Caserta, società occultava 20 milioni di euro al Tribunale fallimentare

di Redazione

Guardia di FinanzaCASERTA. I finanzieri della compagnia di Caserta, coordinati dalla Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, hanno eseguito complesse indagini nel settore dei reati fallimentari nei confronti di una società operante nel settore della vendita di preziosi, …

… già ammessa alla procedura di concordato preventivo e, successivamente, dichiarata fallita dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere. In particolare, l’attività si è incentrata sull’esame della copiosa documentazione acquisita nel corso delle perquisizioni locali effettuate, nonché attraverso complessi accertamenti bancari, da cui è stato possibile evincere l’esistenza di illecite condotte poste in essere al solo fine di occultare numerose movimentazioni finanziarie agli organi della procedura, quantificabili in circa 20 milioni di euro.

Nello specifico, le indagini hanno riguardato l’esame di 81 conti correnti e 23 libretti di deposito, intestati anche a prestanome, e consentito di appurare le numerose distrazioni dalle “casse” della società concordataria, nonché come l’accesso alla particolare procedura fallimentare avesse di fatto, nel tempo, costituito uno strumento attraverso cui evitare l’esperimento di azioni revocatorie nell’ambito fallimentare.

E’ emerso che anche le garanzie prestate per l’accesso alla procedura di concordato si sono rilevate fittizie, riscontrandosi l’inesistenza di proprietà immobiliari della specie di quelle proposte, l’attribuzione di un valore di circa dieci volte superiore al reale ad un lotto di preziosi (parte dei quali è risultata sottratta nel corso della procedura), nonché la creazione di un portafoglio fittizio, atteso che le cambiali cui le scritture contabili facevano riferimento non sottendevano alcun atto economico e quindi avevano il solo scopo di creare della liquidità presso le banche ove venivano scontate, con conseguente distrazione di risorse finanziarie, in tal modo incrementando lo stato di decozione della società.

Mediante questi artifizi è stato dunque perseguito l’obiettivo di far risultare una situazione patrimoniale e reddituale di facciata difforme rispetto a quella reale, in maniera tale da non consentire la completa ricostruzione del patrimonio e del volume degli affari della società, soprattutto agli organi della procedura preposti ad agire nell’interesse dei creditori; infatti sui medesimi conti non ufficiali sono stati dirottati i ricavi della vendita dei gioielli per oltre 12 milioni di euro, versando e prelevando le relative somme in contanti ed in assegni.

Non solo: gli accertamenti svolti hanno consentito di riscontrare che le risorse finanziarie della società sono state utilizzate per sostenere i costi necessari all’allestimento, quando era ancora in corso la procedura di concordato preventivo, di due nuove gioiellerie riconducibili agli indagati (una delle quali poi a sua volta fallita con un passivo di oltre 5 milioni di euro) ma, di fatto, gestite per interposta persona.

Le indagini, infatti, hanno evidenziato che, a tal fine, erano stati saldati i debiti con i marchi più importanti, marchi con i quali, quindi, sono proseguiti i rapporti commerciali delle nuove gioiellerie, rilevando anche la distrazione di una componente patrimoniale fondamentale quale quella rappresentata dal “valore di avviamento” posseduto dalla società oggetto d’indagini.

L’Autorità Giudiziaria nei confronti dei soci e dei soggetti prestanome, in tutto 7 persone, non risultando ancora irrevocabile la sentenza di fallimento, ha pertanto formulato apposito avviso di conclusione delle indagini preliminari contestando le descritte distrazioni patrimoniali accertate nel corso della procedura di concordato preventivo.

Contestato anche il reato di estorsione, essendo emersa l’avvenuta costrizione di un dipendente alla fittizia intestazione di un rapporto bancario dietro la minaccia della perdita del posto di lavoro.

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