Frode Iva su auto di lusso: 23 arresti in cinque regioni

di Redazione

La Procura di Isernia, a seguito delle indagini coordinate dal procuratore Carlo Fucci, dirette dal sostituto procuratore Maria Carmela Andricciola e condotte dal Gruppo della Guardia di Finanza del capoluogo molisano, ha richiesto ed ottenuto 23 ordinanze di applicazione di misure cautelari personali (13 arresti in carcere e 10 arresti domiciliari) eseguite stamani. In contemporanea, è stato eseguito un decreto di sequestro preventivo per l’importo complessivo pari a circa 7 milioni e mezzo, per beni mobili ed immobili, somme di denaro, autoveicoli e quote societarie, nei confronti di 23 persone fisiche e 21 compagini societarie con sede in tutt’Italia.

Sono state emesse due ordinanze restrittive anche nei confronti di una cittadina tedesca e di un soggetto italiano residente nella Repubblica Ceca. Le misure sono state emesse dal gip del Tribunale di Isernia, Michaela Sapio. La peculiare attività di indagine si è sviluppata nel particolare settore della commercializzazione di autovetture di lusso di origine comunitaria. Le attività operative, con l’impiego di oltre 200 finanzieri, sono state eseguite nelle provincie di Isernia, Frosinone, Latina, Caserta, Salerno, Milano e Macerata. Le investigazioni condotte dalle fiamme gialle del capoluogo Pentro, caratterizzate sin dall’inizio da una stretta sinergia con l’Agenzia delle Entrate di Isernia, hanno permesso di disarticolare una “mega” frode in danno dell’Unione Europea e dell’Italia, messa in atto da un consolidato gruppo criminale che operava con base stabile in Italia e proiezioni internazionali. La frode, in sostanza, si è fondata sull’utilizzo di sofisticate tecniche di falsificazione che sfruttavano le “falle” dei sistemi di controllo adottati dall’Agenzia delle Entrate e dal Ministero dei Trasporti.

L’articolata attività di polizia giudiziaria, che si differenzia da altre operazioni investigative condotte sul territorio nazionale nello specifico settore per la completa ricostruzione della filiera criminale, ha permesso di tracciare l’intero percorso di frode (dalla falsificazione documentale all’evasione transnazionale dell’Iva intracomunitaria non versata). All’esito delle indagini è stato possibile disvelare un consolidato sistema criminale che ha portato all’individuazione di: 1576 autovetture di lusso, illecitamente nazionalizzati (tra cui Ferrari, Porsche, Maserati, Bentley, Jaguar, oltre ad una moltitudine di Mercedes, Audi, BMW, Land Rover); 7 milioni e 499.220,05 di Iva evasa, 51 milioni e 572.268,86 di imponibile relativo all’emissione di fatture soggettivamente e/o oggettivamente inesistenti; 67 persone fisiche coinvolte a vario titolo; 159 concessionarie auto italiane coinvolte; 9 società estere coinvolte.

Oltre ad una miriade di aziende minori di varia provenienza geografica (Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Toscana, Abruzzo, Marche, Sicilia, Puglia e Molise), è stata rilevata la presenza di due grossi gruppi commerciali operanti rispettivamente nel Lazio e in Campania, risultati contigui con gruppi della criminalità organizzata (esponenti del clan dei casalesi operanti nel basso Lazio e clan camorristici dell’area vesuviana e nocerino-sarnese).

In pratica, sfruttando l’indebito risparmio d’imposta costituito dall’va non versata (aliquota del 22%), il sodalizio è risuscito ad acquisire una rilevante quota di mercato, costituendo delle vere e proprie “posizioni dominanti” nel mercato nazionale degli autoveicoli di “lusso”, con l’ovvia conseguenza della distorsione del principio di libera concorrenza. Il meccanismo di frode riscontrato correva a doppio binario su due versanti distinti e correlati: quello “fiscale”, attraverso l’utilizzo di triangolazioni societarie; quello “tecnico”, legato alla nazionalizzazione dei veicoli mediante la predisposizione di documentazione falsa, appositamente prodotta per aggirare i sistemi di controllo incrociato dell’Agenzia delle Entrate e del Ministero dei Trasporti, sfruttandone le “falle” comunicative.

Il sistema di triangolazione societaria era basato su operazioni commerciali tra aziende di paesi membri dell’Unione Europea, attraverso l’utilizzo di società cartiere “missing trader”, con l’interposizione di più società filtro “buffer”, talvolta controllate a loro volta da società “off-shore” (operanti a Cipro e nelle isole Cayman), il tutto al fine di ostacolare la tracciabilità dei flussi commerciali e finanziari. Le società estere utilizzate venivano costituite ad “hoc” da soggetti italiani che stabilivano delle teste di ponte soprattutto in Repubblica Ceca e in Germania. Tali società sono risultate riconducibili a soggetti italiani pluripregiudicati, legati a clan camorristici già operanti nel settore della compravendita di autoveicoli in Italia, caratterizzati da legami familiari ed interessi in società italiane collegate tra loro come società satellite, utilizzate nella filiera “cartolare”.

L’attività di riscontro documentale è stata affiancata da capillari attività tecniche e dall’acquisizione informatica di migliaia di mail, chat, WhattsApp e Messenger, canali preferenziali di comunicazione utilizzati con disinvoltura dai vari personaggi attenzionati, nella consapevolezza della non intercettabilità degli stessi. Tale particolare circostanza ha permesso di identificare e decifrare, compiutamente, l’intero sistema illecito, tracciandone le varie fasi e mettendone in luce i veri “dominus”, ricostruendo il centro direzionale unico dell’intera filiera criminale il quale, accentrando l’emissione delle fatture di acquisto e vendita, nonché utilizzando le caselle di posta elettronica delle aziende “cartiera” e “filtro”, fungeva da nodo nevralgico del sistema illecito.

