“Vittima innocente”, il prof Santoro firma postfazione del libro di Crisileo: “Diritto ad una ragionevole durata dei processi”

di Redazione

Ormai manca qualche mese alla presentazione, prima in Rai durante un programma televisivo e poi al Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università “Vanvitelli”, a Santa Maria Capua Vetere (Caserta), del libro di Raffaele Crisileo sull’odissea del maresciallo dei Carabinieri Alfonso Bolognesi, dal titolo “Vittima innocente”. – continua sotto –

Dopo la prefazione, che porta la firma eccezionale del celebre Accademico e Giurista Patrizio Gonnella, presidente Nazionale di Antigone, esperto del Consiglio d’Europa e dopo il commento prologo di un’altra personalità internazionale, Abuna Ibrahim Faltas, vicario custodiale a Gerusalemme e mediatore di pace per bolla papale in Medio Oriente, filosofo, teologo e scrittore di fama mondiale, segue la postfazione di un noto ordinario universitario, il professor Raffaele Santoro, docente di prima fascia al Dipartimento di Giurisprudenza dell’Univanvitelli, che scrive: «Il caso di cronaca giudiziaria che si è articolato nella complessa vicenda del maresciallo dei carabinieri Alfonso Bolognesi, ricostruito all’interno del nuovo libro dell’avvocato Raffaele Crisileo, se da un lato approda ad una sentenza di assoluzione, in sede di revisione, alimentando la fiducia nella delicata azione della magistratura, dall’altro, giungendo a distanza di 14 anni, sollecita a riflettere sul più ampio principio di giustizia. È infatti opportuno chiedersi se, sia pure in presenza di una sentenza di assoluzione, l’azione della magistratura che giunge a conclusione dopo un numero elevato troppo di anni soddisfa pienamente le esigenze di giustizia che sottendono il principio di giusto processo? Quali limiti subisce la concreta attuazione del principio della ragionevole durata? Infine, quali sono i riflessi sulla intangibile dignità della persona nel vivere come imputato quasi perenne?».

«Non vi è dubbio che un caso limite come questo, purtroppo non raro nel sistema giudiziario italiano, si riflette negativamente sulla concreta attuazione di molteplici principi di matrice costituzionale posti a fondamento della tutela della persona anche quando assume lo status di imputato. A tutela della persona che ricopre lo status di imputato l’impianto costituzionale predispone una serie di norme. In materia, l’articolo 111 della Costituzione disciplina il principio del cosiddetto ‘giusto processo’, che si articola nella terzietà ed imparzialità del giudice, nel rispetto della parità tra accusa e difesa, nello svolgimento del processo nel contraddittorio tra le parti, nella ragionevole durata del processo che deve essere assicurata dalla legge, nella garanzia di una veloce informazione all’imputato della pendenza del processo a suo carico, nella possibilità di interrogare o far interrogare le persone che lo accusano o che lo possono discolpare; garanzia del contraddittorio anche nella formazione della prova, con conseguente impossibilità di condannare un imputato in base ad accuse formulate da un soggetto che per libera scelta si è sottratto all’interrogatorio; ausilio di un interprete per lo straniero».

«Il quadro delle garanzie è integrato dal principio di presunzione di innocenza ex articolo 27, comma 2, Costituzione, il quale sancisce che l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. La medesima tutela è prevista nell’ordinamento comunitario dalla Direttiva 2016/343/UE del 9 marzo 2016, con cui il Parlamento europeo e il Consiglio hanno adottato norme minime comuni circa la presunzione di innocenza e il diritto di presenziare al giudizio, che fondano il “giusto processo penale europeo”, in applicazione dell’articolo 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e dell’articolo 6 Cedu. Tale garanzia è stata rafforzata dalla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Con la sentenza 20 ottobre 2020, i giudici hanno affermato che “il diritto alla presunzione di innocenza del ricorrente è violato dal provvedimento con cui il giudice d’appello, dopo aver prosciolto l’imputato per intervenuta prescrizione del reato (…) del quale era stato riconosciuto colpevole in primo grado, decide il risarcimento a favore della parte civile ricorrendo ad argomentazioni non coerenti con il venire meno delle accuse in ragione della scadenza del termine di prescrizione”. Tali garanzie fondamentali trovano il proprio corollario nel principio di ragionevole durata del processo quale risultato del combinato disposto dell’art. 111 (com.2) Cost. e dell’art. 6 (com. 1) Cedu, a norma del quale “Ogni persona ha diritto ad un’equa e pubblica udienza entro un termine ragionevole, davanti ad un Tribunale indipendente e imparziale costituito per legge”». – continua sotto –

Anche in questa occasione l’avvocato Raffaele Crisileo, partendo da un importante caso di cronaca giudiziaria, sollecita il lettore a riflettere su valori e principi posti a fondamento del nostro ordinamento costituzionale, al cui interno il diritto di difesa costituisce uno dei principi supremi.

Nella foto, da sin. Crisileo, Gonnella, Santoro, il maresciallo Bolognesi con Padre Faltas

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