Camorra, il boss Michele Zagaria catturato dopo 16 anni di latitanza

di Redazione

Michele Zagaria Michele ZagariaCASAPESENNA. Michele Zagaria, il boss latitante del clan dei Casalesi, ricercato da 16 anni, è stato catturato a Casapesenna, nel casertano. Era nascosto in un bunker.

La “primula rossa” èfinita in manette alle 11.30 di mercoledì mattina, in un’operazione congiuntadella squadra mobile di Napoli e di Caserta, del Servizio centrale operativo, coordinati dallaDirezione distrettuale antimafia di Napoli. L’ultimo grande capo del clan casertano è stato scovatoin un covo situato in via Mascagni, nel cuore di Casapesenna, già individuato nei giorni scorsi. Al momento dell’arresto il boss è stato colto da un malore ed è stato soccorso da un’ambulanza. Il boss ha lasciato il covo alle 13, a bordo di un’auto con i vetri oscurati per essere accompagnato in Questura, a Caserta. Poi è stato trasferito in Questura a Napoli.

Il blitz è scattato intorno alle 3 del mattino, poi, una volta accertata la presenza del latitante nell’abitazione, le forze dell’ordine hanno avviato una trattativa, durata un’ora, fino alla resa. “Non sparate, non sparate”, queste le prime parole del superboss, che si nascondeva sotto cinque metri di cemento armato, tra il pavimento dell’abitazione e un bunker sotterraneo. “Avete vinto voi, ha vinto lo Stato”, ha detto ironico.

L’abitazione è di Vincenzo Inquieto, detto “Enzo il tubista”, la cui moglie, che era In casa, è stata arrestata.Si tratta di uno dei fratelli Inquieto, famiglia di Aversa che lo scorso anno si era vista perquisire dalla squadra mobile di Napoli, un negozio e un’abitazione alla ricerca di un covo riconducibile a Zagaria. Fu sventrato l’intero negozio ma del boss e di un bunker nessuna traccia. Tuttavia, l’intuizione degli inquirenti della vicinanza di questa famiglia a Zagaria si è poi rivelata corretta.

Entusiasmo tra le forze dell’ordine presenti che hanno cominciato ad abbracciarsi e a scandire slogan. Prima di individuare il covo del boss, sono state eseguite centinaia di perquizioni in case private. Sul posto il procuratore capo della Dda di Napoli, Federico Cafiero De Raho.

I POLIZIOTTI INNEGGIANO A PISANI. All’uscita del boss dalla Questura di Caserta un coro di poliziotti che gridava, scandendo a ritmo da stadio, il nome dell’ex capo della Squadra Mobile di Napoli Vittorio Pisani.Sembra sia stato proprio Pisani a mettere le manette al polso del boss. Il vicequestore dallo scorso 30 giugno risulta indagato con richiesta di rinvio a giudizio dei pm partenopei nell’ambito di un’inchiesta condotta dalla Procura di Napoli su presunti legami tra camorra e imprenditori di ristoranti considerati macchine di riciclo di denaro sporco. Pisani, attualmente allo Sco di Roma, è stato allontanato dal suo ufficio di via Medina lo stesso giorno in cui scattarono gli arresti dell’operazione “Megaride”. Per lui l’accusa fu di favoreggiamento e gli fu vietata la dimora a Napoli e provincia. Ora riappare protagonista dell’arresto di uno dei più pericolosi boss della camorra casalese. Non ha potuto partecipare alla conferenza stampa, ma ha potuto festeggiare con i suoi vecchi compagni della squadra mobile. Pisani aveva guidato le indagini dell’arresto dell’altro boss della camorra casalese Antonio Iovine.

IL PROFILO DEL BOSS. 53 anni, nato il 21 maggio 1958, Zagaria, soprannomianto “Capa storta”,era ricercato dal 1995, per associazione di tipo mafioso, omicidio, estorsione, rapina ed altro. Dall’8 febbraio 2000 erano state diramate le ricerche in campo internazionale, per arresto ai fini estradizionali. La sua specializzazioneè il settore edile edè accreditato di grande capacità manageriale. E’ stato in grado di mettere insieme, in un giorno di chiusura delle banche, 500 mila euro per l’acquisto di un immobile a Parma. Le sue imprese casertane sono riuscite ad imporsi sul mercato nazionale non solo praticando prezzi concorrenziali ma anche garantendo costantemente sui cantieri uomini e mezzi e tempi ridotti per la realizzazione delle opere. In uno dei processi che lo hanno visto imputato, è stato condannato a 3 anni e 4 mesi di reclusione anche il suocero di Pasquale Zagaria, Sergio Bazzini, imprenditore di Parma del settore del cemento, con interessi a Milano, Parma e Cremona. Gli investigatori ritennero Bazzini – del quale Zagaria aveva sposato la figliastra – una testa di legno del boss per controllare gli interessi del clan tra Emilia Romagna e Lombardia.

Video e foto di Franco Spinelli e Stefano Damiano

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