Regeni fu preso in piazza Tahrir, la verità al telefono

di Redazione

Giulio Regeni non sarebbe stato sequestrato tra la sua abitazione a Il Cairo e la metro di Dokki, ma in piazza Tahrir. E’ quanto emergerebbe dallo studio delle cellule telefoniche a cui Giulio si sarebbe agganciato il 25 gennaio, giorno della sua scomparsa. E proprio piazza Tahrir quella sera sarebbe stata zona controllata dagli agenti del generale Shalaby, l’uomo che ha fornito più di una versione sul ritrovamento del cadavere dello studente friulano.

Come riporta il quotidiano “La Repubblica”, la zona del sequestro riveste un ruolo fondamentale. Intanto perché sembra dare ulteriore impulso alla tesi del depistaggio da parte delle autorità egiziane (che infatti non hanno mai consegnato le immagini delle telecamere di sicurezza delle stazioni della metropolitana da cui Regeni sarebbe transitato) e inoltre perché il 25 gennaio in piazza Tahrir operava la Sicurezza Nazionale del generale Shalaby che al termine delle operazioni parlerà di “19 egiziani e uno straniero arrestati”.

Nei giorni successivi, emerge che gli stranieri arrestati sarebbero stati due, uno turco e l’altro di imprecisata nazionalità, forse americano. Proprio quest’ultimo, secondo quanto riportato da un giornale locale, sarebbe stato fermato in un caffè e accusato di “incitare a scendere in piazza in occasione della ricorrenza della rivoluzione del 25 gennaio”. Una circostanza importante soprattutto alla luce di quanto emerso con lo studio delle cellule telefoniche, ma anche significativa perché taciuta dagli inquirenti egiziani. Lo straniero fermato era Giulio?

Il generale Khaled Shalaby, capo della polizia di Giza, è l’ufficiale che il 3 febbraio, il giorno del ritrovamento del corpo di Giulio Regeni, parlò prima di “incidente stradale”, poi riporterà il particolare dei pantaloni abbassati e infine riferirà di aver visto il corpo così distrattamente da non aver notato segni di tortura.

Come riporta il “Corriere della Sera”, sta perdendo sempre più pezzi anche la teoria secondo cui Giulio Regeni sarebbe stato ucciso da una banda di rapinatori, in casa di uno dei quali sono poi stati ritrovati i documenti dello studente. “Ce li ha messi la polizia dopo aver ucciso mio fratello, mio padre e mio marito – ha raccontato una parente delle vittime, Rasha -. Lo prova il fatto che il portafogli che mio fratello aveva con sè quando è uscito di casa per poi non rientrarvi mai più, ucciso dalla polizia, è stato ritrovato nella sua abitazione quando gli agenti l’hanno perquisita. E’ tutta una messa in scena”.

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