Parallelamente, è stata individuata una cellula operativa al servizio di tale organizzazione, costituita da vari soggetti, ognuno con un preciso ruolo funzionale. Nel corso dell’attività investigativa, condotta come detto attraverso lo strumento delle indagini tecniche, rilevamenti gps e con attività d’appostamento, è stata localizzata – in un immobile rurale del basso Lazio – una vera e propria “stamperia”, dedita alla riproduzione di ogni genere di documentazione fiscale (fatture di importazione, bollette doganali eccetera) e tecnica (libretti di circolazione, certificati di conformità, eccetera). La conseguente perquisizione della stessa ha permesso di rinvenire e sottoporre a sequestro nr. 51 timbri relativi a vari uffici pubblici italiani (Motorizzazioni, Comuni, Dogane, Notai ecc.) ed esteri (Motorizzazioni tedesche, austriache, spagnole, ecc.), bollini olografici delle motorizzazioni federali tedesche, nr. 6 patenti italiane in bianco, supporti cartacei di carta filigranata. Inoltre, sono stati rinvenuti i files sorgente (psd photoshop) utilizzati per la predisposizione dei libretti di circolazione e le fatture di acquisto e vendita, oltre ad una serie di pratiche pronte per la presentazione allo “sblocco” all’Agenzia delle Entrate complete del libretto di circolazione originale e quello falsificato.

La cellula operativa, oltre alla produzione della documentazione falsa, forniva il pacchetto “chiavi in mano” della nazionalizzazione degli autoveicoli comunitari, attraverso la presentazione della documentazione presso l’Agenzia delle Entrate d’Isernia dove, in seguito al mero controllo formale della documentazione, venivano validati i telai per la successiva immatricolazione ad opera della Motorizzazione Civile. A seconda dei casi, l’organizzazione sceglieva un particolare ufficio provinciale della Motorizzazione Civile (nella maggior parte dei casi Isernia, Palermo e Catanzaro). L’attività investigativa svolta ha permesso di riscontrare vari meccanismi di frode, basati sulla mancanza pressoché assoluta dello scambio d’informazioni tra gli stati membri dei rispettivi sistemi informativi sugli archivi automobilistici, che non consente l’effettivo controllo sulla documentazione fiscale e tecnica presentata dai vari importatori, per ottenere la nazionalizzazione degli autoveicoli facendoli rientrare nel conveniente regime dell’IVA del Margine.

Proprio quest’ultimo aspetto ha costituito il “vulnus” sul quale l’associazione criminale ha basato i suoi sistemi di frode. In termini pratici, l’unico dato scambiato tra l’Agenzia delle Entrate e la Motorizzazione era il numero di telaio che veniva abbinato dalla predetta Agenzia ad un veicolo con basso valore commerciale risalente nel tempo (mediante la presentazione di libretti Austriaci o Spagnoli più facilmente riproducibili). Di contro, presso la Motorizzazione veniva presentata la documentazione originale relativa a veicoli, nella maggior parte dei casi nuovi, che però avevano già ricevuto la validazione dell’Agenzia delle Entrate. Ciò in quanto l’Agenzia delle Entrate italiana e i paritetici organismi europei non sono dotati di una banca dati “intracomunitaria” dei telai di autoveicoli prodotti, commercializzati ed intestati sul territorio comunitario, dalla quale desumere con certezza i dati tecnici del veicolo e le transazioni commerciali intervenute, accertando quindi la sussistenza dei requisiti necessari per lo “sblocco” dei veicoli con il particolare regime dell’Iva del margine.

Un particolare degno di nota: è stata accertata, nel corso delle indagini, la presentazione di documentazione riguardante ben 64 autovetture d’alta gamma (Porsche), fatte passare per Ford Galaxy, sfruttando la similitudine delle iniziali dei telai “WP0” per Porsche e “VF0” per Ford: da qui l’attività d’indagine denominata “Operazione Galaxy”. Un altro sistema di frode si basava sulla simulazione di finte importazioni di autoveicoli nuovi, provenienti da territori dell’Unione Europea a fiscalità agevolata, come le isole Canarie, che godono da un punto di vista fiscale e doganale di un trattamento diverso rispetto alla Spagna continentale. L’acquisto di merce dalle isole Canarie, infatti, non costituisce acquisto intracomunitario, ma vera e propria importazione secondo il Codice Doganale Comunitario (Regolamento CEE 2913/92/CE). A tal scopo, venivano predisposte finte bollette doganali attestanti l’importazione dei veicoli con assolvimento degli oneri fiscali (Tributi doganali ed Iva). La documentazione prodotta, veniva posta a corredo delle varie pratiche d’immatricolazione, ove la Mctc, non trovandosi nei canonici casi di nazionalizzazione per i quali era previsto un controllo preventivo dell’Agenzia delle Entrate (Iva al Margine e pagamento a mezzo F24), non faceva altro che avallare l’impianto documentale, procedendo alla conseguente immatricolazione.

Tra gli ignari clienti vi erano, oltre ad imprenditori, professionisti di spicco e personaggi pubblici, tra cui anche noti calciatori. In relazione a tali tipologie di frode, con il coordinamento della Procura di Isernia è stata elaborata apposita relazione informativa per il Comando Generale del Corpo, per la successiva attività di raccordo con i Ministeri dei Trasporti, il Ministero dell’Economia e Finanze, nonché le Agenzie delle Entrate e delle Dogane, allo scopo di elaborare idonei correttivi.

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