Aversa, quando i “nativi” non amano la propria città mentre i “forestieri” sì

di Antonio Arduino

Aversa – Sembra un paradosso ma gli aversani non amano Aversa. Fatto salvo quella piccola frangia affezionata alla memoria di Domenico Cimarosa, nato ad Aversa, probabilmente per caso, come nascono tanti futuri premier e leader politici nell’ospedale ‘Moscati’, fra gli abitanti della città, fondata la Rainulfo Drengot, che si appresta a celebrare i suoi 1000 anni dalla fondazione, non c’è quella affezione alla città che sarebbe normale in chi è nato ad Aversa.

Si spiega così lo scempio che viene fatto periodicamente alla statua di Pietro Rosano, alle piazze ed agli edifici storici, come Porta Napoli, dove per mostrare ‘affetto’ alle loro ragazze tantissimi improvvisati scrittori deturpano opere architettoniche e monumenti che meriterebbero di essere ammirati da frotte di turisti. Quegli stessi monumenti che cittadini come Paolo Torregrossa, la cui famiglia è di origine siciliana, ripuliscono gratuitamente per riportarli all’antico splendore mentre tantissimi aversani, anche  doc, non rispettano le ordinanze municipali portando a spasso il cane senza munirsi dell’occorrente per ripulire marciapiedi e strade dalle feci dei loro piccoli amici, non rispettano gli orari per il deposito dei rifiuti, non fanno la differenziata, parcheggiano l’automobile in modo selvaggio, i ciclisti che non rispettano la segnaletica stradale mettendo a repentaglio la propria incolumità e quella degli altri, creando un ambiente complessivamente invivibile.

Mentre chi non è nato ad Aversa ma vive in questa città si propone spesso quale difensore dei diritti di tutti, segnalando problematiche sentite da tutti o, come nel caso di Torregrosso, impegna gratuitamente il proprio tempo e il proprio lavoro per tutelare l’immagine della città. Perché in una città bella, ordinata, pulita si vive meglio.

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