Camorra e sale Bingo, assolto l’imprenditore aversano Luciano Cantone

di Redazione

Assolto dall’accusa di associazione mafiosa e intestazione fittizia di beni riconducibili al clan dei casalesi il 63enne aversano Luciano Cantone, titolare delle sale bingo di Aversa e Teverola. Lo ha deciso la terza sezione penale del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere. – continua sotto – 

La vicenda giudiziaria ebbe inizio nel giugno 2013, quando 57 persone furono tratte in arresto in un blitz battezzato “Operazione Rischiatutto” eseguito dal Ros dei carabinieri nelle province campane di Napoli e Caserta e in quelle di Frosinone, Modena, Reggio Emilia e Catania, con numerosi sequestri di beni mobili e immobili per un valore di 400 milioni di euro, tra cui le sale scommesse “Casinò Normanno” di Aversa e il “Bingo Boys” di Teverola– continua sotto – 

Secondo le accuse avanzate dalla Direzione distrettuale antimafia, Luciano Cantone era legato a Massimo Russo, detto “Paperino”, referente della fazione Schiavone sul territorio aversano e fratello del boss Giuseppe Russo, alias “Peppe ‘o padrino”. Accuse supportate anche dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Nicola Schiavone, primogenito del capoclan Francesco Schiavone, detto “Sandokan”, secondo il quale Luciano Cantone era il “rappresentante” dei casalesi nella gestione delle sale bingo, formalmente intestate al fratello Mario Cantone. Quest’ultimo, anch’egli arrestato nel blitz, morì suicida circa un anno dopo, nel febbraio 2014, mentre era detenuto nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. Aveva 43 anni. L’estremo gesto si verificò poco dopo il colloquio con i familiari. Pare che Cantone fosse molto provato dalla detenzione e che i suoi avvocati avessero presentato istanza affinché uno psicologo potesse visitarlo, ma la richiesta fu rigettata. – continua sotto – 

Le accuse mosse a Luciano Cantone sono crollate in aula con l’accoglimento delle tesi difensive degli avvocati Franco Liguori e Francesco Angelino. Assolti anche tre collaboratori di Cantone: Luca D’Errico, Ferdinando Galluccio e Anita Turro, anche loro difesi dai due legali dell’imprenditore.

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