Tracollo finanziario per l’imprenditore D’Ambra, ancora in cella

di Redazione

Tribunale Santa MariaSANTA MARIA C.V. Si conoscerà tra una settimana, con molta probabilità, l’esito dell’udienza di appello che vede ancora una volta l’ex sindaco di Orta di Atella, Angelo Brancaccio, davanti ai giudici del Tribunale del Riesame.

Ieri, la prevista udienza che doveva tenersi davanti al collegio del Tribunale della Libertà, è stata spostata di una settimana a causa del mancato deposito delle motivazioni da parte dell’ottava sezione (presidente Gianpaolo Cariello) che, quasi un mese fa, emise i diversi provvedimenti nei confronti dei ricorrenti. Decisioni Ortache portarono agli arresti domiciliari alcuni indagati, tra cui lo stesso Brancaccio, ma che confermarono anche la restrizione in carcere per altri. In particolare, l’udienza in calendario ieri davanti al Riesame, era nata dall’impugnazione, da parte dei pm Alessandro Cimmino e Luigi Landolfi, del provvedimento con il quale il gip Paola Piccirillo aveva respinto l’arresto per Brancaccio in relazione al solo capo di associazione a delinquere. Reato, secondo l’accusa, sussistente tanto da portare i pm a presentare appello al Riesame. Intanto, aspetta di conoscere le motivazioni che hanno confermato gli arresti in carcere anche l’imprenditore Antonio D’Ambra, detenuto dallo scorso 8 maggio, la cui posizione si sovrappone quasi totalmente a quella di Brancaccio. L’imprenditore, difeso dall’avvocato Vittorio Giaquinto, sta apprendendo in carcere delle conseguenze negative sulla sua attività imprenditoriale a seguito dell’arresto: revoca dei fidi bancari e delle autorizzazioni ministeriali, impossibilità di proseguire i lavori avviati anche per la realizzazione di edifici pubblici e maestranze in sciopero per la mancata erogazione delle spettanze. D’Ambra aveva voluto raccontare al pm Landolfi l’altra faccia della sua vicenda personale, quella che gli è costata l’accusa di estorsione e di calunnia. « Non fui io a chiedere a Brancaccio di intervenire nella questione tra me e Francesco Del Prete, che invece lui conosceva bene – aveva spiegato – e non conosco le ragioni del suo intervento. So, invece, che pagai per quello sconfinamento sulla terra di Del Prete: ventimila euro, tutti con assegni. Pagamento che consideravo e considero ancora oggi un’estorsione».

Il Mattino (BIAGIO SALVATI)

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