Carinaro, omicidio di camorra del 1993: arrestati gli autori

di Redazione

Gli agenti della Squadra mobile di Caserta hanno tratto in arresto Luigi Coscione, 46 anni, destinatario di un ordine di esecuzione per la carcerazione emesso dalla Procura della Corte d’Appello di Napoli, dovendo scontare una pena residua di 17 anni, 3 mesi e 29 giorni di reclusione. Il provvedimento restrittivo rappresenta l’epilogo giudiziario di un’attività investigativa, condotta dalla Polizia di Stato di Caserta e coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli, che ha permesso di far luce sull’omicidio di Domenico Motti, 21enne di Maddaloni, avvenuto il 31 agosto del 1993.

Poche le testimonianze e gli elementi, causa l’omertà, raccolti all’epoca dagli inquirenti. Fino a che, nel 2008, arrivò la rivelazione di Domenico Bidognetti, alias “Bruttaccione”, cugino del boss Francesco Bidognetti di Casal di Principe, che fece riaprire il caso e avviare un processo. Il corpo della vittima fu rivenuto in una strada interpoderale di Carinaro, di fronte allo svincolo della statale Nola-Villa Literno, attinto con numerosi colpi di pistola (calibro 9×21 del tipo Beretta in uso alle forze dell’ordine e calibro 7,65). Successivamente, nel 2010, su impulso della Squadra mobile di Caserta, due collaboratori di giustizia, Francesco Della Corte e Francesco Cantone, rendevano dichiarazioni relativamente a tale omicidio, auto-accusandosi e poi indicando gli altri partecipi, tra cui proprio Luigi Coscione, quale autore materiale del delitto. Entrambi i collaboratori fornivano un quadro preciso del contesto criminale di appartenenza, contesto a loro comune, e confessavano una serie di delitti.

Le dichiarazioni dei pentiti erano connotate dal carattere della spontaneità. Dai verbali di interrogatorio risultavano le ragioni della collaborazione di ciascuno ed emergeva come entrambi avevano iniziato a collaborare mentre si trovavano in stato di detenzione, autoaccusandosi di gravi reati, anche di omicidi, per i quali non erano ancora indagati o imputati. Il racconto, poi, era preciso e circostanziato, ricco di particolari con riferimento alla descrizione sia degli scenari in cui si inquadrava la vicenda delittuosa, sia del movente, che dei partecipi. Entrambi riferivano di fatti vissuti direttamente, per avervi preso parte, e fornivano la ricostruzione del delitto dalla visuale del partecipe. Il movente dell’omicidio Motti, secondo gli investigatori, era da ricercarsi nella circostanza che lo stesso aveva mostrato più volte il desiderio di allontanarsi dal gruppo Bidognetti, cambiando vita o al massimo continuando a commettere reati in proprio.

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