Altamura, ucciso davanti moglie e figlia: 2 arresti per omicidio Cammisa

di Redazione

Freddato con due colpi di pistola mentre si trovava in casa, nella sua camera da letto, sotto gli occhi terrorizzati della moglie e della figlioletta. I carabinieri della compagnia di Altamura, coordinati dalla Procura di Bari, hanno chiuso le indagini sull’omicidio del 29enne Francesco Cammisa, avvenuto ad Altamura la sera del 16 giugno 2014. In carcere sono finiti Donato Francesco Rinaldi, 59enne, ritenuto a capo dell’omonimo clan operante nell’area murgiana, e Stefano Annoscia, 28enne, entrambi di Altamura, ritenuti rispettivamente mandante ed esecutore materiale del delitto. La sera del 16 giugno 2014, un individuo travisato da passamontagna si era presentato nell’abitazione di Cammisa e, dopo essersi fatto aprire la porta d’ingresso dalla moglie, si era diretto nella camera da letto esplodendo contro la vittima due colpi di pistola calibro 9, mentre Cammisa era sdraiato sul letto in compagnia della figlia, all’epoca di appena cinque anni, divenuta involontariamente testimone oculare dell’efferato fatto di sangue, insieme alla madre.

Le indagini, basate inizialmente sulla testimonianza dei familiari della vittima e condotte anche con l’ausilio di indagini tecniche, hanno consentito di accertare come l’omicidio fosse maturato nel mondo dello spaccio di stupefacenti in cui era coinvolta, oltre gli indagati, anche la vittima. In particolare – hanno ricostruito gli investigatori – Rinaldi, “anche in virtù della sua posizione sovraordinata nell’organizzazione criminale, qualche ora prima del delitto, aveva convocato il Cammisa presso la sua abitazione contestandogli, nel corso di una furibonda lite, sia di aver immesso sul  mercato una partita di marjuana a lui riferibile, svolgendo le operazioni di taglio della sostanza così male da non garantire i guadagni sperati una volta ceduta agli acquirenti, sia  di non aver saldato i debiti pregressi, sempre legati allo spaccio di sostanze stupefacenti”.

Per questi motivi – sostengono gli investigatori – sarebbe maturato in Rinaldi il proposito criminale di eliminare Cammisa. Un ‘compito’ che avrebbe affidato ad Annoscia, poiché quest’ultimo conosceva bene le abitudini della vittima e aveva frequentato spesso la sua abitazione. Il giudice per le indagini preliminari, condividendo pienamente il quadro probatorio delineato dalla Procura che ha diretto e coordinato le indagini svolte dai carabinieri, oltre alla contestazione per entrambi gli indagati del reato di omicidio e detenzione e porto abusivo di pistola, ha riconosciuto l’aggravante mafiosa per le modalità efferate con le quali è stato portato a termine il delitto.

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