Camorra, “I pentiti devono morire abbruciati”: presi autori del “falò choc”

di Redazione

L’8 dicembre scorso il rogo di una catasta di legno con un manichino impiccato e un cartello inquietante: “Così devono morire i pentiti, abbruciati”. Una operazione congiunta di carabinieri e polizia a Castellammare di Stabia, nel Napoletano, ha portato all’esecuzione della misura cautelare del divieto di dimora all’interno della Regione Campania, emessa dal gip del tribunale di Napoli nei confronti di Francesco Imparato, Antonio Artuso e Daniele Amendola, ritenuti responsabili di istigazione a delinquere con l’aggravante delle finalità mafiose. Indagati anche due minorenni che avrebbero partecipato al raid.

Le indagini erano cominciate subito dopo la notte dei festeggiamenti per l’Immacolata, all’interno del rione Savorito. In cinque issarono sulla una pira di cassette e rami di legno, un cosiddetto ‘fuocaracchio’, uno striscione con la scritta e un manichino di pezza con un cappello in uso alle forze dell’ordine, appiccando le fiamme. Oltre ai tre maggiorenni sottoposti a misura cautelare, c’erano due minorenni per i quali sono tutt’ora in corso indagini coordinate dalla Procura della Repubblica dei Minorenni di Napoli. L’episodio era avvenuto nel quartiere della periferia stabiese noto come Aranciata Faito, zona abitata dalla famiglia Imparato, meglio noti come “i Paglialoni”, fiancheggiatori del clan D’Alessandro.

L’intenzione era quella di dare un messaggio intimidatorio ai collaboratori di giustizia e di sostegno e solidarietà verso il clan D’Alessandro colpito pochi giorni prima da una misura cautelare eseguita dalla polizia per aver commesso in quel territorio reati ricostruiti anche grazie ai pentiti.

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