All’alba, circa cento operatori della Polizia di Stato e della Dia hanno messo a segno una vasta operazione tra Emilia Romagna, Calabria, Lazio e Campania: eseguite 8 misure cautelari personali e un sequestro preventivo finalizzato alla confisca di beni per oltre 1,5 milioni di euro. Nel mirino un’associazione per delinquere con base operativa a Bologna, ritenuta responsabile di bancarotta fraudolenta, indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, truffa, evasione, riciclaggio, reimpiego e autoriciclaggio, con aggravanti per l’agevolazione mafiosa in favore delle cosche Piromalli e Molè.
Il blitz – L’operazione, coordinata dalla procura distrettuale di Bologna, è scattata dalle prime ore della mattina con il supporto dei reparti specializzati. I provvedimenti cautelari e i sequestri colpiscono persone e patrimoni ritenuti parte di un circuito criminale strutturato su più regioni.
L’indagine – Avviate nel 2021 dal Servizio centrale operativo (Sezione investigativa Sisco) e dalla squadra mobile di Bologna, con il contributo del centro operativo Dia felsineo sugli aspetti economico-finanziari, le investigazioni hanno ricostruito – anche tramite accertamenti tecnici, bancari e societari – l’operatività di un sodalizio composto in prevalenza da pregiudicati di origine calabrese, legati da relazioni personali con ambienti di ’ndrangheta. Il gruppo cercava opportunità di investimento in Emilia e nel Lazio, in particolare nell’area di Roma, con un obiettivo ricorrente: acquisire attività imprenditoriali e gestirle illegalmente fino al collasso pilotato, dopo averne drenato liquidità e beni.
Le società e i fondi pubblici – Secondo gli inquirenti, anche grazie a prestanomi retribuiti mensilmente e alle indicazioni di professionisti compiacenti, dal 2010 sarebbero state create e manovrate almeno 9 società tra Bologna e Roma. Per apparire solide, venivano usati artifici contabili, manipolazioni di bilancio, movimentazioni di contanti e fatture per operazioni inesistenti, così da ottenere indebitamente finanziamenti bancari e mutui agevolati garantiti dallo Stato tramite Mediocredito Centrale (controllato al 100% da Invitalia, a sua volta riferibile al Ministero dell’Economia e delle Finanze). Il danno contestato è di circa 1,5 milioni di euro. Incassati i fondi, le imprese venivano utilizzate per ulteriori truffe e poi condotte rapidamente al fallimento, svuotandone i conti e distraendo beni mobili e immobili attraverso operazioni di riciclaggio e reimpiego.
Il ruolo dei professionisti – Il coordinamento delle dinamiche gestionali sarebbe stato favorito dalla connivenza di due commercialisti, uno a Bologna e uno a Roma, indicati come “consiglieri” dell’organizzazione: non necessariamente interni al gruppo, ma in grado di suggerire e agevolare schemi fraudolenti. Per il professionista bolognese è scattato l’obbligo di dimora e il divieto di esercitare l’attività contabile per un anno. IN ALTO IL VIDEO