Napoli, “Il mio calvario all’Ospedale del Mare”: il racconto di un cronista ricoverato

di Antonio Arduino

Aversa – Avete mai occupato abusivamente un letto d’ospedale? Ero da 4 giorni sistemato alla meglio su una barella strettissima, dove mi avevano collocato dopo un intervento chirurgico d’urgenza, effettuato nella notte fra il lunedì e il martedì creato dalla rottura della vescica, non ce la facevo più a restare praticamente immobile in quella barella dove non potevo girarmi da nessuna parte ed era difficile effettuare medicazioni alla ferita chirurgica. Così appena il mio compagno di stanza venne dimesso mi “catapultai” sul suo letto prendendone possesso.

Finalmente potevo distendermi e fare dei movimenti ma è durata poco. E’ arrivata una dottoressa che mi ha detto di scendere e tornare sulla barella giacche quel letto era “prenotato”. Ho fatto presente che non ce la facevo più, che ero allo stremo delle forze sulla barella a cui ero stato costretto, ma la dottoressa era inflessibile, anzi affermava che non avrei dovuto neppure essere presente in quella stanza. Il mio problema era di competenza chirurgica non di quel reparto, ero stato collocato in chirurgia endocrinologica, quindi sarei dovuto andare altrove. A questo punto, insistendo, facendo il lamentoso, ho chiesto che mi lasciasse sul letto almeno fino a quando non arrivava il paziente a cui era destinato. Per mia fortuna, o meglio per grazia di Dio che ci ha messo le mani tante volte nei 2 mesi e passa di ricovero che ho avuto in questo ospedale, si è liberato un letto in un’altra stanza, così sono stato trasferito. E li ho preso 2 microrganismi nosocomiali, per la comprensione di tutti sono stato infettato da due batteri nosocomiali, germi che si possono prendere soltanto in ospedale quando l’igiene è carente. Non dovrebbe accadere, si salva la vita con un intervento d’urgenza e la si mette a rischio per carenza d’igiene. Inammissibile, specialmente quando ci si trova in un ospedale nuovo di zecca ed io ero ricoverato in un ospedale considerato un “gioiello” per la Campania, qual è l’Ospedale del Mare.

Una struttura modernissima, 7 piani di altezza, 3 blocchi tutti collegati, che possiede un ampio parcheggio e persino un eliporto. Realizzata spendendo centinaia di milioni di euro su un terreno che era stato dichiarato sismico ma poi miracolosamente diventato distante dalla zona sismica, quindi edificabile. Un ospedale costato che, però, risulta essere privo del necessario per garantire la sicurezza relativamente alla salute dei ricoverati ma anche del personale. Il mio intervento avrebbe richiesto un cambio di medicazione frequente. E invece no: il cambio di medicazione avveniva quando il personale ne aveva il tempo. Tant’è che il mio pigiama si trasformava in una spugna, assorbendo il liquido che fuoriusciva dalla ferita un modo sciocco, mi ripeto, per creare problemi ad un paziente che grazie ad un intervento d’emergenza ha avuto salva la vita che poi viene messa a rischio da una banalità come un cambio di medicazione richiesto molte volte da me stesso, ottenuto solo dopo ore di attesa carenza di igiene.

Quanto ai germi nosocomiali, per sconfiggerli sono stati necessari due mesi di antibiotico. Probabilmente se avessero analizzato anche il sangue del mio compagno di stanza al fine di ricercare la presenza di quei germi li avrebbero ritrovati uguali. Ma le carenze d’igiene da me rilevate sono tante. Le urine raccolte in sacche inizialmente chiuse, da smaltire come rifiuti pericolosi, esseno diventate illegali le sacche chiuse, con l’uso di sacche con rubinetto vengono svuotate in un contenitore e riversate nel servizio igienico presente nella stanza ovviamente anche le urine del paziente che mi faceva compagnia così che le infezioni presenti nei due ricoverati potevano diffondersi dall’uno all’altro e a visitatori che eventualmente avessero usato la tazza. Probabilmente questo modo di eliminare rifiuti biologici pericolosi è favorito dalla difficoltà di usare i servizi igienici, da un paziente non accompagnato e con difficoltà motorie, perché privi di carta sapone e appoggio nel caso ci fosse stata necessità di tirarsi su non avendo le forze sufficienti.

