Peschereccio italiano mitragliato da nave libica con a bordo finanziere italiano

di Redazione

 LAMPEDUSA. Un peschereccio italiano, l’Ariete, con10 uomini diequipaggio, tra cui tre tunisini, è stato raggiunto da colpi di mitra mentre si trovava a circa 31 migliaal largo di Al Zawara, a nord delle coste libiche, al confine con la Tunisia.

Un’area, quella in cuisi è verificato l’episodio, che la Libia considera di propria competenza esclusiva. Secondo le prime ricostruzioni, una motovedetta libica, nella serata di domenica, intorno alle 22, avrebbe intimato l’alt all’imbarcazione proveniente da Mazara del Vallo (Trapani), per poi aprire il fuoco. Nessuno è rimasto ferito a bordo dell’imbarcazione, riuscita a fuggire e a raggiungere Lampedusa. Su quanto accaduto la Guardia costiera ha aperto un’inchiesta.

Una nuova puntata della ‘guerra del mare’ tra i pescatori siciliani e le autorità libiche che rivendicano la loro competenza su una fetta consistente del mare Mediterraneo che separa l’Isola dalla Libia.

L’equipaggio dell’Arieteha riferito che “la motovedetta battente bandiera libica era del tutto simile ai mezzi usati dalla Guardia di Finanza italiana”. E infatti si tratta di una delle sei motovedette che l’Italia ha “regalato” alla Libia per il pattugliamento della costa nell’ambito dei controlli antiimmigrazione.

UN FINANZIERE A BORDO DELLA MOTOVEDETTA LIBICA. A bordo della motovedetta libica c’era un ufficiale della Guardia di Finanza. E’ quanto confermano all’Adnkronos fonti del Comando Generale delle fiamme gialle, precisando che ”l’imbarcazione era una delle motovedette consegnate alla Libia” nel quadro degli accordi tra l’Italia e il governo di Tripoli. L’ufficiale italiano, viene rilevato, ”era a bordo solo con funzioni di osservatore”.

IL RACCONTO DEI PESCATORI: “UN INFERNO”. “Ci hanno inseguito fin quasi dentro le nostre acque territoriali. Solo all’alba, quando eravamo in vista di Lampedusa, ci siamo sentiti in salvo”, racconta il capitano Gaspare Marrone, il quale sottolinea che al momento del tentativo di abbordaggio, il peschereccio stava navigando e non era impegnato in una battuta: “Non avevano nessun diritto di fermarci”. Così come ribadisce Vincenzo Asaro, l’armatore mazarese dell’Ariete: “Il mio motopeschereccio stava incrociando e non stava

pescando”. E invece i militari libici, nonostante la presenza a bordo dei finanzieri italiani, hanno usato le maniere “forti” per convincere i marinai a desistere dalla fuga, come testimoniano la fiancata sinistra e la cabina del motopesca sforacchiati dai proiettili: “Hanno sparato all’impazzata. I proiettili rimbalzavano dal ponte fino alla sala macchine. Ci siamo distesi tutti a terra pregando che nessuno di noi venisse colpito. Siamo vivi per miracolo”. Solo per un caso non hanno provocato l’esplosione di alcune bombole di gas che erano in coperta”, sottolinea Alessandro Novara, uno componenti dell’equipaggio. Gli fa eco Tameur Chaabane, un altro marittimo tunisino imbarcato sull’Ariete: “I libici sono degli incoscienti, perché sparare all’altezza della cabina di comando significa volere uccidere”. Ed èproprio il comandante a sollevare, con i suoi marinai, il dubbio che la motovedetta che li ha mitragliati sia uno dei sei pattugliatori italiani “regalati” a Gheddafi. “Non posso esserne certo – spiega – ma era del tutto simile a quelle utilizzate dalla nostra Guardia di finanza e dalla Capitaneria di porto”. La conferma arriverà solo qualche ora dopo, quando l’equipaggio dell’Ariete ha già ripreso il mare per proseguire la battuta di pesca nel Canale di Sicilia.

OPPOSIZIONE: “GOVERNO CHIARISCA”. “E’ gravissima la vicenda degli spari contro il motopeschereccio italiano da parte di una motovedetta libica, fatto aggravato dalla possibile presenza di militari italiani a bordo della motovedetta che sarebbe una di quelle consegnate proprio dall’Italia”, ha detto il presidente dell’Udc Rocco Buttiglione. “Il governo deve venire a riferire in Parlamento, e ci aspettiamo una reazione molto forte verso la Libia, reazione che da parte del governo ancora non vediamo. E questo dopo tutte le umiliazioni subite dall’Italia da parte di Gheddafi negli ultimi mesi”. “La provenienza della motovedetta libica che ha sparato contro un motopesca di Mazara del Vallo e la presenza, a bordo, di militari italiani rende la vicenda ancora piu’ grave. Il governo deve riferire immediatamente sull’accaduto e chiarire, una volta per tutte, tutti gli aspetti dell’accordo siglato con la Libia”, afferma la coordinatrice delle commissioni istituzionali del gruppo del Pd alla Camera, Sesa Amici. “L’Italia ha accolto il dittatore Gheddafi come non avrebbe dovuto, gli ha concesso di tutto e di più, con il risultato che i nostri pescherecci vengono mitragliati dalle vedette libiche. Il governo ha il dovere di informare il Parlamento sulla dinamica dello scontro, avvenuto in acque internazionali, e sulle implicazioni per la nostra politica estera”, dice nella nota il capogruppo dell’Idv alla Camera Massimo Donadi.

IL SINDACO DI MAZARA: “AGGRESSIONE”. Intanto, il sindaco di Mazara del Vallo Nicola Cristaldi ha detto che si rivolgerà “al ministro degli Esteri Frattini perché si faccia portavoce della nostra richiesta di un chiarimento al comandante della motovedetta libica che ha aggredito il peschereccio Ariete. Non credo che l’ordine di sparare sia arrivato dal governo libico, penso piuttosto che sia stata una scelta istintiva del comandante”, ha detto Cristaldi all’Adnkronos. “Il governo di Gheddafi – spiega il primo cittadino- da qualche tempo ha dimostrato nei confronti dell’Italia un atteggiamento di amicizia e collaborazione. Per questo motivo la notizia dell’attacco mi ha sorpreso non poco. L’uso delle armi non è mai giustificato e sarebbe stato più legittimo formalizzare una protesta al nostro governo per la fuga del peschereccio. Se è vero – conclude -, così come appare dalla prime ricostruzioni, che l’imbarcazione si trovava in acque internazionali non è esagerato parlare di una vera e propria aggressione, che rischia di compromettere i buoni rapporti esistenti tra i due Paesi”.

A MARZO TENTATIVO DI SEQUESTRO. In marzo il peschereccio “Luna Rossa”, mentre si trovava in navigazione a circa 36 miglia dalla costa della Libia, è sfuggito al tentativo di sequestro di una motovedetta di militari libici che, per ore, ha sparato raffiche di mitra colpendo in modo pesante la plancia e danneggiando strumentazioni e apparecchiature radio.

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