“The Irishman”, Scorsese riesce a prendersi “un po’ di tempo in più”

di Roberto di Matteo

Di solito, l’uscita in sala del nuovo film di Martin Scorsese rappresenta un vero e proprio evento istituzionale. Dopo tutte le polemiche per Netflix e l’attesa che ne ha accompagnato gli anni di produzione, questa volta ci si accorge di porsi a confronto con qualcosa di ulteriore; non è solo il ritorno di un maestro, è un’estrema e intima riunione di famiglia.

A ventiquattro anni da Casinò (1995), il trio si ritrova per un ultimo episodio epico sulla mafia italoamericana. Joe Pesci viaggia nei panni di Russel Bufalino sedendo al fianco di Robert De Niro che, nuovamente Irishman come il Jimmy di Quei bravi ragazzi (1990), interpreta Frank Sheeran. La loro è una lunga strada da percorrere sulla scia di Jimmy Hoffa, sindacalista che ha il volto di Al Pacino, la cui parte centrale ha come sfondo i rapporti con la famiglia Kennedy.

Considerando diversi aspetti, The Irishman è un’esperienza attuale che ha come tema centrale il tempo. La divisione del racconto in tre epoche differenti attraverso l’innovativo (e funzionale) ringiovanimento tecnologico degli attori, e la narrazione visiva impregnata dei precedenti analoghi scorsesiani, ne sono i primi sentori. Questi riferimenti, con cui il regista sceglie di coprire una lunga parte, veicolano l’illusione che nulla sia cambiato; mostrano come, attraverso il cinema, tre amici possano modellare le rughe e rendere il passato invariato.

La durata del film (209 minuti), in questo senso, aiuta a comprendere meglio come questa creazione diventi un miraggio. Uscito nelle sale lo scorso 4 novembre (dove sarà proiettato fino al 13 novembre) e disponibile su Netflix a partire dal 27 novembre, The Irishman è un film a cui Scorsese, in passato, avrebbe posto la parola fine molto prima; invece, arrivato a settantasette anni, decide di chiedere allo spettatore ciò che tutti vorrebbero una volta arrivati alla vecchiaia: un po’ di tempo in più. Un po’ di tempo in più per smantellare la sua frenetica costruzione e trasformarla in un lento momento di raccoglimento; un appiattimento dei toni nel quale tre uomini che hanno fatto la Storia del Cinema, con l’eleganza che li contraddistingue, mettono a nudo le loro emozioni davanti al crepuscolo. E proprio nel luogo in cui sono diventati leggenda infrangono il muro cinematografico, mostrando come, infine, sono uguali agli altri, in tutta la loro umanità.

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