Le tradizioni popolari a Casolla

di Redazione

Chiesa di San Pietro ad MontesCASERTA. Anche Casolla è ricca di tradizioni popolari, alcune delle quali scomparse, altre in via di estinzione ed altre, invece, che sono state fortemente riprese e che vengono rivissute con grande slancio da parte di tutti.

Con malcelato provincialismo, purtroppo, si assumono alcune tradizioni che con la nostra storia e la nostra cultura, per quanto micro-storia e micro-cultura, non hanno nulla a che vedere e che rispondono, invece, solo ai dettami della più gretta omologazione culturale messa in atto dalle forze della globalizzazione mondialista, il cui risultato è quello di cancellare tutto ciò che è radice ed identità. Lo stesso vale per i giochi dei bambini, ai quali vengono insegnati modelli totalmente estranei alla nostra memoria storico-culturale e che, cosa più grave, poco o nulla hanno come valenza psico-pedagogica. Tra le varie tradizioni casollesi, mantenute ancora in vita, ve ne sono alcune che sono molto rare, in quanto non si hanno che riscontri in pochissime altre comunità.

Benedizione dell’acqua

A Piedimonte di Casolla la domenica dell’Ascensione si ripete un rarissimo rito millenario: la benedizione dell’acqua. Ai piedi della maestosa scala di pietra viva della chiesa di San Rufo c’è una porticina che immette in un pozzetto attraversato dall’acqua dell’Acquedotto Carolino. Il sacerdote, dopo aver pregato con tutti i fedeli, benedice l’acqua; dopo di che un ragazzino scende nel pozzetto e grazie al “cecerielle”, un’anforetta di creta, prende l’acqua dal condotto e la porge ai fedeli, ognuno dei quali dà al ragazzino il proprio “cecerielle” in modo che l’acqua benedetta non subisca travasi, ma resti conservata nella piccola anfora che poi si ha cura di portare a casa.

‘E gravuncielle ‘e San Lorenzo

Fino a qualche anno fa il giorno di San Lorenzo si ripeteva un’antica tradizione. I bambini casollesi, di regola al di sotto dei 6-7 anni, di prima mattina erano tutti affaccendati a trovare “’e gravuncielle ‘e San Lorenzo”, cioè i carboncelli con cui, secondo la tradizione, fu arso vivo il giovine santo. La tradizione imponeva che il bambino, una volta trovato il carboncello, subito se lo mangiasse, perché così aveva modo di partecipare al sacrificio del santo e di ricevere la protezione divina, allontanando da sé pericoli e malattie.

Il ballo dei santi

La festa patronale in onore di San Lorenzo generalmente si tiene nella prima quindicina di settembre, cioè la seconda o terza domenica, perché il tutto ruota intorno alla ricorrenza dell’Addolorata, a cui è intitolata l’Arciconfraternita, cosicché i due santi vengono portati insieme in processione. In occasione dell’Anno Laurentiano si tiene il giorno del martirio di San Lorenzo. Anche nel 1977 si tenne in questo giorno. Il momento culminante della processione è il saluto ai santi. La processione termina nel cortile della chiesa, dove i santi vengono fatti girare e posti di fronte ai fratelli della congrega. A questo punto il fratello che porta lo stendardo inizia ad andare avanti e indietro saltellando. La dinamica del saluto prosegue una volta con lo stendardo in posizione verticale e subito dopo in posizione orizzontale, quasi a toccare terra. Il fratello, con grande profusione di forza fisica, sempre saltellando, disegna il segno della croce davanti ai santi. Subito dopo lui inizia ad indietreggiare saltando e gli accollatori, invece, iniziano a muoversi in avanti ballando. Tutto ciò, che viene ripetuto per tre-quattro volte al ritmo di una entusiasmante marcetta musicale, disegna una vera e propria scena coreografica. Negli ultimi anni abbiamo due fratelli che si alternano nel portare lo stendardo e nel fare il saluto. Il momento del ballo è un vero e proprio appuntamento a cui partecipa con fede e passione tutto il popolo casollese e quello dei vicini centri della fascia tifatina.

Il tortano

Nel quadro della festa patronale, è da ricordare la distribuzione del “tortano”, antica tradizione, ripresa nel 1977. Il “tortano” è un pezzo di pane rotondo, composto di due parti che si attorcigliano l’una con l’altra, da cui il nome, venendo così a prendere la forma di un grosso taralluccio. “’E maste ‘e festa” distribuiscono il “tortano” a tutte le famiglie casollesi, che, in compenso, offrono i propri prodotti, oggigiorno quasi esclusivamente offerte in denaro, che il giorno dopo vengono messi all’asta, che qui si chiama “’a rriffa”.
Nella foto la chiesa di San Pietro ad Montes
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