‘Ndrangheta connection, i soldi della droga reinvestiti in Germania e Olanda: 90 arresti

di Redazione

Imponente operazione giudiziaria internazionale che vede impegnate autorità giudiziarie e forze di polizia di Italia, Germania, Paesi Bassi e Belgio, in un’azione comune contro la ‘ndrangheta e le sue proiezioni in Europa e nel Sud America, nel quadro di un’organica ricostruzione di molteplici attività delittuose poste in essere, sul territorio nazionale e all’estero, da diversi esponenti di affermate e risalenti famiglie della criminalità organizzata calabrese, operanti principalmente nel cuore della Locride.

Nell’operazione sono stati arrestati, in contemporanea, in diversi Stati europei e del Sud America, 90 soggetti, accusati, a vario titolo, di gravi delitti, fra i quali, associazione dedita al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, associazione mafiosa, riciclaggio, fittizia intestazione di beni ed altri reati, aggravati dalle modalità mafiose. Si tratta del frutto di anni di intenso lavoro investigativo svolto nell’ambito di una Squadra investigativa comune (Joint investigation team) costituita il 18 ottobre del 2016 a L’Aia, presso Eurojust tra magistratura e Forze di Polizia di Italia, Paesi Bassi e Germania, cui hanno aderito, per l’Italia la Procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria con il supporto della Procura nazionale antimafia ed antirerrorismo, la Squadra nobile della Questura di Reggio Calabria con il supporto del Servizio centrale operativo della Polizia di Stato, il Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di finanza di Catanzaro con il supporto del Servizio centrale d’investigazione sulla criminalità organizzata della Guardia di finanza ed il IV^ Gruppo del Nucleo Speciale di Polizia Valutaria della Guardia di finanza; per la Germania la Procura di Duisburg e il Bundeskriminalamt (Bka) di Wiesbaden, per i Paesi Bassi la Procura di Zwolle e il Fiod (Corpo olandese di polizia fiscale ed economica) di Eindhoven.

L’iniziale accordo è stato ampliato con l’ingresso dell’Agenzia Europol, per i profili d’analisi e coordinamento, e lo specifico apporto di Belgio e Svizzera, in qualità di membri osservatori e cooperanti, in base ad accordi di natura rogatoriale. L’obiettivo della Squadra Investigativa è stato quello di perseguire un gruppo criminale di stampo ‘ndranghetista, dedito al traffico internazionale di stupefacenti e riciclaggio e reinvestimento di rilevati capitali finanziari, operante in Italia e nel Nord Europa, all’interno del quale Giovanni Giorgi, classe 1966, originario di Bovalino (Reggio Calabria), rappresentava il principale punto di riferimento delle cosche prevalentemente di San Luca (Pelle-Vottari e Romeo) ma anche di Natile di Careri (Cua-Ietto) e Gioiosa Jonica (tramite gli Ursini), per il reinvestimento di capitali illeciti in attività commerciali nel settore della ristorazione in Nord Europa.

L’inchiesta “European ‘Ndrangheta Connection” ha dimostrato che Giorgi si occupava, prima sul territorio olandese e poi su quello tedesco, di investire ingenti somme di denaro in attività commerciali operanti nel lucroso settore della ristorazione, fungendo, quindi, da collettore per l’investimento di denaro provento di affari criminali per conto di numerosi soggetti, molti dei quali facenti parte di diverse cosche di ‘ndrangheta dell’area ionica della provincia reggina, i quali divenivano, in tal modo, soci occulti delle attività commerciali a lui riconducibili. Tra questi il ristorante “La Piazza 3” e l’adiacente gelateria “Cafè La Piazza” di Brüggen, che costituivano, tra l’altro, la sede di supporto logistico ai traffici di droga (cocaina) proveniente dall’America Latina, stoccata tra Olanda, Belgio, Germania e distribuita tra l’altro in diverse regioni italiane.

L’inchiesta ha consentito di disvelare l’esistenza di una agguerrita consorteria calabrese di stampo ‘ndranghetista, in grado di contare su basi logistiche dislocate in più Regioni d’Italia ma anche, e soprattutto, nei Paesi Bassi e in Germania, estremamente organizzata ed economicamente florida, composta da numerosi accoliti e dotata di una vera e propria flotta di mezzi necessaria per far giungere a destinazione la cocaina.  In tale contesto, emergevano esponenti delle cosche ‘ndranghetistiche dei Pelle-Vottari-Romeo alias “Stacchi” e Giorgi “Ciceri” di San Luca, molti dei quali già da anni stabilmente residenti in Nord Europa, luoghi ove coordinavano agevolmente grosse importazioni di cocaina dall’America Latina, senza mai allentare i rapporti con l’originaria Calabria. Tra i vari nomi spiccano quelli dei fratelli Giuseppe (già latitante) e Francesco Marando, Josè Manuel Mammoliti, Giovanni Giorgi (‘63), Antonio Costadura, Domenico Romeo, Francesco Luca Romeo, Sebastiano Romeo e Domenico Strangio.

