Cirillo: “Salviamo il Palazzo Baronale di Casapesenna”

di Redazione

Palazzo Baronale di CasapesennaCASAPESENNA. Fabbrica di impianto vicereale, ricopriva una posizione centrale in un complesso architettonico dove ad oriente dello stesso vi erano le scuderie, mentre ad occidente un giardino di pertinenza.

Immagine, questa, che si è persa nel corso del Novecento. Come testimoniano alcune fonti iconografiche, fino al 1930, era ancora presente il giardino che successivamente, dal 1950, si è visto cedere il posto ad una serie di costruzioni in c.a. che hanno alterato definitivamente il tessuto urbano ed ambientale. La fabbrica, della quale non si hanno testimonianze certe relativamente all’anno di fondazione, si è probabilmente sviluppata a partire dal XVI/XVII secolo, con aggiunte successive, fino alla seconda metà del novecento, presentando tutt’oggi le differenti fasi della sua evoluzione.

Di matrice vicereale è l’impianto della costruzione, conservando alcune tracce sul fronte settentrionale, come denunciano i ricorsi murari della muratura prospiciente su via Chiesa, oltre alle torri d’angolo, di cui quella orientale è tutt’ora chiaramente individuabile; settecentesca è la fondazione della corte interna, come è possibile leggere dalle murature in tufo del portico a doppia altezza voltato a vela e dall’ampia scala, con volte a  botte e crociera, sita ad occidente. In merito allo sviluppo del portico è da evidenziare che da un’indagine diretta della fabbrica si possono riscontrare sul lato orientale della corte due distinte fasi di sviluppo dello stesso a ridosso della muratura cinquecentesca con ornie. Sul lato settentrionale, ancora, si può individuare la precedente organizzazione del portico, con un ritmo delle arcate, probabilmente quattro, differente da quello settecentesco, a tre arcate di diversa ampiezza.

Nel secolo XIX si sono avute altre trasformazioni, come la realizzazione della scala ad oriente, il cui accesso è stato ricavata tagliando ad arco la muratura esterna. Da un documento databile all’anno 1728, inerente ad un sopralluogo nel palazzo per conto del Cavalier Andrea Bonito, si ha un idea della condizione della corte a quel tempo, in esso si legge “siamo passati nel Palazzo Baronale e prima a man destra nel cortile di esso la stalla, semo entrati in un altro cortile dove sta il palmento quale abbiamo ritrovato essere tutto rovinato. Ho trovato in detto palmento il portone che esce fuori dalla strada rifatto da nuovo”. Il Palazzo è in condizioni disperate e si dice che “occorrerebbe una cifra esorbitante” e bisognerebbe rifare “porte, finestre, ed altro. Noi ci ristringeremo di riferire quelle accomodazioni nella porzione abitabile di detto Palazzo, al quale se non si fa presto riparo, può cagionare molto danno nelle tre prime camere. Riparazioni per accomodare li due portoni con fascio di tavole di castagno e catenacci nuovi; marcature e chiavi nuovi in detti portoni”.

 Una ulteriore serie di lavori, diretti dall’ingegner Domenico Vinaccia, interni agli ambienti del piano nobile del palazzo ed il rifacimento del manto di copertura, si fanno risalire al 1769.

Il XX secolo, in particolare dalla seconda metà, è stato protagonista della grave alterazione subita sia internamente agli ambienti, come i gradini della scala settecentesca rifatti in c.a., che sulle facciate esterne, principalmente quella a meridione, invasa, senza alcuna regola, da balconi in c.a, nuove aperture e infissi di diversa natura. L’interno, parzialmente disabitato e gravemente compromesso staticamente, funzionalmente ed igienicamente, conserva solai voltati sul lato orientale e solai lignei nei restanti ambienti.

L’attuale condizione del Palazzo quindi è caratterizzata da gravi dissesti statici dovuti, oltre che all’incuria e all’eccessivo frazionamento dello stesso, ai danni provocati dal sisma del 1980 a seguito del quale si è verificato il crollo parziale del piano di copertura nella parte occidentale. Gli ambienti laterali al piano terra si confondono con l’edilizia attuale che li affianca e in alcuni casi li penetra, cancellandone la configurazione originaria. In tale caotica condizione si può ancora individuare la originaria disposizione dei locali, i cosiddetti bassi, originariamente otto dove vi si svolgevano diverse attività, ed oggi occupati da vari locali commerciali.

 Al 1743 si riferisce il seguente documento, inerente ad una rivela per il catasto di Casapesenna, dove possiamo leggere come si presentava il Palazzo in quegli anni, “il Palazzo Baronale con palmeto, cellaro, granaio, e piccolo giardino, è quasi cadente, e dirutto, ed in piccola parte d’esso è abitato, otto bassi sotto detto Palazzo, due delli quali ridotto in uno, nel quale s’esercita il centimolo per uso di macinar grano, e grano d’india. Attaccato a detto molino seguitano tre altri bassi, nel primo del quale si coce il pane, qual è la bottega lorda, e nell’altri due sono impiegati per comodo di detta bottega lorda. Attaccato a detti tre bassi vi è il sesto basso per vender noci, castagne e d’altre cose. Attaccato a detto sesto basso vi è il settimo basso, nel quale Domenico Zagaria fa la barbaria. Vi è l’ottavo basso, nel quale G. D’Aniello se ne serve per chianca”. La corte interna appare oggi in uno stato gravemente alterato da volumi precari, tettoie, scale esterne, ed ambienti che hanno inglobato parte del portico voltato.

 E’ possibile ancora individuare sul lato occidentale della corte il cellaro con l’originario portone in legno di castagno, mentre sono rimasti inalterati, nel complesso, gli ambienti sul fronte orientale accessibili da un portone settecentesco con cornici in pietra databili al XVI secolo. Tali ambienti costituivano originariamente un unico locale con volta a botte lunettata insistente su pareti con nicchie disposte in serie su entrambi i lati, molto probabilmente con affreschi di figure grottesche, come si evince dalle poche tracce leggibili su un’unica nicchia.

Da un’analisi planimetrica del territorio attuale si può ancora individuare, sul lato settentrionale di via Chiesa, l’area, oggi occupata da diversi edifici, di pertinenza del Palazzo fino al XIX secolo, si trattava di un “grande cortile dirimpetto al Palazzo dove si usa scognar noci”.

Nel 1994 fu scelto come sede del primo “Presepe Vivente”, fu un successo. A promuovere quella iniziativa c’era proprio l’attuale candidato della Campana, l’ingegner Giuseppe Piccolo, presidente della locale Pro Loco, mentre l’Assessore alla Cultura Pasquale Cirillo pubblicava delle ricerche storiche sul Palazzo e lanciava la proposta di recupero.

Oggi sono tanti a chiedere che esso possa diventare veramente il “Cuore di Casapesenna”, tra cui i candidati della lista “La Campana – Insieme per Cambiare”: “Allo stato attuale – commentano – il Palazzo presenta gravi dissesti statici e pietose condizioni, dovuto oltre alla vetustà e all’incuria, dall’eccessivo frazionamento, anche dalla mancanza di nessun interesse o provvedimento della precedente amministrazione Zagaria”.

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