L’operazione scatta all’alba e colpisce il cuore di un’organizzazione che, nonostante detenzioni e indagini, aveva continuato a esercitare il proprio potere criminale sul territorio. Nelle province di Brindisi, Lecce e Chieti i carabinieri hanno eseguito tredici ordinanze di custodia cautelare in carcere, smantellando un assetto mafioso ritenuto ancora pienamente operativo e radicato.
L’operazione giudiziaria – I provvedimenti sono stati emessi dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia salentina, ed eseguiti dai carabinieri del comando provinciale di Brindisi, con il supporto di reparti speciali dell’Arma nella fase esecutiva. Le misure riguardano 14 persone, accusate a vario titolo di associazione di tipo mafioso, concorso esterno, truffa ai danni dello Stato, usura, estorsioni, lesioni personali, detenzione e porto di armi da sparo e associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. Contestualmente è stato disposto il sequestro preventivo di un immobile e dell’attività commerciale al suo interno, per un valore stimato di circa 600mila euro, ritenuti la base operativa e logistica del gruppo, sede stabile di riunioni e incontri tra affiliati.
Le indagini – L’inchiesta, diretta dalla Direzione distrettuale antimafia e condotta dal Nucleo investigativo del comando provinciale di Brindisi, copre un arco temporale compreso tra il giugno 2020 e il giugno 2022. L’attività investigativa è partita dopo il ritorno in libertà del promotore e organizzatore dell’associazione, indicato come elemento di spicco del clan della sacra corona unita “Pasimeni–Vitale–Vicientino”. Tra gli arrestati figura Daniele Vicientino, detto “Il Professore”, indicato come volto storico della Sacra corona unita mesagnese. Gli accertamenti hanno evidenziato la persistente operatività del sodalizio, con ramificazioni anche nel territorio brindisino, dove è emersa la figura di un soggetto coinvolto in un’altra indagine originariamente diretta dalla Procura della Repubblica di Brindisi e svolta dalla Squadra Mobile della Questura di Brindisi. Anche nei confronti di quest’ultimo è stata eseguita la misura per associazione mafiosa e reati collegati al medesimo contesto investigativo.
La catena di comando – Gli investigatori hanno ricostruito nel dettaglio l’organigramma dell’associazione, documentando come il vertice continuasse a impartire direttive dal carcere. Il tramite sarebbe stato il nipote, indicato come portavoce sul territorio, che faceva da collegamento con il luogotenente incaricato di gestire le attività criminali all’esterno. Un sistema che, secondo gli inquirenti, ha consentito al clan di mantenere un controllo costante sulle proprie dinamiche interne e sugli affari illeciti.
Il controllo del territorio – L’indagine ha restituito l’immagine di una feroce egemonia criminale, esercitata attraverso violenza e intimidazione. Il gruppo avrebbe imposto la propria autorità con pestaggi e aggressioni, sia per tutelare gli affiliati sia per il recupero di crediti insoluti nel circuito dello spaccio. A ciò si aggiungevano estorsioni armate sistematiche ai danni di imprenditori e commercianti locali, costretti a sottostare alle richieste del sodalizio.
Il sistema delle estorsioni e il traffico di droga – Centrale, secondo la ricostruzione, era il cosiddetto pagamento del “punto” o “pensiero”, una sorta di tangente riscossa dagli spacciatori attivi nell’area. I proventi venivano destinati al mantenimento in carcere del capo e degli affiliati e al sostegno economico delle loro famiglie. Parallelamente, il promotore curava i rapporti con i vertici di altri gruppi della frangia dei mesagnesi e con esponenti della sacra corona unita operanti su territori diversi, concordando strategie comuni, delimitando le rispettive sfere di competenza e gestendo i conflitti legati alla spartizione del territorio. Nello stesso contesto rientrava la direzione e l’organizzazione del traffico di stupefacenti.
Usura e riciclaggio – L’organizzazione sarebbe stata inoltre profondamente coinvolta in attività finanziarie illecite, con la concessione di prestiti a tassi esorbitanti e il riciclaggio di denaro attraverso una rete di giochi e scommesse online su canali non autorizzati, utilizzata per reinvestire e ripulire i profitti criminali.
Arresti e sequestri – Sono 34 gli indagati. Nel corso delle indagini, l’azione immediata dei militari ha portato anche all’arresto in flagranza di reato di altre 13 persone e al sequestro di oltre 2 chili di stupefacenti tra cocaina, marijuana e hashish, a conferma della costante pressione investigativa esercitata sull’organizzazione. Secondo gli inquirenti, il clan “Pasimeni–Vitale–Vicientino”, ritenuto egemone nella città di Mesagne, avrebbe continuato a operare anche durante i periodi di detenzione dei suoi vertici, mantenendo una presenza pervasiva sul territorio grazie a una rete di sodali e a figure di collegamento esterne. IN ALTO IL VIDEO

