Iraq, il premier al-Maliki si dimette

di Redazione

 Baghdad. Pressato dagli Usa e dalla comunità internazionale, scaricato dall’establishment del suo stesso partito, invitato a farsi da parte persino dalla guida suprema della sua comunità religiosa (gli sciiti), il premier iracheno, Nuri al-Maliki, getta infine la spugna.

L’annuncio è arrivato nella serata di giovedì, per bocca di un portavoce: Maliki si dice pronto a dimettersi e ad appoggiare Haidar al-Abadi, l’uomo incaricato di dar vita ora a un governo di ‘larghe intese’ e di tentare di ricucire quelle divisioni etnico-confessionali che lui era invece accusato d’aver approfondito, favorendo nei fatti l’ascesa dei jihadisti sunniti e la guerra civile che a 11 anni dall’invasione americana del 2003 insanguina l’Iraq più che mai.

“Questa decisione significativa pone le basi per una transizione storica e pacifica del potere in Iraq” ha commentato il segretario di Stato Usa, John Kerry, secondo quanto riferisce una nota della Casa Bianca. “Esortiamo Abdi e tutti i leader iracheni – ha proseguito Kerry – a muoversi rapidamente per completare questo processo, che è essenziale per unire il Paese e consolidare gli sforzi delle diverse comunità contro la minaccia dello Stato islamico”.

“Coerentemente con l’accordo nell’ambito del quadro strategico – ha concluso Kerry – gli Usa sono pronti a collaborare con un nuovo e inclusivo governo per contrastare questa minaccia e incoraggiamo altri Paesi nella regione e la comunita’ internazionale a fare lo stesso”.

Intanto, Barack Obama ha fatto sapere che la possibilità di un nuovo intervento di soldati americani sul terreno, seppur limitato, si allontana. Washington non giudica infatti più necessaria un’operazione per evacuare i profughi Yazidi bloccati sulle montagne intorno a Sinjar (tuttora 4-5.000 secondo il Pentagono), perché, sottolinea il presidente, “è stato rotto l’assedio” cui erano sottoposti dai miliziani dello Stato islamico (Isis).

Ma intanto un drammatico appello è rivolto alla comunitàinternazionale dal presidente della Conferenza episcopale irachena, monsignor Louis Sako, che chiede un intervento per “ripulire da tutti i miliziani jihadisti” la provincia di Ninive e il suo capoluogo Mosul.Un alto responsabile dell’Isis, nel frattempo, ha confermato alla Cnn che i jihadisti tengono prigionieri almeno cento fra donne e bambini Yazidi, rapiti una settimana fa a Sinjar quando i combattenti sono entrati, “uccidendo un alto numero di uomini”. “Posso confermare che sono stati portati a Mosul e che li convertiremo all’islam”, ha aggiunto.

Un centinaio di marines e uomini delle forze speciali americane hanno compiuto da parte loro una sortita sulle montagne intorno a Sinjar la notte scorsa per valutare la situazione dei rifugiati Yazidi intrappolati nella regione. Il presidente Obama ha detto che i profughi non sono più sotto l’assedio dei miliziani dell’Isis, grazie anche ai raid Usa, e che migliaia di loro continuano a lasciare la zona ogni notte, aiutati dai miliziani curdi. Per questo non sarà necessario un intervento sul terreno per la loro evacuazione, anche se gli americani, ha precisato Obama, continueranno i bombardamenti per “proteggere i civili e il personale americano”. Sono invece destinate a diminuire le missioni per il lancio di aiuti ai profughi Yazidi, ai quali hanno cooperato aerei britannici.

La Francia comincerà frattanto ad inviare “armi sofisticate” ai combattenti curdi dalle prossime ore, ha annunciato il ministro degli Esteri Laurent Fabius. Mentre l’esercito tedesco inizierà domani il trasporto di attrezzature militari e aiuti nel nord Iraq, compresi quattro aerei Transall. Ma l’Ue deve mettere a punto una “azione comune e coordinata”, ha osservato la responsabile della Farnesina, Federica Mogherini, alla vigilia della riunione straordinaria di Ferragosto dei ministri degli Esteri europei a Bruxelles.

Scrivici su Whatsapp
Benvenuto in Pupia. Come possiamo aiutarti?
RedazioneWhatsappWhatsApp
Condividi con un amico