Raid contro migranti a Macerata, Luca Traini condannato a 12 anni

di Redazione

Condannato a 12 anni di reclusione, per le accuse di strage aggravata dall’odio razziale e porto abusivo d’arma, Luca Traini, autore, lo scorso 3 febbraio, del raid a colpi di pistola contro alcuni migranti a Macerata, durante il processo con rito abbreviato, a porte chiuse, in Corte d’Assise ha chiesto scusa ammettendo di “aver sbagliato”. “Non provo nessun odio razziale – ha aggiunto – volevo fare giustizia contro i pusher per il bombardamento di notizie sullo spaccio diffuso anche a causa dell’immigrazione”.

Ha detto di aver avuto “un’infanzia difficile ma non sono né matto né borderline. Il mio gesto – ha spiegato – non è collegato al colore della pelle: un poco di buono può essere sia bianco sia nero. Grazie ai giudici e alle forze dell’ordine che stanno riportando la situazione alla normalità”. Per il 29enne di Tolentino, accusato di strage aggravata dall’odio razziale, sei tentati omicidi, danneggiamento e porto abusivo d’arma, la procura ha chiesto 12 anni di carcere. Partendo da una pena di 22 anni, i magistrati sono arrivati alla richiesta di 12 anni tenendo conto delle attenuanti generiche per l’imputato e della riduzione di un terzo della condanna per il rito abbreviato.

11 i migranti di origine africana presi di mira da Traini quel sabato mattina per le vie di Macerata: sei furono ricoverate in ospedale, altri tre non vennero raggiunti dai proiettili, mentre altri due, non si sa se colpiti o meno, si resero irreperibili forse perché non avevano i documenti in regola. Secondo quanto riferito da lui stesso, Traini voleva andare in tribunale e uccidere Innocent Oseghale, il nigeriano presunto assassino della 18enne romana Pamela Mastropietro, il cui corpo fu trovato in due valigie, ma all’ultimo avrebbe cambiato idea e avrebbe cominciato a sparare contro ogni persona di colore incontrata lungo la strada. “Quando ho saputo dello scempio fatto sul corpo di Pamela, ho sbroccato. Sono rimasto sconvolto dalle modalità brutali con le quali è stata uccisa – raccontò Traini – e così ho deciso di fare un’azione personale. Volevo andare in tribunale e fare giustizia, volevo colpire il nigeriano ma poi ho cambiato idea”.

Durante la caccia all’uomo, Traini sparò verso la sede del Pd e alcuni esercizi commerciali. Negozi che, riferì agli investigatori, o erano frequentati da immigrati o erano luoghi dove si spacciava droga. Prima di arrendersi andò nel luogo dove furono ritrovate le valigie con i resti di Pamela Mastropieto, lì pregò, lasciò una scatola di proiettili vuota e una sorta di cero votivo di Mussolini. Poi andò in piazza Vittoria e si arrese ai carabinieri sulla scalinata del monumento ai Caduti, indossando una bandiera tricolore e facendo il saluto romano.

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