Bari, armi e droga: scacco al clan Parisi-Palermiti-Milella

di Redazione

Dodici arresti, e tre obblighi di dimora, oltre a decine di perquisizioni, eseguiti dai carabinieri a Bari nei confronti di capi e gregari del clan Parisi-Palermiti-Milella, ritenuti responsabili di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e detenzione in concorso di un arsenale, costituito da numerose armi da fuoco, da guerra e comuni, alcune anche clandestine, nonché di migliaia di munizioni. L’operazione è effettuata da militari del comando provinciale, supportati dai “Cacciatori di Puglia”, dal Nucleo cinofili e dal 6° Elinucleo carabinieri di Bari. Le misure restrittive sono state emesse dal gip di Bari, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia, a seguito di una indagine avviata dopo il ritrovamento di un ingente quantitativo di armi avvenuto in via Di Vagno (fra i quartieri Japigia e Madonnella) nel 2014.

Il 16 ottobre 2014 i militari in un appartamento all’ultimo piano di una palazzina di via Di Vagno, scoprirono un arsenale/deposito. In quei locali, infatti, vennero rinvenute e sequestrate complessivamente più di 40 armi da fuoco, comuni e da guerra, tra cui fucili d’assalto Ak 47 “Kalashnikov”, pistole mitragliatrici, fucili calibro 12 e numerose pistole, nonché migliaia di munizioni. Nella medesima abitazione si procedette anche al sequestro di 10 chili di cocaina, parte della quale già suddivisa in dosi, pronte per la vendita al dettaglio. I militari arrestarono un 66enne, affittuario dell’appartamento, ora destinatario della custodia in carcere.

Una brillante operazione che determinò l’avvio di approfondimenti investigativi ulteriori, finalizzati ad individuare a quale gruppo criminale cittadino fossero riconducibili le armi e la droga sequestrata. Si accertava la riconducibilità di quanto sequestrato al gruppo criminale Parisi-Palermiti-Milella, egemone nel quartiere Japigia di Bari ed in particolare alla frangia diretta da Domenico Milella, 39 anni, il quale, all’epoca del sequestro operato, si trovava ristretto presso il carcere di Taranto in custodia cautelare per altre vicende penali. Tuttavia, attraverso la visualizzazione di una telecamera di sicurezza posizionata nel pianerottolo dell’abitazione di via Di Vagno, è stato possibile riscontrare che quei locali erano frequentati da taluni destinatari dell’odierna misura cautelare, documentatamente gravitanti nel circuito criminale di Milella Tra questi Gelao Giuseppe, successivamente ucciso il 6 marzo 2017, in un agguato in cui venne ferito anche un altro degli attuali indagati. Ancora, impronte dattiloscopiche dei visitatori dell’arsenale/rifugio, sono state trovate su alcune delle armi. È stato poi Domenico Milella, attraverso il proprio genitore (destinatario a sua volta della misura cautelare dell’obbligo di firma e contestuale presentazione quotidiana alla polizia giudiziaria) a farsi carico delle spese legali e di sostentamento della famiglia del custode delle armi e della droga sequestrate, nella circostanza tratto in arresto.

La prosecuzione delle indagini, quindi, alla fine dell’anno 2014, ha permesso di ricostruire la vita e l’operatività dell’organizzazione criminale, successivamente alla scarcerazione da Taranto di Milella ed al suo trasferimento a Pescara, per proseguire la detenzione in regime degli arresti domiciliari. Pertanto, in quell’arco temporale, tra il 2015 ed il 2016, è stata accertata: l’operatività della consorteria nel settore del traffico, produzione e spaccio di sostanze stupefacenti nel quartiere Japigia di Bari, In tal senso, l’abitazione di Pescara dove il Milella era in detenzione, costituiva continua meta di visite da parte di sodali ed affiliati, i quali aggiornavano il capo del gruppo dell’andamento degli affari illeciti attesi e con il medesimo concordavano le linee strategiche a cui attenersi per la condotta di affari criminali; l’intervento diretto da parte del medesimo Milella, capo e promotore dell’organizzazione, in concorso con altri sodali, in occasione di contrasti sorti in seno al sodalizio, ovvero con terzi rivali.

Rilevata l’esplosione di colpi d’arma da fuoco a scopo intimidatorio al Circolo U.C. Japigia avvenuta il 15 marzo 2015, sulla proprietà del genitore di un soggetto che si era reso responsabile del ferimento, a colpi d’arma da fuoco, di un gregario dell’organizzazione. Di tale azione di fuoco si era reso protagonista Domenico Milella, approfittando di una sua convocazione presso il Tribunale di Bari, senza scorta, in occasione di un processo che lo vedeva quale imputato. Per tali condotte lo stesso è stato già condannato con sentenza di primo grado (confermata in Appello) alla pena di anni 3 e mesi 8 di reclusione, nonché al pagamento di euro 6 mila m 400 euro di multa. Emersi anche: l’intervento intimidatorio posto in essere dal vertice del gruppo criminale nei confronti di un gregario responsabile di aver picchiato, arbitrariamente e senza preventiva autorizzazione, un proprio sodale, a causa di incomprensioni sulle modalità di custodia di una partita di narcotico; l’articolata e complessa attività di spaccio posta in essere dall’organizzazione nel quartiere Japigia di Bari, attraverso una folta rete di spacciatori i quali, per la commercializzazione al dettaglio del narcotico si avvalevano di criptiche procedure di comunicazione telefonica, nonché di numerose e sempre nuove utenze telefoniche radiomobili fittiziamente intestate a terzi.

Si è proceduto anche all’esecuzione di sequestri probatori di stupefacente e contestuali arresti di spacciatori, nonché segnalazioni alla Prefettura di assuntori abituali di droga, quale logica attività di riscontro al complesso delle intercettazioni realizzate. Il corposo corredo probatorio raccolto è stato corroborato dalle propalazioni di taluni collaboratori di giustizia, nonché da un’estesa attività di acquisizioni testimoniali da parte di assuntori di stupefacente, acquirenti abituali dei pusher dell’organizzazione. Infine, rispetto al periodo oggetto delle indagini, hanno costituito compendio del quadro probatorio complessivo anche ulteriori risultanze promanate da successive risultanze investigative che, tra il 2017 ed il 2019 hanno dimostrato la piena operatività della consorteria criminale. IN ALTO IL VIDEO

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