E’ giusto ricordare che nel bagno c’è anche la doccia ma anche questa inutilizzabile senza aiuto. Essendo lo spazio doccia limitato a circa 15 centimetri e privo di sostegni, il paziente che avesse necessità di fare la doccia avrebbe dovuto rimanere in piedi con una mano reggersi al muro con l’altra usare la doccia per lavarsi e poi avrebbe avuto bisogno di una terza mano per asciugarsi cercando di non cadere mentre mantiene l’asciugamano che non ha alcun punto d’aggancio. L’alternativa? Chiedere aiuto al personale aspettando che arrivasse dopo un tempo indefinibile perché, per la carenza cronica gli operatori che, avendo necessità di assistere 40 ricoverati essendo in 3 o, quando andava bene, in 4, non avevano tempo. Così che per tutto il periodo che sono stato ospite di quella stanza nessuno ha provveduto a lavarmi.

Successivamente sono passato di piano, dal quinto al quarto. Essendo il mio intervento di competenza urologica sono stato ricoverato in Urologia dove, inizialmente, avevo un compagno di stanza, poi sono rimasto solo, già che mi hanno definito “infettivo”. Una definizione strana giacché avrebbe imposto che chiunque entrasse nella stanza sì proteggesse con indumenti sterili. In realtà, dopo il primo giorno questo non è più accaduto. Chi entrava con una semplice mascherina, chi con un camice monouso, chi vestito come si trovava al lavoro nei corridoi del reparto. La stanza, a prima vista, sembrava bella, una vera “suite” perché era grande e permetteva di ammirare il panorama anche se si trattava solo di tipiche palazzine della 167 della zona di Ponticelli che circondano l’ospedale ma, a guardala bene, era inutilizzabile per un paziente senza compagnia perché la luce centrale ha un unico punto di accensione accanto all’ingresso, le tapparelle che proteggono dal sole hanno un unico punto per essere messe in funzione, sul muro in una posizione centrale della stanza, il letto era privo di telecomando vale a dire regolabile solo manualmente, così che impossibile da regolare per chi si trovasse sul letto. Per farlo sarebbe stato necessario l’aiuto degli operatori del reparto che ancora una volta erano in numero ridotto e quindi non erano in grado di far fronte, almeno in tempi reali, alle richieste dei pazienti.

Per chiarire il concetto basta dire che mi sono dovuto tenere la cacca nel pannolone per almeno 3 ore prima di essere ripulito, certo era quasi l’ora del cambio turno. Quanto alla sicurezza l’ospedale dimostra di tenerne un conto relativo operando con grande parsimonia nelle forniture e non parlo solo delle lenzuola, spesso mancanti. Mi riferisco ai sospensori, necessari ai pazienti di sesso maschile per non avere edemi dello scroto, sostituiti con quello che definiscono “la palla”, un pannolone arrotolato da inserire sotto lo scroto, ai raccordi necessari a collegare i tubi che uscivano dagli splint collegati agli ureteri con una busta di raccolta esterna. Mancando i raccordi necessari a bloccare il tubo di entrata con quello riuscita venivano arrangiati con cerotto che aveva necessità di essere sostituito.

Stessa cosa per il collegamento alla vena centrale da collegare ai flaconi di terapia che mi erano stati prescritti. Una notte la mancanza di raccordo ha fatto uscire il laccio del collegamento e mi sono ritrovato in un mare di sangue cosa che mi avrebbe portato a morte se nostro Signore non mi avesse aiutato. Probabilmente, sarebbero bastati pochi euro per acquistare quel materiale e non mettere a rischio la mia vita ma in quella struttura si preferisce illuminare a giorno corridoi lunghissimi, utilizzati solo per l’attraversamento da un lato all’altro della struttura fatta di tre unità, da sette piani, collegati senza soluzione di continuità, corridoi che porterebbero in reparti ancora inesistenti, però forniti di attrezzature lasciate marcire come le culle termiche per i neonati (guarda la foto), ammucchiate in una stanza in attesa che si apra un reparto di neonatologia. Solo per ricordarlo, sono spariti gli abiti che indossavo la notte in cui ho rischiato il dissanguamento.

A questo punto, viene voglia di chiedere al Nas di effettuare una visita ispettiva e al presidente De Luca, commissario per la Salute in Campania, di soggiornare da paziente anonimo nell’Ospedale del Mare per rendersi conto della realtà creata, tagliando il nastro di una struttura priva dei mezzi necessari, uomini e materiali per funzionare al top. Ovviamente nulla da dire sulle qualità del personale medico e paramedico. Questo mio racconto per sfatare le leggende create sulla qualità dell’Ospedale del Mare collocato in una zona dove il mare non si vede ma che sicuramente raccoglie comuni che affacciano sul mare.

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