“Gabbie salariali”, no di opposizione e sindacati

di Redazione

Silvio Berlusconi e Umberto BossiROMA. Il tema delle “gabbie salariali” infiamma il dibattito politico di agosto. La proposta della Lega, rilanciata anche dal premier Silvio Berlusconi di livellare i salari al costo della vita sul territorio, provoca qualche malumore nella maggioranza e dure critiche di opposizione e sindacati.

Il presidentedei senatori delPdl, Maurizio Gasparri, afferma che “il termine gabbie salariali va tolto dal dibattito perché ingenera equivoci e giustamente si presta a polemiche”. “Il programma per il Sud che stiamo mettendo a punto – aggiunge – deve lasciare spazio alla flessibilità contrattuale, affinché si tenga conto dei livelli di produttività e del costo della vita”. Anche Daniele Capezzone, portavoce del Pdl, sottolinea che “più di qualcuno, nell’opposizione, fa finta di non capire, ed evoca il fantasma delle gabbie salariali, cioè di differenze salariali stabilite per legge. Non è questo il modello perseguito dal Governo, dalla maggioranza e da Silvio Berlusconi, che invece da mesi (si pensi all’accordo siglato all’inizio dell’anno per la riforma dei contratti) indicano un percorso diverso: quello di un progressivo superamento del contratto nazionale (modello obsoleto, difficile da rinnovare, con trattative estenuanti e attese inaccettabili per milioni di lavoratori) a beneficio di contratti più legati al territorio e all’azienda, e con un forte rapporto tra aumenti salariali e produttività”.

Al Tg di La7il ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, dice: “No alle gabbie salariali se queste sono intese come una discriminazione nei confronti del Sud d’Italia. Sì ad una contrattazione che tenga presente la produttività e la vicinanza al territorio dello stipendio delle persone”.Sempre dalla maggioranza,Raffaele Lombardo, presidente del­la Regione Sicilia e leader dell’Mpa la ritiene un’idea sbagliata, Silvio segue la Lega”.

Mentre dall’opposizione, durala posizione del leader dell’UdcPier Ferdinando Casini: “Bisogna riconoscere che Berlusconi è un grande venditore e questa estate è impegnato a vendere ancora la sua propaganda agli italiani. Ma oggi la campagna elettorale è finita, mentre restano da risolvere ancora molti problemi. La Lega sta determinando la politica del Governo, dalle ronde alle gabbie salariali, ai dialetti, alle bandiere regionali, tutto quello che fa questa maggioranza, lo fa perché lo vuole la Lega. Bisogna bloccare questa deriva e pensare di più ai problemi degli italiani”.

Dal Partito Democratico, il responsabile Mezzogiorno Sergio D’Antoni commenta: “La proposta del premier sulle gabbie salariali è sbagliata e schizofrenica. Com’è possibile che dopo aver concluso un accordo per la riforma della contrattazione in cui si dà grande autonomia alle parti sociali, ora voglia imporre dei limiti salariali per legge?.Il nucleo della questione è comunque un altro. Nel mezzogiorno la stragrande maggioranza delle famiglie può contare su un solo reddito e i salari sono in media più bassi del 30% rispetto al nord. Le gabbie salariali nel Sud è come se esistessero già, ma hanno solo un nome diverso: disoccupazione”.

Per il leader dell’Idv Antonio Di Pietro “le gabbie salariali sono una soluzione ad effetto che fa esclusivamente appello al senso comune di chi, vivendo al Centro-Nord ed essendo stato almeno una volta nel Meridione, ha constatato che un piatto di lenticchie costa tre euro invece di cinque. Una soluzione demenziale ad un problema importante, quello salariale, che vede l’Italia agli ultimi posti per livelli retributivi in Europa. Abbiamo gli stipendi più bassi del Continente e mettiamo sul tavolo la discussione di come ridurli invece che aumentarli: direi che è il modo più demenziale per risolvere il problema”.

Ad esprimersi anche i sindacati, contrari all’iniziativa. Secondo la Cgil con la reintroduzione delle gabbie salariali i lavoratori “pagherebbero la debolezza del Paese”. “Il lavoro è uguale e dunque deve essere pagato ugualmente in Italia ovunque” afferma all’Agi la segretaria confederale Morena Piccinnini. Riguardo al Mezzogiorno, “bisogna considerare di più e meglio quel lavoro che invece oggi è profondamente sottovalutato da tutto il sistema delle imprese che scaricano sui lavoratori la loro debolezza in termini di progettazione e capacità di stare sul mercato”.

Il segretario della Uil, Luigi Angeletti, ritiene che “le gabbie salariali sono una stupidaggine non condivisa da nessun imprenditore né dalle loro associazioni. Un’idea che si applicava in Italia e in Urss negli anni ’50: due esperienze che si sono estinte negli anni ’90 positivamente nel nostro Paese e in ben altro modo nell’Unione sovietica. Nessuno riesce a dire come potrebbero essere applicate”. Angeletti boccia anche l’opzione di una scala mobile a doppia velocità. “È anche questa una stupidaggine perché il salario e le retribuzioni compensano il lavoro come si fa e non dove si fa. Non c’è nessun imprenditore italiano o associazione di imprese favorevole a un’idea del genere e un motivo, evidentemente, ci sarà”.

No anche dalla Cisl che, attraverso il segretario Raffaele Bonanni in un’intervista rilasciata a ilsussidiario.net, afferma: “Se pensassimo davvero di stabilire i salari per legge sarebbe un ritorno all’Unione sovietica, scavalcando le parti sociali proprio dopo aver definito il nuovo impianto contrattuale che dà forza alla contrattazione locale e aziendale. Non è una proposta seria”.

Per il segretario generale dell’Ugl, Renata Polverini, le gabbie salariali “sono un errore, servirebbero solo a penalizzare ulteriormente il Sud”.

Di parere diverso, invece, il segretario della Cgia di Mestre, Giuseppe Bortolussi, secondo il quale le gabbie salariali esistono già perché i lavoratori del Nord guadagnano mediamente il 30% in più dei colleghi del Sud. “Se venissero reintrodotte per legge – afferma – avvantaggerebbero i lavoratori meridionali. Infatti, se teniamo conto che la Banca d’Italia ha dichiarato nei giorni scorsi che il costo della vita è del 16% circa superiore al Nord rispetto al Sud, l’introduzione delle gabbie salariali dovrebbe, quindi, far recuperare ai lavoratori dipendenti del Mezzogiorno un differenziale oggi esistente con quelli del Nord di circa 14 punti dato dalla differenza tra i maggiori livelli medi salariali e il maggior costo della vita presenti nel settentrione”.

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