A Nairobi la politica dialoga per lo sviluppo, ad Aversa no. Quale sarebbe il “terzo mondo”?

di Antonio Arduino

Aversa – Vivendo da ormai quattro mesi in quello che viene definito il “terzo mondo” sono riuscito a capire che cos’è che non va nella nostra nazione e, in particolare, nella nostra città. Mentre in Italia c’è una classe ricca ed una povera, e in mezzo la borghesia, a Nairobi, considerata la “capitale dell’Africa”, non esistono mezze misure. Così come non esistono mezze stagioni e si passa dall’estate all’inverno e viceversa, in Africa, proprio a Nairobi in particolare, ci sono i ricchi che rappresentano un 10-20% della popolazione e i poveri, anzi i “poveracci”, che rappresentano la parte restante, una percentuale a cui si sta lentamente avvicinando l’Italia.

Mentre i ricchi possiedono case, ville, palazzi, automobili e mangiano ogni ben di Dio, i poveracci non hanno praticamente nulla e sono costretti a mangiare l’ugali (nella foto), una sorta di polenta bianca che non ha sapore e che viene accompagnata da verdura raccolta dal terreno antistante le case rappresentate da baracche di lamiera, prive d’acqua e di servizi igienici, più fatiscenti delle baraccopoli presenti nella città italiane. Mangiando ugali ed erba, pardon verdura, con la modica spesa di 1 euro al giorno, un capofamiglia riesce a nutrire moglie e figli, o meglio riesce a riempire loro lo stomaco.

Quanto al lavoro, se e quando lo trova, è sottopagato e quasi sempre al nero, come accade in Italia, con la differenza che a Nairobi una giornata di lavoro di un muratore viene pagata 1 euro e, per fare un confronto, un insegnante di scuola superiore prende 7 euro, al massimo 8, al giorno, lavorando comunque a nero. In questa realtà, però, in un anno si riesce a costruire un edificio di 30 piani mentre in Italia, come ad Aversa, occorrono anni anche quando le opere sono state finanziate e i progetti approvati, come avvenuto per la ristrutturazione dell’ex Liceo Artistico, partita, in teoria, nel 2013 e in fase di realizzazione nel 2018. Come è possibile questa differenza considerando le condizioni di vita del “terzo mondo”? La spiegazione ci è stata data da tanti italiani che vivono a Nairobi da decenni. Tutto merito o demerito, a seconda di come lo si guardi, della politica, sostengono. Qui opposizione e maggioranza si combattono ogni giorno a viso aperto in maniera ufficiale ma, poi, prendono accordi in forma ufficiosa e favoriscono la realizzazione di centri commerciali, grattacieli e tante altre attività imprenditoriali.

Persino le manifestazioni di piazza, raccontano gli italiani, in Africa sono organizzate dalla politica che assolda i contestatori compensando al massimo con 1 euro la loro presenza in piazza, così che le manifestazioni, spesso pubblicizzate dai media, sono praticamente organizzate dalle stesse persone che vengono ufficialmente contestate. Sicuramente non è un metodo giusto, come non è giusto pagare per essere votati al momento delle elezioni, ma le cose stanno così, stando ai testimoni che vivono in Africa che raccontano di file di elettori davanti alle ville dei candidati in attesa di vendere il voto per 40-50 centesimi di euro. Proprio come in Italia dove, di fatto, si vende il voto ma ad un prezzo ben più alto perché si chiede in cambio un posto di lavoro, un appalto, un incarico professionale ben pagato.

Insomma, sotto questo aspetto tutto il mondo è paese però, tornando all’Africa, il dato di fatto della maggioranza che lavora insieme all’opposizione, anche se non in maniera ufficiale, è comunque positivo tant’è che negli ultimi cinque anni la città di Nairobi è cambiata e si stia trasformando in una capitale di tipo europeo con strade asfaltate, grattacieli, supermercati, negozi per lo shopping di qualità. Se riuscisse ad eliminare anche la corruzione, Nairobi darebbe dei punti all’Europa. Intanto, il governo sta combattendo l’illegalità disponendo l’abbattimento di costruzioni abusive realizzate anche a Nairobi, buttando giù persino centri commerciali costruiti senza autorizzazione su suoli di proprietà comunale. Forse sarebbe il caso di prendere esempio. Invece in Italia opposizione e maggioranza si combattono continuamente per acquisire la leadership, così una parte dice no a tutto quanto propone l’altra parte. Anche ad Aversa le cose stanno così.

Oggi si attacca l’amministrazione per un problema scolastico parlando di “doppi turni” quando nessuna delle scuole interessate dal problema, creato dalla carenza di aule e mi riferisco al Secondo Circolo Didattico e all’Istituto Comprensivo Parente, sul sito istituzionale ha parlato, appunto, di doppi turni ma semplicemente di turnazione, cosa che vuol dire classi presenti a scuola a turno, un giorno alcune, un giorno altre, cosicché nessuna classe dovrà fare lezione di pomeriggio, come prevedono i doppi turni. O si parla di sicurezza nelle scuole a rischio dimenticando che il problema, se c’è, non è stato creato dall’amministrazione in carica ma è di vecchia data, come è possibile verificare sfogliando l’archivio di Pupia. Un problema conosciuto da tanti politici aversani che hanno fatto parte di amministrazioni precedenti l’attuale. Eppure, si attacca l’amministrazione in carica preferendo lo scontro al lavoro comune, fatto nell’interesse della collettività che maggioranza ed opposizione dicono di voler servire.

Possibile che in Italia, e ad Aversa, che rappresenta uno specchio della nazione, maggioranza e opposizione non possano lavorare insieme nell’interesse comune? Possibile che l’opposizione debba dire sempre no a quello che fa la maggioranza? Mi piacerebbe sapere come il centrosinistra se avesse, vinto il ballottaggio, avrebbe affrontato questi stessi problemi che, essendo preesistenti, sarebbero comunque caduti addosso alla sua amministrazione. Ma forse il vero problema di Aversa è che non ci si può inventare politici perché, come in tutte le professioni, prima di scendere in campo, di mettersi in proprio, bisogna fare apprendistato e gavetta o tirocinio, se vogliamo usare un termine moderno, e purtroppo Aversa negli ultimi 15-20 anni ha avuto come sindaci degli ottimi e qualificati professionisti “prestati alla politica” che, digiuni di politica, hanno dovuto imparare un nuovo mestiere affidandosi, spesso, al buon senso e alla buona volontà, due belle caratteristiche che non bastano per governare una città di circa sessantamila abitanti censiti. Forse se maggioranza ed opposizione lavorassero insieme per fare l’interesse dei cittadini…

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