Giornata memoria vittime mafia. Don Ciotti: “Serve una rivoluzione culturale”

di Stefania Arpaia

E’ partito da Locri il corteo di celebrazione dell’XXII Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie promosso dall’associazione Libera. A prendere parte all’evento oltre 25mila persone. Immancabile la presenza del presidente dell’associazione, Don Luigi Ciotti, rimasto vittima di scritte offensive comparse lunedì in città, e del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

“Luoghi di speranza, testimoni di bellezza” è lo slogan antimafia in occasione della manifestazione che si svolgerà in contemporanea in 4000 luoghi in tutta Italia. Il tema della giornata mostra l’importanza di saldare la cura dell’ambiente e dei territori con l’impegno per la dignità e la libertà delle persone. Esercitando al contempo le responsabilità di cittadini e abitanti della Terra.

“Oggi a Locri siamo tutti sbirri. Ricorderemo tanti nomi di esponenti delle forze dell’ordine che hanno perso la vita e nessuno li può etichettare e insultare – ha detto don Luigi Ciotti – Ci vuole una rivoluzione culturale, etica e sociale che ancora manca nel nostro Paese perché non è possibile che da secoli ancora parliamo di mafia”.

Il presidente del Senato Pietro Grasso: “Se volevano ottenere un effetto hanno ottenuto quello contrario, cioè di una piena solidarietà da parte di tutta Italia a Libera, a don Ciotti e a questo movimento che è un movimento per la legalità e per l’affermazione della cultura della legalità che non è solo rispetto delle leggi ma la possibilità di andare avanti con principi di solidarietà, e per dare un futuro migliore sopratutto ai nostri giovani”.

“Tutta l’Italia vi deve solidarietà per il vostro dolore, rispetto per la vostra dignità, riconoscenza per la vostra compostezza, sostegno per la vostra richiesta di verità e giustizia. Per questo desidero dirvi che le vostre ferite sono inferte al corpo di tutta la nostra società, di tutta l’Italia”, ha detto il Capo dello Stato Sergio Mattarella rivolgendosi a familiari delle vittime innocenti di mafia.

“Orgogliosa di avere sposato uno sbirro” è la scritta che la vedova del brigadiere Antonino Marino, ucciso a Bovalino il 9 luglio del 1990 ha scritto sulla propria camicia bianca. “Quando ho visto le scritte di ieri mi sono arrabbiata – ha detto la donna – mi si è rivoltato lo stomaco. Da qui l’impulso di fare questa maglietta. Sono moglie e mamma di un carabiniere e oggi mi sento la mamma di tutti i carabinieri d’Italia. Gli sbirri sono persone perbene. Rispetto!”.

Poi in merito alle scritte monsignor Giancarlo Maria Bregantini, arcivescovo di Campobasso, ha commentato: “È molto triste quello che è avvenuto: la mafia è sempre insidiosa, è sibillina, tagliente e approfitta di ogni occasione per mandare i suoi messaggi che sono soprattutto di natura culturale. La forza di don Ciotti è avere difeso la realtà civile e sociale, partendo dalla lotta culturale e religiosa contro il male perciò queste scritte fanno ancora più male e due volte fa male quella contro la residenza del vescovo di Locri, perché in quella terra la Chiesa da sempre e specialmente negli ultimi decenni si è schierata contro la ‘ndrangheta in maniera esplicita e coraggiosa; è diventata un baluardo insieme alla magistratura e ai Comuni: c’è un fronte comune di alleanza e di coraggioso diniego al male in difesa del bene”.

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