Aversa, corruzione al tribunale. Giuliano: “Non sono indagato, lesa mia reputazione”

di Redazione

Aversa – “Pur non essendo indagato ed essendo il nome del sottoscritto apparso tra le carte dell’inchiesta soltanto per un singolo, insignificante, episodio, che non riguarda i reati contestati agli indagati, è stata comunque lesa la mia reputazione”. E’ il commento dell’ex senatore e giudice aversano Pasquale Giuliano in merito ad alcune notizie relative all’inchiesta che, due giorni fa, ha portato il Tribunale del Riesame a disporre gli arresti domiciliari per Enrico Caria, 57 anni, ex giudice della sezione Fallimentare del tribunale di Napoli Nord in Aversa e di quello di Santa Maria Capua Vetere. Misura cautelare che resta pendente in attesa della decisione della Cassazione. Caria, di origini napoletane, è accusato di corruzione su presunti illeciti nell’assegnazione di incarichi a professionisti nominati nell’ambito di procedure fallimentari.

In una lettera, che riceviamo e pubblichiamo, Giuliano, nel dichiararsi estraneo completamente alle vicende collegate all’indagine, spiega: <<Il mio nome, con tanto di foto, è stato accostato all’indagine con frasi come “Giuliano compare nell’inchiesta…”, facendo ritenere al lettore, in maniera suggestiva ed immediata, che sarei in qualche modo “interessato”, “coinvolto” o comunque “toccato” dai fatti di cui alla suddetta indagine romana. Cosa, naturalmente, assolutamente del tutto falsa ma che, nel suddetto rapporto di interazione, nella sua scandalistica, ingannevole e non veritiera proposizione, lede gravemente il mio onore, la mia reputazione e la mia immagine>>.

<<Di certo – continua Giuliano – non sminuisce la gravità dell’apparente, “clamorosa”, “notizia” non corrispondente a verità, il fatto che si dica che non sono indagato e che sono “innocente”, anche se – in maniera anch’essa suggestiva – a tale mio status di innocente viene, in sostanza, aggiunto il pleonastico ed ammiccante aggettivo di “presunto”, che comunemente ed impropriamente, in contrasto peraltro col dettato costituzionale, si accompagna al termine “colpevole”. Né certamente una siffatta gravità viene poi attenuata dalla circostanza che si dica che il mio nome “compare” per un (insignificante) episodio che non riguarda – minimamente ed in alcun modo – i reati contestati agli indagati. Resta, infatti, agli occhi ed alla mente e nel ricordo di chi guarda queste notizie, fermandosi al titolo, all’occhiello, al sottotitolo ed alla foto, grazie alla descritta interazione – vera e propria comunicazione “figurata” -, il suggestivo ma fuorviante, perché inesistente, mio accostamento a vicende giudiziarie che non riguardano in alcun modo, nemmeno lontanamente, la mia persona>>.

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