Percolato, stop per dieci giorni alla discarica di Chiaiano

di Redazione

 NAPOLI. Stop per dieci giorni alla discarica di Chiaiano: la spazzatura di Napoli viene dirottata negli stir della regione.

Da giovedì i camion dell’Asìa non si dirigeranno più solo a Giugliano, Tufino e Santa Maria Capua Vetere, ma anche a Battipaglia, Casalduni e Pianodardine.

La Procura ha disposto la “caratterizzazione” della discarica per accertare se vi siano state infiltrazioni di percolato o di altro materiale pericoloso a causa (questa l’ipotesi dei pm) di una cattiva impermeabilizzazione del fondo cava. Altre analisi sulla falda acquifera saranno svolte da un laboratorio scelto dai comitati. Decisa anche una data precisa per la chiusura definitiva: il 23 giugno.

Nell’inchiesta su clan e veleni emerge un sospetto dei pm: qualcuno nel commissariato fu complice della camorra. Allarme inquinamento anche a Sant’Arcangelo Trimonte, nel beneventano.

FICO (M5STELLE): “NON E’ UNA NOVITA'”. Roberto Fico, candidato sindaco al comune di Napoli per il MoVimento Cinque Stelle, non ha peli sulla lingua riguardo alla vicenda del percolato nella discarica di Chiaiano: “La fuoriuscita di percolato dal fondo della discarica non può e non deve essere una notizia, una novità – ha detto Fico -. Già all’epoca della costruzione della prima vasca si avevano tutte le informazioni sulla criminale negligenza nella scelta dei materiali e sulla loro messa in opera”. “All’epoca, – aggiunge Fico – mentre le istituzioni locali e nazionali pomposamente parlavano di discarica modello, i comitati di cittadini (ridicolizzati come ‘popolo del no’) mostravano tutte le immagini ed informazioni alla delegazione guidata dall’euro-parlamentare Monica Frassoni, nella sede consiliare di via Verdi; in particolare tramite le foto proposte dal professor Ortolani si evinceva chiaramente che argilla e ghiaia fossero non conformi e che i teli di contenimento presentavano lacerazioni già alla loro posa”. “Il Movimento 5 Stelle – conclude Fico – chiede che oggi non si finga che non lo si sapesse fin dall’inizio. Non fu un errore ma una deliberata scelta di allora. Scelta che ha e deve avere nomi e cognomi di responsabili che vanno costretti a risponderne in ogni sede”.

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