Venezia73, Leone d’Oro alle Filippine. Trionfa Italia in sezione “Orizzonti”

di Gaetano Bencivenga

Cala il sipario sulla 73esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia con l’attribuzione dei premi in una sala grande gremita e generalmente concorde con i verdetti espressi dalle diverse giurie.

La serata, condotta con garbo e professionalità dalla madrina Sonia Bergamasco, ha visto alternarsi sul prestigioso palco personalità emergenti e consolidate della Settima Arte contemporanea planetaria regalando uno spettacolo che è filato via senza particolari intoppi e in maniera essenziale. La nota principale da cogliere, al di là di verdetti più o meno giusti, è l’evidente emozione di gran parte dei premiati, questo a dimostrazione del fatto che un riconoscimento rimane pur sempre un atteso responso al proprio impegno, anche se, come tutti ben sanno, il vero Leone l’assegnerà il pubblico in sala andando a vedere i film e, anche, apprezzandoli.

Il compito affidato ai giurati del concorso ufficiale, capitanati dal cineasta Sam “007” Mendes, non appariva facile in un’edizione che ha visto parecchie opere degne di note e di sicuro impatto commerciale. Alla fine, però, l’ha spuntata il solito lungometraggio festivaliero, in questo caso davvero lungo. Ad alzare al cielo il Leone d’Oro è stato, infatti, il regista filippino Lav Diaz, vecchia conoscenza dei circuiti festivalieri, che ha messo d’accordo tutti con il suo “The Woman Who Left”, riflessione fiume (226 minuti!) in bianco e nero su un passaggio epocale della storia del suo paese.

Uno schiaffo, senza dubbio, alla fruibilità da parte degli spettatori e all’armata yankee, che si era presentata in pompa magna e con giustissime ambizioni di trionfo nella kermesse lagunare. Ad ogni modo americana è la medaglia d’argento, il Gran Premio della Giuria, consegnata nelle laboriose ed eleganti mani dello stilista, ottimamente passato dietro la macchina da presa, Tom Ford giunto alla sua opera seconda con il raffinato dramma sentimentale “Nocturnal Animals”. Terzo posto ex aequo ai migliori registi, il russo Andrej Konchalovsky con il surreale “Paradise” e il messicano Amat Escalante con il realistico “La regiòn salvaje”.

Coppe Volpi, meritatissime, agli interpreti maschile, l’argentino Oscar Martinez, eletto quasi a furor di popolo per la magistrale performance fornita nel “Ciudadano Ilustre” di Mariano Cohn e Gastòn Duprat nel ruolo di un premio Nobel per la letteratura che rientra in patria dopo un quarantennio di esilio, e femminile, l’americana Emma Stone, canterina e ballerina aspirante attrice nel musical che ha incantato tutti “La La Land” di Damien Chazelle, Al celebrato “Jackie”, intenso biopic sull’ex First Lady Jacqueline Kennedy, è andato l’alloro per la sceneggiatura di Noah Oppenheim, mentre il Premio Speciale della Giuria e il Prenio “Marcello Mastroianni” per la stella emergente sono stati consegnati, rispettivamente, alla britannica Ana Lily Amirpour, irriverente autrice del thriller distopico “The Bad Batch” e alla tedesca Paula Beer, delicata interprete del dramma bellico “Frantz” di Francois Ozon, entrambi giovanissime.

Il cinema tricolore, per molti, anello debole della competizione, si è, però, preso una bella rivincita nella sezione “Orizzonti”, dedicata alle pellicole particolarmente innovative e sperimentali, grazie al trionfo dell’antropologa e regista Federica Di Giacomo, che con il suo “Liberami”, documentario sull’esorcismo in Sicilia costato tre anni di intensa lavorazione, ha sbaragliato l’agguerrita concorrenza. Leone del Futuro (Premio Opera Prima), intitolato alla memoria di Luigi De Laurentiis, al tunisino Ala Eddine Slim (“The Last of Us”), che ha intascato un premio di 100 mila dollari da condividere con il produttore, mentre miglior restaturo, per la sezione “Venezia Classics”, è risultato l’ingiustamente bistrattato, all’epoca, “Break Up- L’uomo dei 5 palloncini” (1965) di Marco Ferreri.

 

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