Il pentito Diana: «Lo volevamo far investire simulando un incidente»

di Redazione

Casal di PrincipeCASAL DI PRINCIPE. Prima gli fecero capire di non gradirlo come sindaco gettandogli davanti al portone di casa alcuni quintali di sterco di bufala, poi progettarono un agguato mortale pensando a un investimento simulato con un’auto guidata da un immigrato che doveva risultare ubriaco (piano che non andò a buon fine) e, alla fine, decisero di «impallinarlo» politicamente.

È quanto racconta il pentito Luigi Diana (che parla di «Sandokan» come «vero sindaco di Casal di Principe») a proposito di Renato Natale, ex primo cittadino di Casale negli anni Novanta e attuale referente dell’associazione «Libera» in Campania. La circostanza emerge da alcune dichiarazioni del collaboratore confluite nell’inchiesta «Spartacus 3», sfociata nelle ultime ore in centinaia di arresti. Stando a quanto racconta Diana in alcuni interrogatori compresi tra luglio e settembre di tre anni fa, fu indetta una riunione nelle campagne di Casale su indicazione di Francesco Schiavone «Sandokan». Portavoce del boss – durante l’incontro al quale parteciparono altri esponenti del clan – furono il cugino omonimo detto «Cicciariello» e il fratello Walter. «Tutti – racconta il pentito – evidenziarono che sarebbe stato troppo eclatante commettere l’omicidio di Natale in modo plateale in quanto si sarebbe subito pensato al nostro coinvolgimento. Bisognava, invece, farlo morire facendo pensare ad un incidente. In particolare si pensò che bisognava sfruttare l’abitudine di Natale, ecologista convinto, di girare in bicicletta la domenica a Casal di Principe, circostanza che io stesso avevo notato. Si pensò di farlo investire a tutta velocità da un albanese che doveva sembrare ubriaco, facendogli bere qualche bicchiere di vino e facendogli trovare in macchina anche delle bottiglie di prodotti alcolici. Doveva sembrare un incidente causato dall’eccesso di alcol di un automobilista, per di più albanese». Un piano che non ebbe mai concreta attuazione in quanto – riferisce il pentito – non si trovò la persona adatta per il delitto. Ma il clan pensò di far cadere politicamente Natale – dice il collaboratore – «impallinandolo» politicamente. «Alla prima occasione, infatti – prosegue Diana – i nostri infiltrati gli votarono contro e lo costrinsero alle dimissioni o qualcosa del genere. Io stesso per creare i presupposti politici sui quali poi doveva poggiare la sfiducia dei consiglieri comunali, organizzai e partecipai ad alcune manifestazioni di protesta contro il sindaco che – avendo ben compreso che la squadra di calcio ”Albanova” era cosa nostra, o meglio era «roba di Walter Schiavone e Sebastiano Ferraro – aveva cominciato a tagliare i sovvenzionamenti alla squadra». Il pentito racconta infine di aver assistito a una discussione tra Walter Schiavone e Gianfranco Corvino, durante la quale il primo chiedeva di organizzare un voto di sfiducia contro Natale, mentre Corvino avrebbe tentennato indicando in un «casus belli» a giustificazione del voto contrario.

Il Mattino

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