Affari con Messina Denaro, sigilli all’impero dell’ex patron Valtur

di Redazione

La direzione investigativa antimafia di Palermo sta eseguendo un decreto di sequestro e confisca, emesso dal Tribunale di Trapani, su proposta del direttore nazionale della Direzione investigativa antimafia, nei confronti degli eredi dell’imprenditore Carmelo Patti, originario di Castelvetrano (Trapani), ex proprietario della società di villaggi vacanze “Valtur”, ora in amministrazione straordinaria, deceduto il 25 gennaio 2016.

Il procedimento – che la Dia definisce “uno dei più rilevanti nella storia giudiziaria italiana” – ha riguardato un patrimonio stimato, per ora, prudenzialmente in oltre 1 miliardo e mezzo di euro e ha disvelato interessi economici riferibili alla famiglia mafiosa di Castelvetrano, guidata dal latitante Matteo Messina Denaro.

Tra i beni confiscati vi sono resort turistici, beni della vecchia Valtur, un’imbarcazione di 21 metri, appezzamenti di terreno, immobili e 25 società. Carmelo Patti, morto a 81 anni, tre figli, era cavaliere del lavoro e prima dei guai giudiziari, soprattutto con accuse di rapporti con la mafia, era uno stimato e ricchissimo industriale. Cominciò la sua scalata nell’imprenditoria da venditore ambulante. A 26 anni si trasferì con la moglie e le due prime figlie, Maria Concetta e Paola, da Castelvetrano) al Nord (il terzo Gianni nascerà dopo) lavorando come operaio alla Philco di Robbio (Pavia). Poi si mise in proprio cominciando a fabbricare cavi elettrici. Nacque la “Cablelettra”, poi trasferita nell’ex stabilimento Philco, acquistato negli anni Settanta. Patti vendeva cablaggi elettrici e componenti elettronici per auto soprattutto alla Fiat.

La “Cablelettra” divenne una multinazionale con diverse sedi in Italia e nel mondo. Nel 1997 acquistò la Valtur, entrando così anche nel settore del turismo. Il gruppo dei villaggi vacanze divenne uno dei primi in Italia. Il cavaliere nel 2000 venne indagato per mafia dalla dda palermitana, dopo la trasmissione degli atti dalla procura di Marsala che lo indagava per falso in bilancio: il cavaliere del lavoro si dimise per questo dalla Gesap, la società che gestisce l’aeroporto palermitano dov’era stato indicato dall’allora sindaco Leoluca Orlando.

Cominciò parallelamente un processo di misure di prevenzione per un sequestro di 5 miliardi di euro: Patti veniva accusato di rapporti con i boss di Castelvetrano Messina Denaro: il padre Francesco e il figlio Matteo. Il sequestro poi portò all’amministrazione giudiziaria e alla crisi della Valtur, al fallimento e alla vendita del marchio. Patti subì numerosi processi per evasione fiscale, fatture false e altri reati tributari da cui venne assolto. Tra i suoi accusatori vi è l’ex mafioso diventato collaboratore Angelo Siino. Nell’entourage di Patti si diceva che Siino lo accusava per contrasti che lui aveva avuto con Nina Bertolino, proprietaria della distilleria di Partinico e cognata del pentito.

Indagato fin dal 2000, Patti viene messo sotto la lente della dda palermitana, che ne sospetta i legami con la mafia. Contemporaneamente è sotto indagine anche per falso in bilancio, nella procura di Marsala. In quel periodo, il cavaliere del lavoro si dimette dalla Gesap, la società che gestisce l’aeroporto palermitano dov’era stato indicato dall’allora sindaco Leoluca Orlando. Ma i suoi guai con la giustizia sono solo all’inizio. Nel 2012 la direzione investigativa antimafia di Trapani chiede il sequestro preventivo del patrimonio di Patti, del valore di circa 5 miliardi di euro. L’imprenditore è accusato di avere rapporti con i boss di Castelvetrano, la famiglia del latitante Matteo Messina Denaro (in particolare il padre, Francesco, e lo stesso Matteo). Gli inquirenti lo ritengono infatti uno dei più prestigiosi riciclatori e fiancheggiatori a disposizione del capomafia Matteo, di essere quindi il suo prestanome. Il sequestro del 2012 porta all’amministrazione straordinaria della Valtur e poi alla sua crisi, con il fallimento e la vendita del marchio avvenuti definitivamente nel 2018.

Gli affari milionari dell’imprenditore, secondo gli inquirenti, nascondevano il cerchio ristretto dei fedelissimi di Messina Denaro. A partire da Michele Alagna, commercialista di 58 anni, stretto collaboratore di Patti e amministratore di una delle sue società. Ma Alagna non era solo questo. Il commercialista era di fatto il “cognato” del boss latitante, essendo fratello di Francesca, compagna di Messina Denaro e madre di quella figlia alla quale il capomafia si riferisce in un pizzino scrivendo “non l’ho mai vista”. Patti dirà poi ai giudici trapanesi che lo indagano di essersi “fidato ciecamente di Alagna” che aveva “conosciuto casualmente da un barbiere”.

Carmelo Patti è stato imputato in numerosi processi per evasione fiscale, fatture false e altri reati tributari da cui è stato però assolto. Nel 2000 la Procura di Marsala chiese l’arresto per Patti, Alagna e altri amministratori delle società ma il Tribunale rigettò la richieste. Per quanto riguarda i rapporti con la criminalità organizzata, tra i suoi principali accusatori vi è l’ex mafioso diventato collaboratore Angelo Siino. “Aiutava ed era aiutato da Cosa nostra e dalla sua ha anche il fatto di essere un massone”, ha detto di lui Siino. Ma nell’entourage di Patti si diceva che Siino lo accusava per contrasti che lui aveva avuto con Nina Bertolino, proprietaria della distilleria di Partinico e cognata del pentito. Oltre a Siino, un altro pentito illustre di Cosa Nostra ha parlato di Patti. “Stu discorso della Valtur l’abbiamo noi nelle mani”: sarebbe questa la confidenza che l’allora boss Bernardo Provenzano ha fatto al futuro pentito Nino Giuffrè, poi riportata agli inquirenti.

Dopo sei anni dall’inizio del procedimento di sequestro preventivo, e dopo due dalla morte di Patti, sono emerse nuove rivelazioni che hanno portato all’ulteriore confisca dei beni della famiglia dell’imprenditore. Tra queste, un dato emerso nell’indagine dei pm di Caltanissetta su Antonello Montante, l’ex paladino dell’antimafia e presidente di Confindustria Sicilia arrestato alcuni mesi fa. Un testimone ha raccontato infatti di un “una borsetta a soffietto, come quella che usano i medici” “piena di soldi in banconote da piccolo taglio”, consegnata nel 2001 da Montante a Paola Patti, figlia di Carmelo.

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