Padre Vicario dei Celestini.

L’accordo raggiunto prevedeva la permanenza ad Aversa nei periodi di raccolto e in altri periodi particolari come gravi pestilenze. Durante le traversie della Repubblica Partenopea, il Vescovo di Aversa, monsignor Francesco del Tufo fece voto di incoronare la vergine di Casaluce qualora le truppe francesi non avessero danneggiato la città. Così fu e il primo maggio 1801 il Vescovo (che fece forgiare la corona d’oro a sue spese), dopo aver ottenuto i necessari permessi, informava il popolo della imminente cerimonia che si ebbe il 13 settembre 1801. I Celestini ottennero da Pio VII l’indulgenza plenaria per chi avesse visitato la Chiesa nel giorno del l’incoronazione e fu coniata una medaglia d’argento con l’immagine della Madonna e la dicitura “Aversa per Deiparum salva”.

Nel febbraio 1807, a seguito dei famoso decreto di Gioacchino Murat che aboliva i conventi e gli ordini monastici improduttivi, anche i beni dei Celestini vennero sequestrati. Questa situazione durò meno di un mese. Infatti, con regio Decreto del marzo dello stesso anno fu stabilito che nelle chiese di Aversa e Casaluce prima sottoposte ai Padri Celestini si insediassero normali sacerdoti col grado di parroci. I responsabili delle nuove parrocchie si accordarono affinché l’Icona fosse ospitata per sei mesi a Casaluce ed altrettanti ad Aversa.

 Ma, nel 1852, vi fu un nuovo dissidio a causa di una controversia sulla proprietà dei baldacchino. Il Consiglio degli Ospizi, con decreto dell’8 gennaio 1853, richiamava in vigore l’accordo del 1744 stabilendo che il trasferimento ad Aversa durasse due mesi, dal 16 giugno al 16 agosto. Dopo varie proteste, grazie all’incarico di paciere affidato dal governo all’arcivescovo di Capua, il 23 marzo 1857, il Consiglio degli Ospizi stabili che la permanenza ad Aversa dovesse durare dal 15 giugno al 15 ottobre con queste condizioni: 1) fare un nuovo baldacchino (eseguito, poi, nel 1858); 2) ripulire la corona; 3) corona e baldacchino sarebbero stati inseparabili dall’Icona dovunque questa stesse; 4) il Vescovo deve provvedere alla conservazione degli argenti e ha il potere di far venire ad Aversa l’Icona nei casi di calamità in cui lo ritenga opportuno, cosa che, ad oggi, non si è mai verificata.

Nel 1901, in occasione del centenario della prima incoronazione, se ne ebbe una seconda ad opera del Vescovo Francesco Veneto, il 15 settembre. Si arriva, poi, ai nostri giorni. Il 19 maggio 1978, l’Icona fu sfregiata da un maniaco mentre era nella Chiesa di Casaluce. Il 23 settembre dell’anno successivo, nella parrocchia dei SS. Filippo e Giacomo, fu sottratta la corona della seconda incoronazione, tutta incastonata di gemme preziose. Ma, dopo dodici mesi, il 14 settembre 1980, si ebbe la terza incoronazione della Madonna Bruna ad opera di monsignor Nicola Comparone. vicario capitolare.

Ad Aversa, poi, la chiesa che ospita la Madonna di Casaluce fu, a causa del terremoto del novembre 1980, fu danneggiata ed il campanile crollò sulla canonica provocando la morte del parroco don Pasquale Ciani e di tre suoi familiari. Il 3 luglio del 1983, ancora ad Aversa, mentre era ospitata nella parrocchia di San Giovanni a Savignano, si registrò un altro furto: ignoti rubarono il trono argenteo rifatto grazie alla generosità dei fedeli. Questa la storia che si perpetua ogni anno con lo scambio tra Aversa e Casaluce della Madonna.

LA LEGGENDA. Intorno alla piccola ‘Tavoletta” è fiorita anche una leggenda che ne accresce il fascino e la fede. Si racconta che durante una notte di tempesta, una donna si fosse recata presso il convento dei Celestini di Aversa per chiedere ospitalità, ma fu scacciata perché era vietato l’ingresso alle donne. Sempre secondo la leggenda, la donna giunse fino al monastero di Casaluce dove fu accolta ed ospitata in una stanzetta. La mattina successiva, nella stanzetta i Padri Celestini di Casaluce trovarono la piccola Icona al posto della donna.

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