Afghanistan, due militari italiani uccisi ad Herat

di Redazione

da sin. Mauro Gigli e Pierdavide De CillisHERAT. Due militari italiani sono morti in Afghanistan.L’episodio èavvenuto a una decina di chilometri a nord di Herat.

Sono il primo maresciallo Mauro Gigli (nella foto), 41 anni, di Sassari,e il caporalmaggiore capo Pierdavide De Cillis, 33 anni, di Bisceglie (Bari). Nell’incidente ha riportato lievi escoriazioni anche il capitano Federica Luciani del 2/o Reggimento Genio Pontieri di Piacenza e si è registrato il ferimento lieve di un civile afghano. Le salme rientreranno in Italia nelle prossime ore.

I due militari, secondo quanto si è appreso, sarebbero rimasti vittima di un attentato compiuto con un ordigno artigianale (Ied) piazzato lungo la strada che stavano percorrendo con un blindato. Nell’attentato non sarebbero rimasti coinvolti altri militari. Gli uomini stavano effettuando alcuni interventi di bonifica della zona ed avevano già neutralizzato un altro ordigno. Nell’esplosione potrebbero essere rimasti feriti anche altri soldati ma la notizia non è ancora stata confermata.I due deceduti sarebbero del 32esimo Reggimento Genio: unoè un sottufficiale, l’altro un caporalmaggiore. Con le vittime di oggi salgono a 28 i militari italiani morti in Afghanistan dal 2004.

LE VITTIME. Gigli eranato il 3 aprile 1969 a Sassari ed effettivo al 32° Reggimento Genio di Torino (Brigata Alpina Taurinense); De Cillis il 25 febbraio 1977 a Bisceglie e appartenente al 21° Reggimento Genio di stanza a Caserta. Le loro salme rientreranno “I due militari – spiega lo Stato Maggiore della Difesa – facevano parte della Task Force Genio inquadrata nel contingente italiano in Afghanistan e avevano al loro attivo numerose missioni all’estero durante le quali avevano effettuato un elevato numero di interventi di disinnesco di ordigni esplosivi. Nell’ambito dell’operazione, i due genieri erano inquadrati in un dispositivo composto da 36 militari su 8 veicoli blindati Lince, uno dei quali in versione ambulanza”.

VENERDI’ I FUNERALI. L’arrivo a Ciampino delle salme dei due militari è previsto per venerdì mattina alle 9. Successivamente i corpi saranno trasferiti nell’istituto di medicina legale del Policlinico militare del Celio e la camera ardente sarà aperta al pubblico nel pomeriggio, non prima delle 16.Il rito funebre ufficiale si terrà alle 18.30 nella basilica di Santa Maria degli Angeli.

LA NOTA DEL COMANDO. “Due specialisti del genio hanno perso oggi la vita nel corso delle operazioni di disinnesco di un ordigno nella città di Herat – si legge in una nota ufficiale del Comando di Herat – i due militari facevano parte di un team Iedd (Improvised Explosive Device Disposal), specializzato nella rimozione di ordigni esplosivi improvvisati, intervenuto intorno alle 20 locali per il disinnesco di una bomba rudimentale segnalata dalla polizia afgana”. Dopo aver verificato la presenza dell’ordigno, si legge ancora nella nota, “i due militari procedevano con successo alla sua neutralizzazione. Nel perlustrare la zona circostante per accertare l’eventuale presenza di altri ordigni, i due venivano investiti da una forte esplosione che ne causava il decesso”.

CORDOGLIO IN PARLAMENTO. Il Senato ha osservato un minuto di silenzio in onore delle due vittime. La notizia è stata data dal presidente di turno dell’Assemblea, Vannino Chiti, al quale è stata comunicata dal presidente del Senato Renato Schifani. Anche l’aula della Camera appresa la notizia, ha interrotto i lavori sulla manovra e siè unita nel cordoglio in un minuto di silenzio con tutti i deputati in piedi. Nei brevi interventi, seguiti alla comunicazione del presidente di turno Maurizio Lupi, tutti i gruppi politici hanno chiesto al governo di riferire in parlamento sulla drammatica vicenda.

BERLUSCONI. Quando arrivano queste notizie così drammatiche “ci si domanda se ne vale la pena”. Lo afferma il premier Silvio Berlusconi commentando la notizia. Proprio in queste situazioni, però, aggiunge il presidente del Consiglio, “bisogna rafforzare l’idea che ne vale la pena”. Berlusconi fa le condoglianze alle famiglie delle vittime premettendo che in queste circostanze “le parole non hanno senso, non possono lenire il dolore. C’è solo il fatto di apprezzare chi compie la scelta personale di andare in missione”. “La carriera di un soldato – dice il Cavaliere – espone a certi rischi. Chi è andato in Afghanistan lo ha fatto per scelta personale”. Per il capo del governo, dunque, queste notizie “creano dolore maè giusto fare quello che facciamo”.

