Inchiesta de L”Espresso sull”emergenza rifiuti

di Nicola Rosselli

rifiuti in stradaAVERSA. “Tra una chiacchiera e molti funerali, stiamo assistendo a un immane esperimento sulla specie umana in cui gli uomini sono insieme cavie e spettatori. Nessuno sa come andrà a finire”. Parole agghiaccianti. Ancora di più se pensiamo che si parla del nostro territorio.

A pronunziarle, sulle pagine di uno degli ultimi numeri de “L’Espresso”, Patrizia Gentilini, ematologa, dell’associazione Medici per l’Ambiente, che ha parlato anche di “pandemia silenziosa”. E’ quasi inutile dire, perché i lettori di Pupia lo avranno già capito, che si parla dell’agro aversano e della relativa gravissima situazione ambientale che l’affligge. E la prima cosa che ci viene in mente è che solo gli abitanti della nostra zona (soprattutto i politici) non abbiano ancora intuito il dramma che la popolazione dell’agro sta vivendo in questi anni.

“Anche risiedere in alcune zone della Campania – scrive il giornalista de “l’Espresso” Emiliano Fittipaldiè un terno al lotto. Un rapporto firmato dall’Oms, il Cnr e l’Arpa regionale ha analizzato la correlazione tra mortalità, malformazioni congenite e l’esposizione della popolazione alle sostanze tossiche sprigionate dallo smaltimento dei rifiuti pericolosi. Bacoli, Giugliano, Acerra, Caivano, Villa Literno, Castelvolturno, Aversa e Marcianise sono stati catalogati, per la presenza di discariche abusive, a rischio elevato (livello 5). Luoghi dove è facile ammalarsi di tumore e dove alcune malformazioni al sistema nervoso centrale e all’apparato urogenitale sfiora un incremento probabilistico dell’80% rispetto ai comuni più sicuri”.

Un altro riferimento ad Aversa Fittipaldi lo fa quando riporta una dichiarazione di una nostra vecchia conoscenza, il professore Vincenzo Pepe, che è stato presidente del Consorzio GeoEco, il quale ha affermato: “Quando ero presidente del Consorzio dei rifiuti a Caserta (il GeoEco, n.d.r.) ho chiesto la tracciabilità della diossina e degli altri inquinanti. Ho subito minacce, mi hanno lasciato solo e mi sono dovuto dimettere”.

Nell’articolo si parla anche dell’Asl Ce1 e della vicina Marcianise. L’impressione è che in questa zona siano stati superati anche i livelli della famigerata zona A di Seveso ai tempi della fuoriuscita di diossina dai silos dell’altrettanto famigerata Icmesa. La questione è seria, ma sembra che ad accorgersene siano gli altri e non noi. A questo punto, anche a causa dell’inerzia dei politici, dovranno essere i cittadini a chiedere lo stato di disastro ambientale. Prima che sia troppo tardi. O forse già lo è?

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