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sarebbe partecipe dell’organizzazione criminale guidata dallo zio Antonio, ricostituita dopo la sua scarcerazione avvenuta al termine di una detenzione durata vent’anni.
Per i giudici della Cassazione il ricorso è risultato infondato. Nelle motivazioni si legge che l’indagato “faceva parte dell’associazione di tipo mafioso e ciò lo attesta la sua messa a disposizione in favore del sodalizio per il perseguimento dei comuni fini criminosi”.