Dini molla il Partito Democratico

di Antonio Taglialatela

Lamberto DiniLamberto Dini, assieme ai suoi parlamentari, non aderirà al Partito Democratico. Per l’ex presidente del Consiglio il nuovo soggetto politico sarà “egemonizzato” dai Ds e dei Popolari, senza spazio per le idee liberali.

“Il Pd guarderà a sindacati e cooperative, mentre noi guardiamo al lavoro autonomo, ai professionisti, al lavoro non sindacalizzato”, afferma Dini, che aggiunge: “Delle venti regioni italiane tredici saranno guidate dai Ds e sette dai Popolari. Nella lotta che esiste sul territorio fra Ds e Popolari vengono schiacciate tutte le altre identità politiche. Non chiediamo posti. Io ad esempio sono stato iscritto come capolista in un collegio della Toscana ma ho detto no e nessuno dei presenti parteciperà alle cosiddette primarie anomale del 14 ottobre dove non si potrà votare per il candidato premier ma soltanto per le liste preconfezionate dai partiti”. Sotto il profilo prettamente politico, secondo l’ex premier “il Pd avrà come riferimento internazionale soprattutto quello dell’Internazionale Socialista perché il Partito Democratico Europeo, a cui hanno lavorato Prodi e Rutelli, è rimasto solo sulla carta, è stato creato senza contenuti e senza seguito”.

E alle domande dei giornalisti che hanno chiesto se dietro tale scelta ci sia la “longa manus” di Silvio Berlusconi, Dini smentisce: “Berlusconi non c’entra niente”. Anzi, ribadisce di “restare nel centrosinistra, augurandosi di poter continuare a sostenere il governo”. E ritiene Walter Veltroni “l’uomo giusto” per guidare il Pd.

A questo punto, il “Rinnovamento Italiano” di Dini, scomparso dalla scena all’indomani della nascita della Margherita, ritorna in prima linea. Per il prossimo 7 ottobre è in programma una grande manifestazione dove Dini illustrerà il suo programma politico, articolato in 12 punti, di stampo liberal-democratico, “così – spiega l’ex premier – come impone l’attuale livello di economica globalizzata”. Un dodecalogo che sembra tratto dall’Agenda di Lisbona, condivisa sia da Veltroni che dai partiti della Casa delle Libertà, nel quale si parla di allungamento dell’età pensionabile per uomini e donne, di maggiore liberalizzazione del mercato del lavoro sulla scia del pacchetto Treu, di un alleggerimento fiscale, del taglio della spesa corrente attraverso tagli alle Provincie, riduzione del numero dei parlamentari e superamento del bicameralismo perfetto.

Ed ora c’è già chi comincia a fare i conti sull’approvazione della legge finanziaria, il cui iteri parlamentare partirtà dal Senato, dove Rinnovamento Italiano può contare sui voti dello stesso Dini e di Natale D’Amico. Due voti che assicurano la maggioranza al centrosinistra. Due voti “pesanti” che non è ancora certo quale direzione prenderanno: infatti, come annuncia Dini, se il Protocollo sul Welfare entrerà in Finanziaria e sarà modificato, Rinnovamento non voterà a favore, nemmeno in caso di richiesta di fiducia. Intanto, la Presidenza del Consiglio plaude alla scelta di Dini di continuare a sostenere la maggioranza. Apprezzamento anche dal centrodestra per la “coerenza” dimostrata dall’ex premier.

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