Con un’ottica aziendale delle importazioni e dello smistamento della droga tra la Calabria e la Lombardia, gli arrestati hanno iniziato a spostare i loro interessi in Nord Europa, dove l’arrivo di ingenti quantitativi di droga dal Sud America era molto più semplice. Il compito di recuperare e modificare ad hoc numerose autovetture, dotate di complicatissimi doppifondi, in modo da renderle “impermeabili” ai controlli, era affidato a un sodalizio di pregiudicati turchi, da anni trapiantati in Germania, ove gestivano un autonoleggio, mentre il trasporto del narcotico in Italia veniva delegato a fidati ed esperti corrieri che raggiungevano Calabria e Lombardia, dove la cocaina veniva immessa in commercio. Le attività investigative, grazie alle conversazioni captate in territorio tedesco, hanno permesso di sequestrare tra marzo e giugno del 2017 oltre 33 chilidi cocaina e arrestare 3 corrieri. Nel 2015, invece, è stato possibile sequestrare al porto di Rotterdam un carico di cocaina di 95 chili grazie all’individuazione di una ditta costituita ad hoc ed intestata ad una “testa di legno”.

L’operazione ha portato all’azzeramento di un consolidato gruppo di persone di origine campana in rapporto di stretta collaborazione con le famiglie della Locride che nel corso del tempo è stato capace di organizzare e gestire importanti carichi di cocaina provenienti dal Sud America. Grazie alla collaborazione della Dea americana è stato possibile disvelare i rapporti illeciti delle cosche di ‘ndrangheta monitorate con alcuni soggetti campani, già indagati nell’ambito di un distinto fascicolo processuale, tra i quali la pluripregiudicata Maria Rosaria Campagna, compagna del boss della mafia catanese Salvatore Cappello, indiscusso capo dell’omonimo clan di Catania, e i fratelli Serafino e Giulio Fabio Rubino. La loro grande disponibilità economica ha permesso loro di investire nel narcotraffico, riuscendo ad importare centinaia di chili di cocaina. Mentre Serafino Rubino, già latitante in Colombia per altre vicende legate agli stupefacenti, tratto in arresto proprio in Sudamerica, curava, da esperto broker, de visu i rapporti con i cartelli colombiani, il fratello Giulio Fabio coordinava le attività in Campania e la “donna di Napoli”, la Campagna appunto, manteneva i rapporti con più consorterie, anche al fine di garantire lo “scarico” della cocaina in più porti sia italiani che europei. La sinergia criminale tra tali soggetti emergeva nitidamente quando un carico di circa 60 chili di cocaina giungevano al porto di Gioia Tauro e la Campagna si affidava ai potenti sodali calabresi per recuperare la partita di narcotico.

I soggetti campani collegati alle cosche di ‘ndrangheta si sono dimostrati tanto potenti economicamente, da non accusare i durissimi colpi assestati dagli inquirenti: basti pensare che, nel 2016 sono stati sottratti dalla disponibilità dei criminali oltre 360 chili di stupefacente. Nonostante l’ingente perdita, ben presto, viene predisposto un nuovo progetto, teso ad importare la cocaina dal Sudamerica, questa volta attraverso un porto del Nord Europa. È proprio la Campagna che, accompagnata dal figlio Salvatore Santo Cappello, si reca in Olanda per organizzare l’esfiltrazione della droga. Nel frattempo gli investigatori avevano individuato il container “contaminato” che veniva dirottato dall’Olanda al Belgio per lo sdoganamento. In quell’occasione furono sequestrati 169,45 chili. In ultimo, nell’aprile del 2018 veniva operato l’ultimo sequestro, pari a 7 chili di cocaina, che i narcos avevano tentato di far giungere in Italia, questa volta facendo sbarcare il carico presso il porto di Livorno.

