Napoli, ucciso in un garage a Miano nel 2012: 6 arresti

di Redazione

Sei uomini sono finiti in carcere nell’ambito delle indagini sull’omicidio di Mario Perrotta, avvenuto l’8 ottobre 2012 in un garage di Miano, alla periferia di Napoli. Gli agenti della Squadra mobile di Napoli hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di sei indagati sulla base di indagini coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia, nei confronti dei cinque presunti responsabili dell’omicidio e di colui che procurò loro l’arma del delitto, non consapevole dell’uso che ne sarebbe stato fatto.

Tra gli arrestati ci sono alcuni componenti del gruppo di fuoco detto “dello Chalet Baku”, agli ordini del clan Abete Abbinante: Giuseppe Montanera, 43 anni; Vincenzo Brandi, 37; Armando Ciccarelli, 35; Salvatore Baldassarre, 37; Raffaele Notturno, 45; Antonio Finelli, 28.

Le attività di indagine – fondate su dichiarazioni di collaboratori di giustizia, intercettazioni ed un’ampia messe di riscontri – hanno consentito di ricostruire mandanti ed esecutori materiali dell’evento delittuoso, che si inserisce nel contesto della terza faida di Scampia del 2012, di cui è rimasto vittima un soggetto ritenuto vicino a un narcotrafficante che a sua volta operava per conto di Antonio Leonardi.

Per come ricostruito, infatti, Mario Perrotta aveva collaborato con Pietro Maoloni nello spaccio di stupefacenti; Maoloni, quando scoppiò la faida, era notoriamente vicino al clan Leonardi, ormai divenuto una consorteria unitaria con la Vanella Grassi e i Marino. Perrotta venne assassinato da uno dei gruppi di fuoco del clan Abete-Abbinante, perché individuato come obiettivo alternativo a Maoloni, di cui era ritenuto ancora un collaboratore dal punto di vista criminale, mentre in realtà se ne era già allontanato. Un omicidio, quindi, che ben illustra la frenesia omicida che pervase gli affiliati alle organizzazioni criminali dell’area nord di Napoli nel periodo della faida, alla ricerca di obiettivi da colpire, senza curarsi troppo del loro rilievo criminale.  “Un omicidio, quindi, che ben illustra la frenesia omicida che pervase gli affiliati alle organizzazioni criminali dell’area nord di Napoli nel periodo della faida, alla ricerca di obiettivi da colpire, senza curarsi troppo del loro rilievo criminale”, sottolineano gli inquirenti.

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