“Gesu’ e’ più forte della camorra”, il libro di Don Aniello Manganiello

di Redazione

Don Aniello ManganielloSANTA MARIA CV. Alla Libreria Spartaco – Interno4 di via Martucci si è tenuta la presentazione del libro di don Aniello Manganiello, “Gesù è più forte della camorra”, scritto con la collaborazione di Andrea Manzi, ex redattore capo de “Il Mattino” di Napoli e vicedirettore del “Roma”, …

… i cui proventi andranno in beneficenza per il “Centro Don Guanella” di Scampia-Miano e per la costituzione di un fondo per le famiglie povere. Quella della promozione di libri attraverso gli incontri con i vari autori, è una buona abitudine che la libreria sammaritana, che è anche casa di produzione, ha sviluppato nel corso del tempo, creando un rapporto stabile tanto che, nell’accogliente libreria, il lettore – consumatore si trasforma in un amico.

Il nuovo ciclo si è aperto con la presenza di don Aniello Manganiello, “il prete di strada”, che ha presentato il libro in cui si narra il segmento della sua vita che gli ha dato una grande esposizione pubblica: i suoi sedici anni da superiore e parroco di Scampia. Già al primo sguardo padre Aniello da l’impressione di essere sui generis nell’esercizio della sua missione evangelica. Un paio di sneakers ai piedi, aspetto non curato e risposta franca: spiega subito che nonostante questa sia la sua quarantaseiesima presentazione, il suo libro è ecclesiasticamente “illegale” in quanto, non avendo il nulla osta in tema di teologia e morale, non doveva essere pubblicato.

La sua storia comincia quando, da un quartiere di lavoratori come quelli del rione Trionfale a Roma, viene trasferito a Scampia presso la parrocchia di Santa Maria della Provvidenza che si trovava all’interno del Centro Don Guanella.

Don Aniello, campano di nascita, uomo pratico proveniente da una famiglia non certo agiata vive con grande apprensione e poi voglia di abbandono quella zona che da sempre è considerato territorio di manovalanza camorristica. Nonostante questo, si mette all’opera soprattutto per i giovani, figli dei camorristi e non. Abbatte il muro di cinta del centro Don Guanella, quasi un diaframma tra la Chiesa e la comunità, sta vicino ai tossicodipendenti e raccoglie fondi per campi di calcio dove ragazzi, la cui vita conta per la società meno di zero, vengono sottratti alla strada ed educati ai principi di legalità.

 E’ in prima linea inoltre, sulle barricate quando il comune dopo aver regolarizzato automaticamente l’abusivismo nelle “Vele” decide per lo sfratto coatto e così distrugge quella barriera di ostilità e di diffidenza della comunità nei suoi confronti. Certo, il suo essere in prima linea spostandosi a piedi perché “in macchina non puoi verificare se il tuo passo è cadenzato su quello dei ragazzi”, lo espone anche a rischi. Furti addirittura nella canonica, richiesta di tangenti per le opere del Centro e minacce alla sua persona in particolare da clan come i Lo Russo. Tuttavia, quello che più gli crea problemi è il suo attivismo mediatico. Si scaglia contro la giunta Bassolino prima e Iervolino poi, che riduce gli stanziamenti economici per i ragazzi disagiati. Cercato da numerosi programmi televisivi denuncia la collusione della polizia, i posti dello spaccio, il clientelismo e il disinteresse del comune, ed in ultimo la mancata partecipazione alla sofferenza dei suoi figlioli della Chiesa e della curia napoletana in particolare.

Questa ,è rea di millantare vicinanza agli ultimi e poi non scendere dal pulpito, accusa fatta in particolare al cardinale napoletano Crescenzio Sepe, che da allora con don Manganiello aprirà una faida intestina al clero. La storia di don Aniello va letta anche come quella di un uomo tormentato dal suo trasferimento presso la prigione dorata di una parrocchia romana borghese dopo 16 anni di denunce, di lotte, ma anche di straordinarie conversioni.

Il primo obiettivo di don Aniello è quello di recuperare l’uomo: pusher, tossicodipendente o camorrista. Tutto ciò provoca un profondo cambiamento in lui che gli impedisce di riprendere la sua missione e si concede un anno sabbatico. Tra le domande da noi poste ci ha colpito la conferma dell’abbandonano dei cittadini dovuto all’assenza totale delle istituzioni. In tal senso la povertà, l’abbandono ed il degrado non giustificano la delinquenza ma nell’assenza di lavoro, di opportunità di futuro la camorra trova terreno fertile, offrendo soldi facili a ragazzini che in cambio cedono loro la vita.

Sul suo avvicendamento così repentino dal Centro di Scampia gli abbiamo chiesto quale fosse stata la matrice o meglio visto chi ha operato maggiori pressioni perché ciò accadesse. Don Manganiello spiega che il mandato è durato comunque 16 anni in quanto, paradossalmente, la stessa comunità anche camorristica ha fatto quadrato attorno alla sua figura, volendo affidare alla sua comunità i propri ragazzi affinché non ripercorressero gli stessi passi dei loro padri e lui indiscutibilmente ha operato miglioramenti sostanziali per tutta loro. Tuttavia, quando le sue denunce hanno valicato il commissariato di zona, e sono divenute “bombe” mediatiche contro amministrazione pubbliche, collusioni camorristiche ed irresponsabilità ecclesiastica soprattutto, la sua opera è stata ghettizzata e marginalizzata.

L’ultima domanda riguarda come nelle migliori tradizioni la prospettiva futura: cosa sarà di don Aniello nel febbraio 2012 alla fine del suo anno sabbatico? La Chiesa e la comunità vogliono dissipare il patrimonio di esperienza e di risultati che quest’uomo ha faticosamente accumulato nel recupero sociale dei giovani dalla camorra? don Aniello confessa che per lui si paventerebbe un incarico presso la diocesi romana nella Caritas oppure potrebbe essere richiamato dalla sua Congregazioni per affidargli “compiti non ancora definiti”.

Ma la vocazione evangelica del coraggioso padre è quella di operare sul campo, in prima linea come potrebbe essere in una realtà disagiata nel nolano. Oppure la possibilità offertagli dalla Figc di operare in una struttura calcistica a Secondigliano, su beni sequestrati alla camorra, dove c’è il progetto di istituire un centro educativo e pastorale in cui l’opera di don Manganiello potrebbe essere la continuazione di quella di Scampia. Dovrà don Aniello piegarsi al voto di obbedienza o la Chiesa si deciderà a scendere tra il suo popolo per ascoltarlo?

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