Appalti G8, chiesto rinvio a giudizio per Bertolaso e 18 indagati

di Redazione

Guido BertolasoROMA.I pm di Perugia hanno chiesto il rinvio a giudizio per l’ex capo della Protezione Civile, Guido Bertolaso, e altri 18 indagati, tra cui il costruttore Diego Anemone, nell’inchiesta sugli appalti del G8.

La richiesta di rinvio a giudizio riguarda anche 11 società. Hanno invece chiesto il patteggiamento, con il consenso dei pm, l’ex procuratore aggiunto di Roma Achille Toro e il figlio Camillo, accusati di rivelazione di segreto di ufficio, e l’architetto Angelo Zampolini, per riciclaggio di denaro destinato all’acquisto di alcune abitazioni. Istanza ora al vaglio del gip.

Per Toro e il figlio è stata inoltre chiesta l’archiviazione dell’accusa di corruzione. In base all’iniziale ricostruzione accusatoria, Achille Toro aveva ricevuto presunte utilità destinate ai figli per compiere atti contrari ai suoi doveri d’ufficio. In particolare, per favorire Diego Anemone e Angelo Balducci. Dall’indagine, però, non sarebbe emerso cosa l’ex magistrato abbia ricevuto.

Secondo l’accusa, emerge la “prova incontrovertibile dell’asservimento della pubblica funzione” di Bertolaso. Le presunte utilità ricevute dall’ex sottosegretario (accusato di corruzione) e gli atti al centro degli accertamenti sarebbero inquadrabili anche in un’ottica di “protezione globale”. Facendo riferimento alla versione difensiva dell’ex sottosegretario, i pm rilevano che “se si può convenire sulla circostanza che questi non abbia approvato almeno formalmente e direttamente atti aggiuntivi, tuttavia la condotta corruttiva emersa nella fase delle indagini si colloca nell’alveo giurisprudenziale che riconosce l’addebito nell’avere accettato promesse e ricevuto utilità in modo unitario, nel senso della riconducibilità delle stesse alla medesima fonte, anche in funzione di una pluralità di atti da compiere, per cui il reato si configura come una condotta pressoché unitaria, pur in presenza di una pluralità di utilità che realizzano solo elargizioni già tacitamente convenute”.I pm parlano anche di “sistematica violazione delle regole che caratterizzava la gestione dei cosiddetti Grandi eventi”. E ritengono poi che “la scelta della procedura d’urgenza e di una determinata impresa per effetto della ricezione o della promessa di denaro o di altre utilità integra la violazione di doveri d’ufficio, che impongono la disinteressata valutazione della situazione concreta”.

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