Droga in Italia attraverso i confini liguri e piemontesi: 16 arresti

di Redazione

I carabinieri del comando provinciale di Genova hanno eseguito 16 arresti in diverse regioni del Nord Italia nell’ambito dell’operazione “Prêt-à-porter” sul traffico di droga proveniente da Spagna e Marocco gestito da una banda con base operativa a Torino. Sequestrate oltre due tonnellate di stupefacente, in particolare hashish. Durante le perquisizioni, i militari dell’Arma, coordinati dai pm della Direzione distrettuale antimafia, Federico Manotti e Marco Zocco, hanno trovato e sequestrato due pistole e altri 120 chili di hashish. Agli indagati è contestata l’aggravante della transnazionalità. Le misure cautelari sono state eseguite tra Genova, Torino, Milano, Biella, Imperia e Reggio Emilia.

Gli ingenti quantitativi di droga arrivano in Italia attraverso il confine di Ventimiglia o i valichi montani piemontesi di Monginevro e Frejus. I corrieri venivano reclutati e profumatamente pagati con compensi che andavano dai 1.000 ai 2.500 euro, e la droga veniva importata su tir stivati di arance che coprivano apposite intercapedini o su piccoli furgoni camuffati da veicoli per la cantieristica stradale. A capo dell’organizzazione, secondo gli inquirenti, c’era Franco Guastamacchia, 44enne torinese. Nel corso della perquisizione nella sua abitazione, i militari hanno trovato 220mila euro in contanti e due pistole, una risultata rubata nel 2008 e un’altra con la matricola abrasa. Armi che, sempre secondo i militari, l’uomo non esitava a usare per conquistare e mantenere il posto sulla piazza di spaccio che non si limitava al Nord Italia, ma si estendeva anche a Sud con ramificazioni anche in Puglia e in Sicilia.

Su Genova, uno degli acquirenti dell’organizzazione era Davide Garcea, figlio di Onofrio Garcea, recentemente condannato in appello nell’ambito dell’inchiesta “Maglio 3” sulla ‘Ndrangheta in Liguria. Proprio dai traffici di Garcea junior (che non risulta indagato in questo filone d’inchiesta) sono partiti gli investigatori per risalire ai fornitori di quantitativi di droga che si aggirano intorno alle 5 tonnellate, per un valore totale di oltre 20 milioni di euro.

Un’organizzazione radicata e preparata, che seguiva le spedizioni “mappandole” e individuando eventuali percorsi alternativi in casi di posti di blocco si avvaleva anche di un esperto di telecomunicazioni per aggirare il rischio intercettazioni. Nonostante le precauzioni, però, i carabinieri sono riusciti a registrare alcune conversazioni in cui alcuni membri dell’organizzazione parlavano del trasporto della droga, di cui solitamente parlavano come di “arance”.

“Ho buttato 330mila euro da quando sono uscito (dal carcere, ndr), era meglio se non uscivo”, dice uno degli indagati a un amico riferendosi ai sequestri – almeno 7 nel corso dell’anno e mezzo delle indagini – effettuati dai carabinieri. E ancora: “Sai cosa faccio? Mando una macchina davanti alla stazione delle dogane a Perpignan e la faccio stare fuori, perché dove passo io per la montagna a volte ci mettono tre minuti a salire”, dice un altro riferendosi all’importazione della droga attraverso i confini e spiegando che “a quello che guida do 6000 euro, alle staffette 1.500-2.000, e siamo a posto”.

Il riferimento è al sistema, ormai rodato, di trasporto della droga: dal Marocco alla Spagna e alla Francia, da lì in Italia attraverso Piemonte e Liguria, utilizzando un complesso sistema di passaggi e staffette. Gran parte delle intercettazioni riguardano arresti effettuati nel corso di altre 7 operazioni portate a termine da novembre 2016 a dicembre 2017: 10 persone erano state arrestate in flagranza e 20 denunciate, altre 26 sono state arrestate martedì mattina, anche se una risulta ancora irreperibile.

Nell’appartamento di uno degli arrestati sono stati trovati 120 chili di hashish subito sequestrati, che si aggiungono ai sequestri già effettuati nel corso delle indagini: oltre 250mila euro in contanti, 15 veicoli (tra cui il Piaggio Porter con doppio fondo usato da uno degli indagati che ha dato il nome all’operazione) e 3 società riconducibili agli indagati operanti nel settore della ristorazione, del noleggio auto e della produzione di mobili.

“Questa operazione, fortemente voluta dalla Direzione distrettuale antimafia di Genova, dimostra che la Liguria non è esente da grandi attività criminali”, ha commentato il comandante provinciale dei carabinieri, il colonnello Riccardo Sciuto, mentre il procuratore capo Cozzi ha sottolineato che “le risultanze delle indagini confermano quanto emerso nei giorni scorsi, con Genova prima provincia per i reati di spaccio. Come procura siamo stati e continueremo a essere molto attenti nel contrasto a questo reato”.

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