E’ morto Vittorio Foa, voce inquieta della Sinistra italiana

di Redazione

Vittorio FoaDopo lunga malattia si è spento a Roma, a 98 anni, Vittorio Foa, voce inquieta della Sinistra italiana ed uno dei suoi testimoni più veri.

Politico, sindacalista, scrittore e giornalista, per settant’anni, dagli esordi nel movimento “Giustizia e Libertà” negli anni ’30 – passando per la Resistenza, la militanza nel PSI, nella CGIL, nel PSIUP, in Democrazia Proletaria, la vicinanza al PCI come indipendente – ha attraversato l’intera storia del movimento operaio e della sinistra italiana del Novecento.
Nacque a Torino nel 1910 da una famiglia ebraica (per parte di padre), nipote di un rabbino.
Fu militare di leva nell’esercito italiano, dove nel 1930 divenne ufficiale di complemento nello stesso reggimento di re Umberto II col quale ebbe un’amicizia. Si laureò in Giurisprudenza nel 1931 all’Università di Torino.
Nel 1933 entrò in Giustizia e Libertà, movimento politico antifascista fondato da Carlo Rosselli.
Il 15 maggio 1935, all’età di 25 anni, venne arrestato a Torino in seguito alla segnalazione di un confidente dell’OVRA (il servizio segreto fascista), quindi denunciato al Tribunale Speciale, che lo condannò a 15 anni di reclusione (nel 1936) per attività antifascista.
Condivise la stessa cella con Ernesto Rossi, Massimo Mila e Riccardo Bauer, e nel frattempo sposò il liberalismo di Benedetto Croce.
Dopo essere uscito dal carcere nell’agosto 1943, nel settembre dello stesso anno entrò nel Partito d’Azione (PdA), di cui divenne segretario assieme a Ugo La Malfa, Emilio Lussu, Altiero Spinelli e Oronzo Reale (1945), e per cui fu rappresentante nel Comitato di Liberazione Nazionale (CLN), prendendo dunque parte alla Resistenza.
All’Assemblea Costituente, il 2 giugno 1946, fu eletto deputato del Partito d’Azione, e dopo lo scioglimento di quest’ultimo nel 1947, alla fine dello stesso anno passò al Partito Socialista Italiano, per il quale fu dirigente nazionale – rappresentando l’ala della sinistra operaista – e, per tre legislature (1953-1968), deputato.
Il 1948 fu l’anno in cui Foa entrò nella FIOM nazionale; nell’ottobre 1949 entrò nella Segreteria nazionale della CGIL di Giuseppe Di Vittorio, come vicesegretario responsabile dell’Ufficio Studi, e nel 1955 fu segretario nazionale della FIOM.
Dopo una collaborazione iniziale , nel 1959, con la nascente rivista “Passato e Presente” (nata intorno ad Antonio Giolitti e diretta da Carlo Ripa di Meana), Foa divenne uno dei massimi teorici della linea politica dell’autonomia operaia, che ispirò molti anni dopo la nascita dell’omonimo movimento politico, e scrisse fra l’altro nel 1961 l’editoriale del primo numero della rivista di Raniero Panzieri, “Quaderni Rossi”, legata a quest’area.
Nel 1964, da una scissione a sinistra del PSI, nacque il Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria (PSIUP), di cui Foa fu un dirigente nazionale. Nel 1966-1968 cominciò a collaborare con “La Sinistra” (giornale nato attorno a Silverio Corvisieri, Augusto Illuminati, Giulio Savelli e Lucio Colletti) e nel 1969 con “Il Manifesto”, rivista mensile omonima del gruppo politico originatosi da una scissione a sinistra del PCI. Per qualche tempo Foa fu membro della direzione del giornale, ma nel 1970 si dimise dalla CGIL e uscì dallo PSIUP, ritirandosi brevemente a vita privata.
A seguito però della sconfitta elettorale dello stesso PSIUP nel 1972 e al suo scioglimento (il 16 luglio), Foa diede vita con diversi socialisti e sindacalisti toscani (tra i quali Silvano Miniati ) al Nuovo PSIUP; quest’ultimo però nel novembre ’72 contribuì, con la sinistra del Movimento Politico dei Lavoratori (MPL) alla creazione del Partito di Unità Proletaria (PdUP), di cui divenne dirigente nazionale.
L’idea di Foa era quella di creare una forza politica che orientasse i gruppi rivoluzionari verso una prospettiva di “governo delle sinistre” distogliendole da una prospettiva rivoluzionaria.
Nel luglio 1974 il PdUP si unificò al gruppo de “Il Manifesto” e nacque il “PdUP per il comunismo”: Foa fece parte, con Silvano Miniati, della sinistra del nuovo partito (circa il 44%). Col PdUP prese parte alla promozione della lista unica della nuova sinistra, Democrazia Proletaria (DP), avvenuta nel 1975-76: per questo cartello elettorale fu eletto nelle circoscrizioni di Torino e Napoli ma rinunciò a favore di Silverio Corvisieri (Avanguardia Operaia) e Mimmo Pinto (Lotta Continua).
Nel 1977 iniziò anche a scrivere sul “Quotidiano dei lavoratori”, giornale di Avanguardia Operaia, mentre sua moglie Lisa intraprese la militanza in Lotta Continua.
Il ’77 fu anche l’anno in cui il PdUP perse la corrente ex-PSIUP-MPL (assieme alle cosiddette Federazioni unitarie e all’area sindacale) che prese parte alla costituente partitica di Democrazia Proletaria, mentre il partito rimase in mano alla componente de “Il Manifesto”.
Foa in seguito ricominciò nuovamente ad allontanarsi dalla vita politica: il suo ultimo intervento ufficiale fu alla commissione del Congresso di Democrazia Proletaria (gennaio 1980).
Promise di non parlare né scrivere più di politica per almeno quattro anni, e preferì dedicarsi all’insegnamento dopo aver accettato la cattedra di Storia Contemporanea nelle Università di Modena e Torino.
Il 15 giugno 1987 venne eletto senatore come indipendente nelle liste del PCI, pur non essendo mai stato comunista.
Favorevole alla partecipazione italiana nella Guerra del Golfo, nel 1992 abbandona la politica attiva per dedicarsi alla stesura di alcuni libri, in gran parte autobiografici: nel 2003 uscì, ad esempio, “Un dialogo”, edito dalla Feltrinelli e scritto a quattro mani con Carlo Ginzburg.
In anni più recenti ha anche ricevuto gli auguri per i suoi 95 anni dall’ex Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi.
Foa ha scritto: “Dobbiamo sempre cercare l’ideale nel reale, il domani nell’oggi. Il futuro deve essere cercato e costruito nel presente. La politica non è solo comando, è anche resistenza al comando, non è, come in genere si pensa, solo governo della gente, politica è aiutare la gente a governarsi da sé”.

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