LA RUSSA RIFERIRA’ ALLE CAMERE. Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, riferirà giovedì pomeriggio alla Camera dei deputati e a seguire, al Senato, sull’attentato. “Cordoglio e vicinanza” ai familiari dei due soldatisono stati espressi a Montecitorio da Erminio Quartiani, deputato del Pd e membro dell’Ufficio di Presidenza del Gruppo dei Democratici alla Camera. Quartiani ha detto che “la vicenda purtroppo rende non più eludibile la questione della sicurezza dei nostri militari in Afghanistan: per questo chiediamo che il governo riferisca alla Camera sulle condizioni in cui il nostro contingente si trova ad operare”.

LA RUSSA: “PROSSIMI MESI PIU’ PERICOLOSI”. “Questo e il prossimo saranno i mesi più pericolosi» in Afghanistan perchè “l’estate normalmente è il periodo con il maggior numero di attentati”. Lo dice in una intervista al Corriere della Sera il ministro La Russa. Al ministro “particolari errori” non risultano, “il report che ho ricevuto – dice – parla dei rischi connessi ad azioni così articolate”. E la bomba che ha ucciso i due artificieri potrebbe anche “essere stata una trappola. Avevamo a che fare con Ied, quelle bombe chiamate Improvised explosive device. Una di queste era stata messa in condizioni di non nuocere. Pochi minuti dopo ne è esplosa un’altra che non avevamo ancora individuato. Forse è stata azionata con un telecomando, forse no”. “I nostri artificieri – aggiunge La Russa – sono considerati dei maestri” e “azioni terroristiche come questa tendono a colpire le opinioni pubbliche straniere più che i meccanismi in campo”. Per questo la missione italiana continua in modo da arrivare “a fine 2013” a mettere gli afghani “in grado di occuparsi di tante attività, sminamento compreso”.

I DOCUMENTI SEGRETI PUBBLICATI DA WIKILEAKS. Mentre gli ultimi due caduti italiani in Afghanistan riaccendono le luci sulla questine della nostra presenza militare nel Paese, Repubblica focalizza l’attenzione sui documenti segreti svelati nei giorni scorsi da Wikileaks che riguardano proprio Roma. Si tratterebbe di centinaia di rapporti, tra i novantamila divulgati dal sito.

In particolare, il nocciolo della questione riguarda i rinforzi militari italiani nel maggio 2007: allora il governo Prodi chiesa a Washington il silenzio a riguardo come condizione. Il rapporto riguardante l’invio di mezzi italiani in Afghanistan viene classificato come “riservato” e segnato dall’acronimo Noforn: non comunicabile a governi e persone non americani. Il titolo del rapporto è significativo: “Afghanistan: L’Italia pianifica altri contributi all’Isaf. Bisogna lavorare con discrezione, ad un livello tecnico”. Ad annunciare l’invio di altri mezzi, nel corso di due incontri, sono il diplomatico Achille Amerio e Gianni Bardinie, dal 2005 capo dell’ufficio responsabile per le problematiche di sicurezza e le questioni Nato della Direzione Generale Affari Politici Multilaterali e Diritti Umani.

I due fanno sapere che l’Italia sta già aumentando, in maniera discreta, “le capacità militari in Afghanistan” e annunciano che pochi giorni dopo,all’incontro dei ministri della difesa alla Nato a Bruxelles, il nostro Paese potrà annunciare ulteriori contributi. Si fa anche riferimento esplicito allo scontento che il surge italiano propvocherebbe nell’opinione pubblica: “Vista la sensibilità politica dell’Italia sulla missione Isaf, sia Bardini che Amerio hanno sottolineato il fatto che la discussione di altri contributi italiani non dovrebbe essere resa pubblica, ma dovrebbe essere mantenuta a livello di canali tecnici”.

In un altro rapporto dell’aprile del 2007 si cita l’allora presidente del Consiglio Romano Prodi, argomento della conversazione tra il vice segretario di Stato americano John Negroponte e l’ambasciatore italiano a Washington, Giovanni Castellaneta: “L’ambasciatore ha detto che la mancanza di un incontro tra Bush e Prodi – si legge nel documento – sta diventando un problema politico, a Roma, perché è passato un anno dall’elezione di Prodi”. Sempre in quell’occasione, il diplomatico americano solleva alcune questioni sul caso di Mario Lozano, il militare Usa accusato di aver ucciso volontariamente, il 4 marzo 2005 a Baghdad, il funzionario del Sismi Nicola Calipari subito dopo la liberazione dell’inviata del Manifesto Giuliana Sgrena.Washington vorrebbe risolvere in fretta la questione, evitrando un processo in contumacia. Roma vorrebbe avocare a sé il processo.

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