Aversa tra le città italiane più densamente abitate: e qualcuno pensa ancora al cemento

di Antonio Arduino

Aversa (Caserta) – Navigando sul web mi sono reso conto del perché Aversa non riesca ad uscire da certi stereotipi che la stanno condannando ad essere una città invivibile, quali sono il traffico, la scarsa qualità dell’aria, l’igiene urbana, l’assenza quasi totale di verde, la disoccupazione. Problemi che nessuna amministrazione potrà mai risolvere senza un totale cambio di marcia da parte della cittadinanza che non sembra molto propensa a far decollare la città per inserirla fra quelle in cui sarebbe piacevole vivere.

La causa di questo progressivo deterioramento delle condizioni di vita ad Aversa e della sua inesorabile discesa verso il basso nella classifica delle città più vivibili, almeno nel Casertano, a mio parere è da ascrivere alla densità abitativa, perché su una superficie di 8,73 chilometri quadrati, secondo le statistiche Istat del 30 giugno 2019, vivono 52 mila 306 esseri umani,  con una densità abitativa, vale a dire un numero di persone che occupano un chilometro quadrato di territorio, di 5.991, 52. Questo dato ufficiale è inferiore a quello ufficioso è superato, in peggio, dalla realtà reale perché non comprendere chi vive ad Aversa senza avere la residenza nella città, né alcune migliaia di extracomunitari che spesso vivono ammucchiati in case simili a ghetti, offerte dietro il pagamento di una sostanziosa prigione regolarmente non dichiarata, cosicché viene intascata al nero.

A proposito di densità abitativa, abbiamo constatato che Aversa è la più densamente abitata tra le città della provincia di Caserta, entrando di diritto nella classifica dei primi 50 comuni italiani più densamente abitati, occupandone il 21esimo posto e il 14esimo tra i comuni campani, battendo di gran lunga il capoluogo di provincia che ha una densità di popolazione di 1395 abitanti. Certo, leggendo tutte le classifiche relative alle città più densamente abitate troviamo di peggio ma, considerando che Aversa è stata definita “città” per decreto del presidente della Repubblica Italiana del 10 ottobre 1990 e che ha avuto ed ha da sempre l’ambizione di essere capoluogo di una nuova provincia, mai nata, leggendo questi dati risulta evidente che problematiche quotidiane come traffico, smog, rifiuti, disoccupazione, sottoccupazione dei laureati, quando e se trovano lavoro, microcriminalità, della città che  ha dato i natali al musicista  Domenico Cimarosa, genio riconosciuto a livello mondiale dell’opera buffa, non possono far definire Aversa una città normale, una città vivibile perché, negli anni, è mancata completamente una politica di tutela del territorio dall’edificazione selvaggia.

Si è pensato solo al guadagno immediato senza valutare che cosa avrebbe prodotto questo sistema che ancora oggi, nonostante le grosse difficoltà che si presentano ai suoi abitanti, è l’attività più intensamente praticata ad Aversa. Malgrado le buone intenzioni di realizzare un piano edilizio in cui si preveda il consumo zero del suolo, ancora oggi la costruzione di edifici destinati ad uso abitativo continua senza che ad essa corrisponda una adeguata organizzazione di spazi pubblici e di servizi. Così il verde è praticamente scomparso e quello che resta sta scomparendo del tutto. Ogni lotto di terra ancora libera sembra rappresentare una piccolo o grande tesoro per chi lo possiede, cosicché costoro impegnando le forze economiche nella costruzione di edifici multipiano sperano di svoltare o diventare più facoltosi, contribuendo a far crescere di numero la popolazione e ad incrementare la densità abitativa, riducendo ulteriormente lo spazio vitale dei cittadini aversani che contestano questa realtà chiedendo agli amministratori di turno il miracolo di una svolta impossibile, a meno di una emigrazione di massa non compensata da una immigrazione selvaggia. Spero di sbagliare e ne sarei felicissimo, ma dopo quasi 60 anni vissuti ad Aversa, sotto le più diverse amministrazioni, non mi sembra di vedere la luce in fondo ad un tunnel che diventa sempre più lungo.

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