Falsi prodotti Louis Vuitton, Gucci e altri marchi del lusso: arresti e sequestri nel Napoletano

di Redazione

In carcere, con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata all’introduzione nel territorio dello Stato, produzione, commercio e vendita di merci contraffatte sono finiti S.U., 51 anni, e S.A. 50 anni, S.B., 53 anni, C.A., 52 anni, e S.G., 52 anni, e T.A., 42 anni, mentre ai domiciliari, con l’accusa di ricettazione e cessione di marchi contraffatti, sono finiti G.A., 51 anni, N.E., 46 anni, S.C., 27 anni, M.P., 51 anni e S.G., 52 anni. In esecuzione del decreto di sequestro preventivo del gip di Rovereto (Trento), sono state sequestrate migliaia di euro, sia in contanti sia su conti bancari e carte ricaricabili, corrispondenti ai guadagni ottenuti dal gruppo criminale che saranno segnalati al Fisco in base alle norme sulla tassazione dei proventi illeciti; tutti coloro che hanno acquistato merci contraffatte, una quarantina di soggetti in tutto, sono stati identificati e denunciati per ricettazione.

Nel corso delle quaranta perquisizioni sono stati sequestrati circa diecimila tra capi di abbigliamento (giubbotti, felpe, magliette e maglioni), accessori (scarpe, cinture, borse e borsette) e marchi quali “Moncler”, “Armani”, “Prada”, “Napapijri”, “Woolrich”, “Gucci”, “Fendi”, “Burberry”, “Timberland”, “Dolce &Gabbana”, “Versace”, “Moschino”, “Adidas”, “Luis Vuitton”, Liu Jo”, “Puma”, “Nike” e altri; sono anche stati sequestrati cinque finti “Rolex” di buona fattura, penne e bracciali contraffatti. Al termine delle operazioni sono state smantellate tre fabbriche clandestine, due a Napoli e una a Volla (Napoli), dove sono stati sequestrati sei macchinari e attrezzature, tessili rotoli di pellame serigrafato, punzoni metallici e due cliché (Armani e Louis Vuitton), oltre a ventuno cellulari, due computer portatili e sette carte prepagate su cui far transitare il denaro.

L’attività delle Fiamme Gialle trentine fa parte del complesso di iniziative di prevenzione e repressione che la Guardia di Finanza dispiega a tutela della proprietà intellettuale e dei marchi, per contrastare l’abusivismo commerciale, la vendita di prodotti contraffatti o falsi e la tutela del “Made in Italy”, puntando con le proprie indagini a smantellare la c.d. “filiera del falso” che genera guadagni illeciti e distorce le regole del mercato e della libera concorrenza, mettendo a repentaglio la salute del consumatore con prodotti di provenienza non certificata. I rapporti con S.A. si sono poi interrotti bruscamente nel giugno 2018 a seguito del rifiuto di questi alla richiesta pervenutagli da G.A. di sostituire una borsa “Gucci” contraffatta arrivata rovinata via posta alla cliente finale, che se n’era lamentata con G.A.: questa si è quindi rivolta a una coppia, T.A. (42 anni) e N.E. (46 anni), residenti ad Acerra (Napoli), con precedenti specifici per vendita di prodotti contraffatti, con cui ha proseguito i propri traffici illeciti divenendone socia in affari. T.A. e N.E. si sono rivelati molto più accorti: utilizzavano finti nomi, usavano schede telefoniche intestate a terze persone ed erano in grado di gestire un flusso di capi d’abbigliamento proveniente da Cina, Turchia e Vietnam cui poi apponevano i marchi di alcune delle più note firme, rifornendosi anche di altri capi d’abbigliamento e accessori con marchi contraffatti da un altro gruppo criminale comandato da due campani (S.U., 51 anni e S.A. 50 anni, entrambi di Napoli).

I due gestivano un’organizzazione familiare più ampia, composta da altre sei persone, anch’esse con precedenti penali specifici nel settore del falso (S.C., 27 anni, S.G., 38 anni, S.B., 53 anni, M.P., 51 anni, C.A., 52 anni e S.G., 52 anni), che era in grado di produrre e commercializzare borse di ogni tipo delle più svariate “griffe” di alta moda, acquistando le materie prime, organizzando i turni di lavoro e operando in proprio anche a casa.: il gruppo criminale operava a Napoli, dove disponeva di vari appartamenti e locali, usati per la fabbricazione, deposito e vendita della merce contraffatta, la cui produzione arrivava a 160 “pezzi” al giorno. G.A. gestiva gli ordinativi on-line descrivendo i prodotti, illustrandone le caratteristiche e contribuendo a creare un mercato illecito di più ampie proporzioni: G.A. non vendeva solo a clienti finali, ma anche a soggetti che rivendevano a loro volta i prodotti contraffatti, come ha rivelato il caso di un ragazzo egiziano residente in provincia di Brescia che in una sola settimana aveva acquistato merce contraffatta per circa mille euro; G.A. commercializzava sporadicamente anche Rolex contraffatti, acquistandoli sempre on-line per 500 euro e rivendendoli a circa 900 euro, con un ricarico illecito pari quasi al 100% del costo iniziale. G.A. ricevute le spedizioni da Napoli, contribuiva anche all’attività di contraffazione dei marchi applicandoli personalmente sui capi di vestiario e sugli accessori; in media il prezzo di una borsa contraffatta viaggiava dai 45 ai 65 euro ma con borse di maggior qualità il prezzo giungeva a circa 200 euro; il guadagno mensile netto di tali traffici le fruttava più di 2.000 euro al mese.

La rete di acquirenti, sia privati che commercianti al dettaglio, copriva l’intero territorio nazionale: le perquisizioni hanno interessato dieci Regioni d’Italia, in particolare – oltre a quella di Trento – le province di Milano, Bergamo, Cremona, Venezia, Vicenza, Trieste, Pordenone, Firenze, Roma, Viterbo, Napoli, Caserta, Taranto, Catanzaro, Cosenza, Vibo Valentia e Siracusa. In carcere con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata all’introduzione nel territorio dello Stato, produzione, commercio e vendita di merci contraffatte sono finiti S.U., 51 anni e S.A., 50 anni S.B., 53 anni, C.A., 52 anni e S.G., 52 anni, e T.A., 42 anni, mentre ai domiciliari con l’accusa di ricettazione e cessione di marchi contraffatti sono finiti G.A., 51 anni, N.E., 46 anni, S.C., 27 anni, M.P., 51 anni e S.G., 52 anni. In esecuzione del decreto di sequestro preventivo del gip di Rovereto, sono state sequestrate migliaia di euro, sia in contanti sia su conti bancari e carte ricaricabili, corrispondenti ai guadagni ottenuti dal gruppo criminale che saranno segnalati al Fisco in base alle norme sulla tassazione dei proventi illeciti; tutti coloro che hanno acquistato merci contraffatte, una quarantina di soggetti in tutto, sono stati identificati e denunciati per ricettazione.

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