Le indagini hanno avuto origine nei primi mesi del 2015 con l’avvio di molteplici attività tecniche da parte della Polizia di Stato nei confronti di diversi soggetti – residenti anche in Nord Europa – tra i quali figuravano Francesco pelle, Giuseppe Marando, i fratelli Sebastiano e Francesco Luca Romeo e Giovanni Giorgi, in stretti rapporti con Antonio Ietto, esponente della ‘ndrangheta ionico-reggina. Quest’ultimo, come emerso dalle investigazioni condotte in Italia e Olanda, stava avviando nella località di Brüggen (Germania), in cui lo stesso stava avviando numerose attività nel settore della ristorazione. Nel 2017, l’operazione “Hermes” della Guardia di finanza di Catanzaro, insieme allo Scico di Roma, su richiesta della Dda di Reggio Calabria, investigava su un gruppo della Locride, Ietto-Marando, attivo nel traffico degli stupefacenti. Nella successiva progressione investigativa, il lavoro congiunto permetteva di definire le proiezioni delle cosche reggine Pelle-Vottari e Cua-Ietto in Olanda e nell’area tedesca della Renania settentrionale-Westfalia, documentando le strategie di traffico internazionale di stupefacenti, riciclaggio e reimpiego di beni di provenienza illecita nel settore immobiliare e della ristorazione (ristoranti, pizzerie, bar) nelle aree di confine tra Paesi Bassi e Germania, con espansioni in territorio belga. Antonio Pelle, alias “Vancheddu”, venne arrestato nell’ottobre 2016, poiché latitante, gestiva dal cuore della Locride un ingente traffico di stupefacenti verso il Nord Europa. Il figlio Domenico, secondo gli investigatori, effettuava viaggi in Brasile per incontrare gli esponenti dei cartelli del narcotraffico.

L’indagine dimostra come il nucleo essenziale degli affari illeciti della cosca Pelle-Vottari risieda nel traffico internazionale di stupefacenti. Di pari passo, le attività in argomento hanno svelato anche l’intricata rete di smercio della cocaina che Antonio Pelle e i propri sodali avevano impiantato sul territorio nazionale, cedendo numerose partite di stupefacente anche ad esponenti di altri clan della locride, tra cui quelli della potente cosca dei Barbaro di Platì. L’estrema pericolosità della cosca Pelle-Vottari, comprovata dalla faida con gli Strangio-Nirta, riesplosa con la strage di Duisburg del ferragosto 2007, è ulteriormente dimostrata, oggi, dalla disponibilità di arsenali di armi, come accertato nel corso delle attività tecniche disposte nell’ambito delle indagini.

Le indagini finanziarie e gli accertamenti economico-patrimoniali svolti dal Nucleo Speciale di Polizia Valutaria hanno quindi consentito di individuare cespiti immobiliari e attività commerciali acquisiti dagli indagati in territorio italiano, tedesco e olandese, per i quali il gip ha disposto il sequestro preventivo, sia quali beni direttamente strumentali alle condotte criminali, sia quali beni di cui gli indagati disponevano in “sproporzione” rispetto ai redditi leciti prodotti. In tale contesto spicca la figura di Giovanni Giorgi, titolare di molteplici attività commerciali e di ristorazione nelle cittadine di Wesseling e Brüggen, considerate il “perno centrale” della strategia attuata in modo unitario dalle cosche di San Luca. Sono state poste sotto sequestro: Rigano Im-& Export Gmbh” consede in  StoffelerStraβe, 5; Quote della società“Afg Gastronomie Gmbh” (che ha gestito il ristorante “il Pettirosso”ex Leonardo da Vinci); quote societarie “La Piazza 3 Gastronomie Gmbh”, con sede in Brüggen (Germania); intero complesso aziendale denominato Bar – gelateria “Cafè La Piazza Ug di Brüggen”. In Italia verranno sequestrate 14 auto e 4 ciclomotori, quote societarie, diversi terreni, fabbricati e la villa di Giovanni Giorgi, 52 anni, sita a Bovalino.

La ‘ndrangheta “non opera all’estero per necessità, ma si stratifica e si stabilizza fuori dall’Italia perché alcuni paesi sono più appetibili per realizzare i propri disegni criminali”. È questo, secondo il procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo, uno degli elementi più importanti che emerge dall’indagine che ha portato all’arresto di 90 presunti appartenenti alle cosche tra l’Italia, l’Europa e il Sudamerica. Ma non solo. Le “racce che ricaviamo dalle indagini – aggiunge – ci dicono che l’unitarietà della ‘ndrangheta è ancora più rafforzata quando le cosche operano all’estero. E ci dicono che in questo momento la ‘ndrangheta è la componente più forte» tra le organizzazioni criminali, «per la capacità di immettere sul mercato” un sistema strutturato e coeso. Un sistema, aggiunge il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho, di cui fanno parte “professionisti, commercialisti e avvocati» che agevolano le cosche e gli permettono di “infiltrarsi nelle economie europee con società che operano nell’economia legale”. In sostanza, dice il procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri, la ‘ndrangheta “si sta riproponendo in Europa con le stesse metodiche e dinamiche criminali che da tempo porta avanti nella ‘casa madre’”.

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