Grecia, tensione prima del referendum. Varoufakis: “Creditori come terroristi”

di Stefania Arpaia

Atene – Alla vigilia del referendum che chiamerà i cittadini greci alle urne, la tensione è molto alta. La popolazione sembra essere particolarmente combattuta ma soprattutto stremata da un pericolo economico che li fa stare con l’acqua alla gola.

Ad Atene la manifestazione sul voto è degenerata in scontri tra la polizia e un gruppo di manifestanti scesi in strada per sostenere le ragioni del no al piano di riforme per la ristrutturazione del debito. Fermata una persona dalle forze dell’ordine. Si tratta di un antagonista che protestava insieme a un gruppo di altri 10 manifestanti, vestiti di nero, che indossavano caschi per non farsi riconoscere.

Oltre trecento le persone che con volto coperto sono entrate in piazza Syntagma rompendo un cordone di poliziotti. Lanciati diversi lacrimogeni.

Il “si” significherà mantenere la moneta europea e accettare le proposte dei creditori per proseguire il piano di aiuti. “Votare no al referendum non significa creare una frattura con l’Europa – ha dichiarato il premier Tsipras nell’ultimo appello – Significa continuare i negoziati con termini migliori per i greci. Dite no agli ultimatum, ai ricatti e alla campagna della paura. L’unico modo per rendere sostenibile il debito è un taglio del 30% e un periodo di grazia di vent’anni”.

Secondo le ultime stime del Fmi servono almeno altri 50 miliardi di euro per fare fronte al debito.

“Quello che i creditori stanno facendo con la Grecia ha un nome solo: terrorismo – ha detto il ministro delle Finanze greco Yanis Varoufakis in un intervista a “El Mundo” – Quello che posso dire è che tutto quello che sta accadendo in Grecia in questi giorni lo avevano preparato fin dall’inizio, che già 5 mesi fa era pronto un piano per farla finita con un governo che non accettava di farsi ricattare dall’establishment europeo”.

“Quale che sia il risultato del referendum – ha proseguito – lunedì ci sarà un accordo, di questo sono assolutamente sicuro, perché l’Europa ha bisogno di un accordo, la Grecia ha bisogno di un accordo e raggiungeremo un accordo”.

“Qualora dovesse vincere il sì, Atene avrà un accordo non solo cattivo, ma assolutamente nefasto. Nefasto perché insostenibile. Con il no, il premier greco Alexis Tsipras potrà proseguire il negoziato per arrivare ad un accordo migliore, ma non fraintendetemi se vince il no, non avremo un accordo fantastico per niente, ma possiamo arrivare a qualcosa che non è così cattivo come quello che ci propongono”.

Se ci sarà un referendum favorevole che “umilierà i greci”, il ministro ha fatto sapere che si dimetterà. “Non voglio mettere la mia firma su su accordo che sono convinto sia un male per la Grecia e un male per l’Europa. Non sarò complice di questo, no”, ha ribadito. 

“La Grecia – ha concluso – è un esempio per gli altri. Credo che in tutta Europa servano partiti come Syriza e Podemos, partiti critici verso il sistema ma al tempo stesso europeisti e democratici. Quelli che ci odiano ci vogliono dipingere come anti-europei, ma non è vero, non lo siamo”.

Intanto, sul proprio account Twitter ha confermato che l’articolo scritto dal Financial Times, secondo cui i risparmiatori greci potrebbero perdere il 30% dei loro depositi per salvare le banche, “è una calunnia”.

Nel frattempo, un sondaggio citato dal quotidiano Avgi parla del “no” in vantaggio al 43%, con il “sì” al 42,5%. In mattinata, altre fonti locali parlavano di “sì” in recupero al 44,8%, mentre i “no” arretravano al 43,4%. Sembrerebbe che il 74% dei greci voglia restare nell’Eurozona mentre solo il 15% sogni il ritorno alla dracma. 

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