Minichino (Pdl): “Orta è diventata Formicolandia”

di Redazione

Stefano MinichinoORTA DI ATELLA. “Grande invenzione è la parola quando viene usata per mascherare stati di fatto disarmanti e a dir poco ‘allucinanti’.

Probabilmente, o quasi sicuramente, nemmeno il più fantasioso degli uomini sarebbe stato così bravo da poter inventare il più grande degli scempi paesaggistici e cosa ancora più mirabile riuscire a concretizzare, con tanto di cemento e adulatori al seguito, il paese di ‘formicolandia’”.

Lo afferma il consigliere di opposizione Stefano Minichino, del Pdl. “Tutti continuano a chiamarla Orta di Atella, – prosegue Minichino – ma di quella in cui sono nato e cresciuto io nemmeno più l’ombra. D’altra parte non si può pensare di fermare il progresso, non si può non allinearsi con le tecniche di modernizzazione e tecnologia avanzata e come uno spettatore sono stato nel silenzio a guardare l’evoluzione del mio paese e i suoi benefattori, i suoi protagonisti che hanno venduto il disastro, attraverso campagne pubblicitarie e sponsorizzazione del marchio ‘Orta di bello: città a misura d’uomo e di bambino’, come le meravigliose città utopiche di Moro e Campanella. E utopia fu! Quel progetto che sulla carta parlava di riqualificazione del territorio e del centro storico, di nuovi ed efficienti servizi per grandi e piccini, alla fine si è frantumato sulle rocce della disattenzione e dell’incapacità dei tecnici. Questi ingegneri dalle geometrie in bilico, veloci, così rapidi da passare addirittura inosservati da parte di quel guardiano che aveva disimparato a vigilare ma che sapeva bene colpevolizzare. Così che oggi mi ritrovo a passeggiare nell’avanzato e progredito paese di ‘formicolandia’ e subito mi viene da pensare che ne sono nate davvero tante di formiche se guardo agli innumerevoli grattacieli che la pubblicità del pastore ha riservato per queste, del resto la popolazione cresce e ha bisogno di case. Come dargli torto!”.

“Mi decido, allora, – continua il consigliere del Pdl – ad avviare una panoramica generale sul paese: vedo la mia terra violentata, dilaniata, derubata dei suoi spazi, vedo strade dissestate e friabili come molliche di pane, colate di cemento armato, discariche abusive di monnezza, marciapiedi precari che hanno licenziato i pedoni perché troppo numerosi, e la romantica idea di una fioca illuminazione perché l’età dei lumi potrebbe portare problemi, perché la luce non può nascondere e rende tutto visibile, e poi le scuole in disuso perché la sicurezza è un optional e il parco giochi aperto a tutte le targhe di piccola e grossa cilindrata perché il rumore delle macchine fa più colore, rende meno assordante l’urlo muto della terra con i suoi palazzi in equilibrio instabile sopra un filo di strafottenza. E poi mi sento dire che la colpa è sempre degli altri, dei disegnatori di geometrie andate male, di quei tecnici, che per poco studio o per troppo ingegno, sono gli autori di una storia finita male, allievi di un insegnante che guida ancora il gregge, che promette ancora il bene, che ha immaginato il popolo ortese come tante formichine da sistemare in cellette piccole piccole, tutti incastrati nella fede del ‘dio costruttore’, perché i prati, le piste ciclabili, gli alberi, i marciapiedi, fanno male alla terra, perché è meglio vedere un bambino correre in quattro mura al settimo piano che sporco di terra in un parco giochi sicuro. Chi si assumerà la responsabilità di aver scelto per loro? Che cosa risponderemo ai bambini quando ci chiederanno come sono fatti i prati? E, prima ancora, come saranno i nostri giorni qui?”.

E qui Minichino commenta con ironia: “Il problema sta nei miei occhi: vivo in un paese modello con un’amministrazione dai progetti e dalle soluzioni brillanti e ancora non me ne rendo conto. Sono così ceco da non capire nemmeno l’atteggiamento disfattista del mio partito e del suo leader Domenico Damiano che addirittura si permette di strumentalizzare demagogicamente e con ipocrisia un problema reale cui si stava già dando soluzione. È anche vero, però, che una spiegazione è stata data: Damiano, a quanto pare, è un ritardatario cronico e disinformato sui fatti, sembrerebbe affetto da una malattia sinistroide radicale ma con la mania del Pdl e dal sub inconscio covante l’ambizione di diventare sindaco di Orta di Atella. Niente male per essere un dottore in economia e uno fra i più grandi imprenditori di Italia. D’altra parte per uno che è alla sua prima esperienza politica non poteva mica in un anno passare di partito in partito? Non poteva certo portare il comune alla vergogna del commissariamento? Non è riuscito nemmeno a diventare il soggetto indagato di una mini inchiesta: troppo ‘poco politico’ questo Damiano, politicamente out. D’altra parte questa pecorella smarrita ‘dal così vanno le cose’ pensava alla sua Orta di Atella come a una piccola cittadina verde e produttiva, scandaloso agli occhi dei progettanti di investimenti litici che abbattevano palazzi storici mentre il ‘folle’ dava il nome delle meravigliose ‘fabulae’ a un centro commerciale che offriva seri posti di lavoro. Troppo poco impegnativo questo progetto, invece di dare priorità agli anziani. Questi ‘nonnini’ che hanno bisogno di una vacanza al mare perché una settimana vale più di una vita intera spesa in un posto che offre loro solo degrado e marciume”.

“Il problema allora è uno: – conclude Minichino – sta nell’essere troppo impregnati di coscienza storica e civica, sta nel rifiuto e nella critica di quella formula del ‘cemento diktat’ che fa di lui e di noi, gente poca esperta di ‘Consigli comunali e di riqualificazione territoriale’. Noi ‘poveri pazzi’ che lamentiamo un degrado urbano e civile che sulla bocca dei ciceroni politici non esiste perché il comune è virtuoso: ha vinto la gara dei topi di fogna e l’appalto della monnezza dilagante. Per fortuna che c’è la storia, almeno quella insegna che i folli, a volte sono capaci di maggiore realismo piuttosto che i bravi e i virtuosi”.

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